Chi è Enrico Letta?

Quel che i politici di loro non dicono

Prosegue al ritmo di slogan e frasi fatte la campagna elettorale. C’è chi si erge a inconsolato vedovo del governo Draghi, come fa ogni giorno Enrico Letta, esorcizzando il baratro ove il Paese affonderebbe nel caso vincesse il centro destra.

Letta non si preoccupa neppure di vergognarsi per aver imbarcato nelle liste elettorali, la ciurma dei rissosi compagni dell’estrema sinistra eversiva, che non persero occasione di votare contro ogni provvedimento del governo ed affossare perfino la costruzione dell’inceneritore che avrebbe liberato i romani dalla sporcizia e da rischi infettivi.

Lui guarda oltre. Sta inseguendo con affanno e rilanciando le boutade e promesse a vanvera di Conte sui riconoscimento di ulteriori sussidi al Sud e la riconferma del reddito di cittadinanza. Non accorgendosi che è patetico e neppure al Sud potrebbero più crederlo.

Per non sorvolare sulle stomachevoli espressioni condivise con Emiliano” la destra dovrà "sputare sangue" prima di avere successo in Puglia”.

Ma chi è questo Professorino che pare uscito da una facoltà Teologica?

Enrico Letta è segretario nazionale del partito postcomunista più grande del mondo ed è allo stesso tempo rappresentante in Italia del più robusto e subdolo capitalismo finanziario dell’Occidente.

È membro primario della Trilateral Commission, punta di diamante del globalismo speculativo e della postdemocrazia di banche e multinazionali. In tale veste fu ricevuto dal presidente della repubblica nel 2016 insieme agli altri membri della associazione di cui Mattarella ebbe a tessere lodi. Episodio oscuro, non divulgato da Letta che solo in seguito ha svelato i suoi contorni.

Letta appare come un politico zoppicante e poco intuitivo, non di certo un “animale politico”. E’ una contraddizione vivente!

In questa campagna elettorale sta incappando in un infortunio dietro l’altro. C’è chi sostiene che in realtà lo stia facendo di proposito, dando un senso alla sua posizione che diversamente apparirebbe inconcepibile. Starebbe completando la mission di disintegrazione di un partito di peso, secondo i dettami della postdemocrazia e del capitalismo finanziario e in accordo con i suoi sodali ovunque annidati.

L’ultimo scivolone in ordine cronologico è l’attacco alla legge elettorale che a dire di Letta darebbe risultati perversi e pericolosi per la tenuta democratica del paese.

E’ saggio ricordare che la legge elettorale (cd Rosatellum), fu voluta dal PD. Tanto fu voluta che fu operata una forzatura inconsueta, cioè l’imposizione del provvedimento con ripetuti voti di fiducia.

Il fondamento etico della dialettica democratica è che le regole le fanno le assemblee e non i governi e che la loro approvazione è svincolata da ogni logica di maggioranza e opposizione e dalla forma di atto di governo. Il voto di fiducia rinnegava tutto questo e denunciava un’ansia prevaricatrice non foriera di buoni auspici.

Per superare lo svarione, il segretario ha fatto un nuovo scivolone e ha incolpato Renzi del malfatto. Ha spiegato che Renzi con questo espediente voleva ottenere il 70% dei seggi col 40% dei voti. La giustificazione era banale e non liberatoria per un dirigente Pd di peso, rimasto a suo tempo silente di fronte al tentativo del suo leader di gabbare l’universo mondo e tradire i principi di libertà e di democrazia. Letta in questo modo ha soltanto confessato che il Pd aveva architettato tutto per falsare, a suo pro i risultati elettorali.

Quell’episodio di vita istituzionale fu contro ogni possibile decenza. Il Pd fu purtroppo validamente sostenuto da Forza Italia, dalla Lega che era all’inizio delle ambizioni di Matteo Premier e Denis Verdini, gran commis del pasticcio.

Questa legge è fortemente antidemocratica. Non tiene conto che il panorama partitico è completamente mutato e non esiste più il bipartitismo.

Zingaretti e Letta hanno avuto 5 anni per rimediare al malfatto. Nessuno si è mosso, nella convinzione che vada come vada, non accadrà nulla.

Nessuno si meraviglia neppure delle sciocchezze che predica Letta per racimolare il “voto utile”. La gravità di quest’affermazione dimostra la considerazione di Letta e del PD, nei confronti della Democrazia e della scelta elettorale dei cittadini. In ogni caso, lo stesso professorino, si contraddice e ben lo sa.

Non ci saranno voti “utili” poiché, com’ è noto, il piano di ripresa e resilienza…è di fatto il programma blindato da Bruxelles della prossima legislatura in Italia.

Nella realtà il “voto utile” è finalizzato a un altro mezzo imbroglio. Lo scopo reale delle elezioni per il PD, è raggiungere un risultato di partito tale da consentire la miglior spartizione di cariche e poltrone. Poichè qualsiasi cosa abbia a succedere tutti, Pd compreso, saranno della partita spartitoria.

Il grande can can del Pd e dintorni circa il presunto fascismo della leader e del partito di probabile maggioranza relativa, è un argomento vetusto, con aggressioni che si ritorcono contro i lanciatori di sciocchezze abissali.  L’antifascismo di giornata è tutto fieno in cascina per Giorgia Meloni e il suo partito.

Queste le lungimiranti strategie del PD, ben accorto a non dover affrontare tra un mese, tematiche difficili con inevitabili risvolti antipopolari.

Al suo entourage interessano i posti e poi, più Fratoianni e Landini spareranno per la disintegrazione del tessuto sociale, causando disordini, per lui meglio andrà. Anzì c’è chi, a ragione sussurra che se il centrodestra non centrasse il colpo, Enricuccio sarebbe pronto a seguire precedenti filoni, cioè imbarcare al governo Conte, Fratoianni e tutti gli sfascia sistemi che si sono presentano alla sua sinistra, ma sotto sotto, in unità d’intenti.

I suoi progenitori politici recitavano “Tanto peggio, tanto meglio”, motto oltretutto disconosciuto da Palmiro Togliatti, ma Letta avanza imperterrito, senza capire che rischia di bruciarsi definitivamente.

Al Nazareno, per il dopo voto, i coltelli sono già affilati…..

Tu quoque!

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Articolo pubblicato il 14/09/2022