Sherlock Holmes al cinema e in televisione: gli interpreti

Curiosità e postille su Roger Moore

Devo ammettere che questo articolo nasce da una forte simpatia che ho sempre avuto nei confronti di Roger Moore pur senza aver mai seguito i suoi film con particolare attenzione: una simpatia per motivazioni nemmeno ben chiare per me. Non ricordavo nemmeno il film Sherlock Holmes a New York al momento della sua uscita nel 1976, l’ho scoperto in seguito, consultando l’insostituibile The Arthur Conan Doyle Encyclopedia e mi ha incuriosito l’idea di vedere James Bond con deerstalker, inverness, lente e pipa ricurva.

Sherlock Holmes a New York è un film statunitense per la TV del 1976, con Roger Moore (Sherlock Holmes) e Patrick Macnee (Il dottor Watson).

Si tratta di una storia apocrifa: nel 1910, Sherlock Holmes e il dottor Watson si recano a New York sulle tracce del Napoleone del crimine, il professor Moriarty, ancora in piena attività anche se, almeno per noi holmesiani di stretta osservanza, è morto il 4 maggio 1891 nelle cascate di Reichenbach!

A New York, Holmes e Watson ritrovano la loro vecchia conoscenza Irene Adler (interpretata da Charlotte Rampling), divenuta una popolare cantante di music-hall, alla quale Moriarty ha rapito il figlio Scott Adler. Il diabolico professore con un biglietto avverte Holmes che presto il Dipartimento di Polizia newyorkese chiederà il suo aiuto per indagare su un crimine, ma lui dovrà rifiutare senza fornire spiegazioni, altrimenti il ragazzo sarà ucciso.

In effetti, la Polizia chiede aiuto a Holmes per risolvere il recente furto alla Borsa Internazionale dell’Oro presso il caveau della Banca di New York, dove si è volatilizzato l’intero deposito di lingotti d’oro, in apparenza nel volgere di una sola notte.

Per proteggere Scott Adler, Holmes rifiuta il caso. Poi, con astuzia e grazie a travestimenti, riesce a ingannare i complici di Moriarty e libera il ragazzo.

Si mette quindi a indagare sul furto al caveau: ritiene impossibile che tante tonnellate d’oro siano state effettivamente portate vie attraverso uno stretto tunnel nel breve tempo a disposizione. In realtà, analizzando la velocità di discesa dell’ascensore, Holmes dimostra che Moriarty ha costruito un identico caveau vuoto, sovrapposto di pochi metri a quello reale. All’ascensore viene impedito con sbarre di ferro di scendere fino al vero caveau. Così, mentre la Polizia indagava sull’inspiegabile furto dei lingotti, Moriarty progettava si svuotare con calma il vero deposito sottostante.

Holmes ha quindi nuovamente sconfitto il Napoleone del crimine, ma, dopo uno scontro nella metropolitana, questo riesce ancora una volta a sfuggirgli.

Il caso è risolto.

Gli sceneggiatori hanno calpestato con scarponi chiodati la cronologia del Canone: dopo il Moriarty redivivo nel 1910, vi è la questione dell’età di Irene Adler. La "Donna" è nata nel 1858 (ce lo dice chiaramente Conan Doyle), nel 1910 ha 52 anni, non i 30 di Charlotte Rampling, nata nel 1946.

Così è difficile accettare la scena finale strappalacrime dove Irene spiega a Holmes che suo figlio ha un intelletto acuto e una certa abilità nel risolvere enigmi: così lui potrebbe esserne il padre. Al momento della separazione, Irene consegna a Holmes una foto di Scott che lui ripone nella cassa dell’orologio da taschino. Scena sicuramente d’effetto, ma che non trova appoggi nel Canone, dove non si parla di relazioni intime tra Holmes e Irene Adler nel marzo del 1888.

A questo proposito ricordiamo per inciso per che il saggista William S. Baring-Gould ha proposto la teoria che Nero Wolfe (1), l’investigatore creato dallo scrittore statunitense Rex Stout, sia figlio di Sherlock Holmes e Irene Adler, nella sua pubblicazione Nero Wolfe della trentacinquesima Strada (1989).

Ma la contrapposizione della trama al Canone non deve farci perdere di vista il film che è una scontata pellicola hollywoodiana, con una scansione più che prevedibile dei personaggi e dei vari momenti.   

E' da notare che Roger Moore inizialmente non era interessato all’interpretazione di Sherlock Holmes, ma dopo aver letto la sceneggiatura, ha deciso di accettare perché la considerava «divertente e originale»: lo attraeva il ruolo, tanto diverso rispetto agli altri progetti che lo avevano coinvolto. Soprattutto apprezzava il fatto che nell’interpretazione di Holmes vi erano più dialoghi di quelli presenti nei 120 episodi della serie televisiva britannica Il Santo (The Saint) e nei due film di Bond da lui interpretati.

 Con tutto questo, Roger Moore non pare del tutto a suo agio nel ruolo di Holmes e qualche critico lo ha definito una versione ottocentesca di Lord Brett Sinclair, il personaggio impersonato da Moore nella serie televisiva britannica Attenti a quei due (1970-71).

Patrick Macnee interpreta il dottor Watson, ruolo che ricoprirà in seguito anche a fianco di Christopher Lee, secondo il classico schema che lo vuole uno sprovveduto di buona volontà.

Moriarty è impersonato da John Huston, uno dei maestri del cinema hollywoodiano degli anni d’oro, nella parte molto prevedibile del villain, brutto e quasi ripugnante. A questo proposito notiamo come nel film non mancano l’inseguimento – in verità un po’ patetico – di un furgone della Polizia dietro una carrozza e lo scontro finale a mani nude fra il protagonista e il cattivo.

Quanto al giovane Scott Adler, interpretato da Geoffrey Moore, nella realtà figlio di Roger, mi ha ricordato Pugsley Addams più che un figlio di Sherlock Holmes.

Va infine detto che nella trama del film si può trovare uno spunto riconducibile al racconto La lega dei capelli rossi con il furto dei lingotti d’oro nei sotterranei di una banca e con questo racconto condivide il problema, che rimane irrisolto, dello smaltimento della terra di risulta degli scavi.

Con tutta la mia simpatia per Roger Moore, Sherlock Holmes a New York costituisce, a mio avviso, un apocrifo non troppo riuscito perché condizionato da logiche hollywoodiane.

 

(1) In Italia, Nero Wolfe è stato interpretato da Tino Buazzelli (1969-1971) e da Francesco Pannofino (2012).

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Articolo pubblicato il 08/10/2022