Elisabetta riposi in pace!

Considerazioni su funerali e monarchie

Finalmente la povera Elisabetta II ha trovato pace. Dopo una vita serena e una morte, si dice, altrettanto serena, la Regina ha dovuto subire uno straziante percorso funebre regolato da una ritualità arcaica e oggi senza alcun senso,  se si eccettua una spettacolarità che giunge da altre epoche e appare concepita più che altro come un instrumentum regni risalente a secoli fa.

Trascinata in giro per un regno che ormai non poteva più vedere, la salma è stata offerta in ostensione ai sudditi adoranti e poi inserita in una cerimonia funebre durata ore e ore alla presenza di dignitari, mandarini di corte, soldati impennacchiati e decine di capi di stato in alta uniforme.

Uno spettacolo sicuramente esaltante, nella sua scenografia hollywoodiana, per una nazione abituata ai fasti imperiali dei secoli passati, ma abbastanza irritante per quegli altri popoli che di quei fasti hanno subito la durezza coloniale e, in fondo, abbastanza indifferente per un mondo che ha ben altri pensieri per la testa.

E tutto questo nonostante che la nostra televisione -soprattutto quella pubblica, con la Rete 1, la quale ha dedicato all’evento una lunghissima e stucchevole attenzione a beneficio delle tante casalinghe incantate dalla coreografia fiabesca- abbia profuso tutte le sue energie per fare di quella cerimonia un evento meraviglioso, irripetibile, imperdibile, mondiale. Abbiamo sinceramente apprezzato il dispiegamento di giornalisti, commentatori, opinionisti, gente di passaggio, che hanno fatto del loro meglio per riempire il tempo interminabile dell’evento, e soprattutto i buchi della diretta, con i loro vaniloqui e i loro approfondimenti sui dettagli più insignificanti.

Sono riusciti, con il tono magico della loro chiacchiera, a far scomparire dall’orizzonte degli eventi la Russia e l’Ucraina, il gas e l’inflazione, le bombe d’acqua e quelle atomiche, le elezioni ed Enrico Letta, il riscaldamento globale e lo scostamento di bilancio. Improvvisamente il mondo è diventato uno sventolìo di bandiere britanniche e un luccichìo di baionette, oltre che lo splendore dei diamanti di una corona e di un globo imperiale. Una favola d’altri tempi che -nel ritmo di un rituale barocco e interminabile- ha fatto dimenticare che in fondo si trattava di una cerimonia funebre, trasformandola in una fantasmagorica e colossale rappresentazione cinematografica molto ben costruita.

Potenza dei media e della società dello spettacolo, dove tutto diventa immagine per la gioia dell’ homo videns e dove anche il lutto perde la sua caratteristica depressiva, forse anche per quella famiglia reale, fatta di principi, principesse e principini imbustati in divise sgargianti, abiti di alta sartoria e tailleurs impeccabili.

Nessuno nega la dignità con cui la Regina ha svolto il suo compito nei settant’anni di regno, così come nessuno pone in dubbio la simpatia e l’umanità di quella figura d’altri tempi, madre -e poi nonna-  affettuosa e amata da un’intera nazione; così come nessuno pone in dubbio la sincerità e la partecipazione delle migliaia di persone che hanno offerto molte ore della loro giornata per un tributo amorevole alla loro sovrana. Gente semplice che regalava la sua semplicità ad una persona, ma soprattutto ad una istituzione che, nel suo cuore, indubbiamente significava molto.

Ma, al di là di questo doveroso riconoscimento, vanno anche sottolineati alcuni aspetti che la commozione indotta dalla scenografia e il britannico orgoglio per la  loro monarchia hanno forse posto in secondo piano.

Abbiamo già detto dell’eccesso di spettacolarizzazione e del goffo tentativo dei  nostri mezzi di comunicazione di far passare una cerimonia nazionale come un rivolgimento cosmico (“tutto il mondo guarda a questo evento”, “quattro miliardi di spettatori”), ma forse sarebbe bene ridimensionare anche il ruolo di questa regina e il significato della corona britannica e ancora, soprattutto, quello di una famiglia di orgogliosi nullafacenti che da tempo immemorabile vive in modo opulento, in buona parte a spese dei contribuenti inglesi.

La monarchia inglese gode sicuramente in patria di ampio consenso, anche se non è semplice comprendere il perché, ma altrettanto sicuramente vi è una parte della popolazione che della monarchia vorrebbe semplicemente disfarsene, anche se non possiamo azzardare percentuali.

Le esequie reali, col loro sfarzo ostentato e il grande dispendio di risorse, hanno sicuramente consolidato l’opinione degli anti-monarchici e, probabilmente, hanno conquistato qualche nuovo adepto alla loro causa. Ma forse hanno anche fatto sorgere qualche discreta domanda in merito all’istituzione monarchica stessa.

Che la regina Elisabetta sia stata un simbolo potente della nazione e della sua anima è fuor di dubbio, come già detto. Ma che sia stata anche una statista di qualche rilievo è altamente opinabile: non si ricordano significative prese di posizione politiche, economiche, sociali, culturali. Elisabetta, oltre ad occuparsi con perizia e competenza di cavalli e cani, di tagli di nastri e cene di gala, di strette di mano e carezze ai bambini, e soprattutto delle beghe famigliari dei suoi scapestrati eredi, si è sempre e solo limitata a nominare primi ministri eletti da altri o designati da altri. E vero che il sistema costituzionale inglese prevede un sovrano regnante e non governante, come in tutte le monarchie moderne, ma questo non significa necessariamente che quel sovrano debba essere un orpello lussuoso ma insignificante posato al vertice della costruzione statale, come di fatto è stata Elisabetta, di cui non si ricordano in settant’anni di regno pensieri parole od opere particolarmente significativi sotto l’aspetto costituzionale o politico, salvo -se proprio vogliamo- una serena e sorridente acquiescenza alla dissoluzione dell’impero britannico.

E il suo successore? L’etereo Carlo III, amante della natura, delle coltivazioni biologiche, della fuffa ecologico-ambientalista e, si dice, attivista più o meno occulto del Nuovo Ordine Mondiale, sarà un sovrano light come sua madre o un re interventista sui temi più politicamente corretti? Per ora non si può dire, ma l’ipotesi che voglia impegnarsi su quelle cose che piacciono alla gente che piace non è così campata in aria e, se interventi ci saranno sulla politica inglese, saranno interventi decisamente poco raccomandabili.

Aspettiamo e vediamo. L’importante è che decida di vivere a lungo, almeno quanto sua madre, cosa che gli auguriamo veramente di cuore, quanto meno per risparmiarci in tempi brevi lo spettacolo insopportabile di nuove esequie reali, con ore e ore di circo mediatico e l’interminabile chiacchiera da parrucchiera di Rete 1 e similari.

A proposito: che cosa farà ora Antonio Caprarica?

 

 

 

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Articolo pubblicato il 22/09/2022