Un tentativo per definire il fascismo

La prima storia completa del fascismo come fenomeno europeo ed extraeuropeo

Generalmente nella mia vita ho quasi sempre preferito vivere controcorrente, e penso di continuare ancora fino a quando il Signore vorrà. In questi giorni ho letto e studiato (si perchè non mi limito solo a leggere un libro) un testo veramente interessante sul Fascismo. Credo che a campagna elettorale conclusa si possa ragionare con serenità e con equilibrio su un tema che forse continua a suscitare interesse, come si può notare dagli anatemi che hanno lanciato certi nostri intellettuali (?) di regime.

Il testo è di un professore americano, Stanley G. Payne, “Il Fascismo. Origini, storia e declino delle dittature che si sono imposte tra le due guerre”, Newton Compton editori (2006). Si tratta di un “Tour de force. Questa è una specie di enciclopedia del fascismo, che prende in esame una varietà di movimenti e regimi anche poco conosciuti. Caratterizzata da intuito, conoscenza e notevole oggettività, l’opera di Payne è un’analisi estremamente utile dei fascismi”.

Un testo di 608 pagine diviso in due parti, con quindici capitoli complessivi.

Il libro di Payne è la prima storia completa del fascismo come fenomeno europeo ed extraeuropeo, nel periodo tra le due guerre mondiali. Passa in rassegna tutti i maggiori movimenti fascisti così come le altre forme di nazionalismo autoritario: dunque non solo il fascismo italiano, ma anche il nazismo tedesco, il socialismo reale nei paesi dell’Est fino al franchismo spagnolo e al salazarismo portoghese, senza trascurare l’analogo movimento giapponese.

Il libro è scritto da uno storico che ha studiato la Spagna moderna e pertanto questo volume costituisce uno strumento fondamentale per quanti desiderano conoscere il contesto storico in cui il fascismo si è sviluppato, nonché le ragioni della sua apparente rinascita. Payne interpreta il fascismo come una forma di ultranazionalismo rivoluzionario, una sorta di programma di rinascita nazionale basato su una filosofia vitalista, su un elitarismo estremo, sulla mobilitazione delle masse, la promozione della violenza e delle virtù militari.

Le origini del fenomeno vengono rintracciate attraverso la storia delle idee, dei principali movimenti della prima guerra mondiale. L’autore fa un parallelismo con altre forme di nazionalismo assolutista e fornisce elementi ulteriori alla definizione più ampia dell’autoritarismo.

Nella prefazione l’autore ringrazia i suoi principali mentori negli studi del fascismo, in primo luogo Juan L. Linz e George L. Mosse, e poi per quanto riguarda il fascismo italiano, Renzo De Felice, Emilio Gentile e tanti altri studiosi. Già nell’introduzione Payne sentenzia che il fascismo tra i termini politici di maggiore importanza, rimane probabilmente il più vago. Forse questo deriva perché nella parola non contiene riferimenti espliciti, seppure astratti, a democrazia, liberalismo, socialismo e comunismo.

Il fascio è un’unione, una lega (in latino fasces) ma il termine non ci dice molto. Inoltre il termine, Fascista, è stato uno “dei peggiorativi politici utilizzati più di frequente, normalmente con l’intento di suggerire l’idea di ‘violento’, ‘brutale’, ‘repressivo’ o ‘dittatoriale’”. Allora si chiede Payne se fascismo significa questo, “i regimi comunisti, ad esempio, dovrebbero essere con ogni probabilità classificati tra i più fascisti, privando in tal modo la parola di ogni utile specificità”.

Tuttavia, scrive Payne, “qualunque definizione delle caratteristiche comuni dei movimenti fascisti va adoperata con grande cautela, perchè le differenze tra i movimenti fascisti erano tanto rilevanti quanto notevoli erano gli aspetti nuovi che avevano in comune”. Tra quelli che hanno cercato di definire meglio di altri il Fascismo possiamo ricordare Ernst Nolte e Roger Griffin, ma anche Emilio Gentile. Una descrizione tipologica del fascismo, segue i seguenti punti: adesione ad una filosofia idealista, vitalista e volontaristica, che intende realizzare una nuova cultura moderna, creare uno Stato nazionalista autoritario che rifiuta i modelli tradizionali.

I tre “anti” che distinguono il fascismo sono Antiliberalismo e anticomunsmo, anticonservatorismo. La sua organizzazione è la mobilitazione delle masse con militarizzazione dello stile e dei rapporti politici. Viene organizzata una milizia e un partito di massa. Enfasi sulla struttura estetizzante dei raduni, dei simboli e della liturgia politica. Esaltazione della giovinezza su tutte le altre fasi della vita. Stile del comando autoritario e carismatico. Estremo rilievo al concetto di virilità e al predominio maschile. Tuttavia le idee fasciste furono un sottoprodotto della cultura illuminista e soprattutto figlie della Rivoluzione Francese. I movimenti fascisti sono sembrati equivalenti a certi gruppi religiosi, che esprimono un senso di missione messianica, tipica di movimenti utopici rivoluzionari.

Fondamentale per il fascismo fu lo sforzo per creare una “religione civile” del movimento e della propria struttura statale. Anche se c’erano “fascisti cristiani”, il fascismo presupponeva uno schema di riferimento post-cristiano, post-religioso, secolare e immanente. Importante segnalare che il fascismo non fu mai un totalitarismo come il comunismo sovietico. Infatti, “I movimenti fascisti non hanno mai progettato una dottrina dello Stato che avesse una centralizzazione e una burocratizzazione sufficiente a realizzare un totalitarismo completo”. Certamente il fascismo rappresenta “la forma più estremista del moderno nazionalismo europeo, l’ideologia fascista non era necessariamente razzista nel senso nazista di razzismo mistico nord europeo, né era necessariamente antisemita”.

I movimenti fascisti non raggiunsero una vera mobilitazione di massa, ci fu un tentativo di militarizzare la politica, attraverso i gruppi della milizia, formazioni paramilitari. I raduni fascisti hanno colpito gli osservatori, ma Payne ricorda che “tutti i movimenti di massa fanno uso di simboli e di vari effetti emotivi[...]”, e diventa difficile distinguere quelli fascisti dagli altri. Forse si distinguevano nelle marce, il cerimoniale, i riti liturgici.

Tuttavia secondo Payne questa ritualità del fascismo, giustamente viene definita “politica spettacolo ma, al di là del mero spettacolo, essa tendeva a creare una estetica normativa, un culto della bellezza artistica e politica che poggiava sull’ampia diffusione di forme e di concetti estetici in molta parte della società del XIX secolo per creare una ‘politica del bello’[...]”.

I temi ricorrenti erano quasi sempre di rappresentare corpi maschili e femminili, in pose dove si sottolinea il dinamismo e la muscolatura. UN’altra caratteristica fondamentale era l’estrema insistenza sul comportamento virile, definito sciovinismo maschilista. Del resto tutte le forze politiche dell’era fascista erano guidate e formate da uomini. Griffin ha definito questa realtà fascista una “misoginia radicale o fuga dal femminino, che si manifesta in una paura patologica di venire inghiottiti da qualunque cosa nella realtà esterna associata alla morbidezza, alla dissoluzione o all’incontrollabile”.

Un altro particolare che definisce il fascismo fu l’esaltazione dei giovani, “il culto fascista dell’audacia, dell’azione, e il desiderio di un nuovo ideale era intrinsecamente in sintonia con i giovani, che potevano rispondere in una maniera impossibile per un pubblico più vecchio, più debole, con più esperienza e prudenza, o più materialista”. Gli studiosi sottolineano come il fascismo riesca a combinare insieme populismo ed elitarismo. Tuttavia, l’analisi del fascismo è resa più complessa e più confusa dalla tendenza comune ad identificare i movimenti fascisti con forme più conservatrici e di destra del nazionalismo autoritario del periodo tra le due guerre e oltre.

Infatti il libro di Payne sostiene che i movimenti fascisti non sono per niente sinonimi dei gruppi nazionalisti autoritari. "Questi ultimi erano multiformi, e molto differenziati, e nella tipologia andavano ben oltre o erano indietro rispetto al fascismo, divergendo per alcuni aspetti fondamentali”. E lo vedremo poi entrando ad analizzare nel particolare i vari regimi autoritari.

In una tabella vengono elencati dall’autore del libro i tre volti del nazionalismo autoritario, distinguendolo dai fascisti del NSDP tedesco, PNF italiano, Ustascia croato, Croci frecciate nazional-socialisti ungheresi, la Falange spagnola, La Guardia di Ferro rumena, i Nazionalsindacalisti portoghesi e via di seguito. Tutti questi movimenti più o meno appartenenti al fascismo europeo, vengono messi a confronto con la Destra radicale e la Destra conservatrice. Tanto per fare qualche nome il partito di Pilsudski polacco, l’BBWR e L’UN di Salazar portoghese occupano la casella di Destra conservatrice.

Anche se questi gruppi della destra autoritaria combattevano molte delle stesse cose avversate dai fascisti (in particolare il liberalismo e il marxismo) dei quali condividono alcuni obiettivi. Poi scrive Payne vi erano tra questi gruppi le alleanze tattiche, tra fascisti e gli autoritari di Destra, qualche volta anche fusioni. “E’ per questo motivo che i contemporanei erano portati a considerare alla stessa stregua tali fenomeni, una propensione rafforzata dagli storici e commentatori successivi che tendono a identificare i gruppi fascisti con la categoria della destra o dell’estrema destra”.

Non si possono ignorare le differenze basilare esistenti tra i due movimenti. E’ come se identifichiamo lo stalinismo con la democrazia rooseveltiana, perchè entrambi si opposero a Hitler. “Il fascismo, la destra radicale e la destra conservatrice autoritaria differivano tra loro sotto diversi aspetti”. Infatti chiarisce Payne che “per quanto riguarda la filosofia, la destra conservatrice autoritaria, e in molti casi anche la destra radicale, si basavano più sulla religione che su una qualche nuova mistica culturale come il vitalismo, l’irrazionalismo o il neoidealismo laico”.

Pertanto l'uomo nuovo’ della destra autoritaria conservatrice non era quello dei fascisti, che magari si ispiravano a Sorel o a Nietzsche, ma la destra  si ispirava ai valori della religione tradizionale o alle interpretazioni conservatrici. Il professore Payne ribadisce che “in genere, anche se non sempre, la destra autoritaria conservatrice fece una ben chiara distinzione tra sé e il fascismo, mentre la destra radicale scelse talvolta deliberatamente di attenuare tali differenze”.

Questa è solo la parte introduttiva del libro. A pagina 30 inizia la Prima Parte (La Storia) con il 1° capitolo (La trasformazione culturale di fine secolo) Gli anni che vanno dal 1914 al 1945 per il professore americano, hanno costituito “il più violento periodo di conflitti internazionali e di lotte interne politiche e sociali della storia moderna” e io credo non solo per le due guerre mondiali. Dopo il nazionalismo, l’imperialismo, il socialismo, il comunismo e l’anarchia, soltanto una nuova forza importante ha avuto il carattere di novità, questa forza è stata il fascismo.

Dopo aver citato le influenze esercitate dai filosofi e uomini di cultura del tempo, il testo cerca di individuare le origini delle idee razziali moderne, che sono retaggio dell’Illuminismo del XVIII secolo. Il padre della moderna discriminazione razziale fu il conte Arthur de Gobineau con il suo testo fondamentale, Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane. Poi il libro di Payne si sofferma su altre figure che hanno creato teorie più o meno importanti sul razzismo, per arrivare ai vergognosi Protocolli degli anziani di Sion. Intanto viene fuori il fenomeno dell’ambientalismo moderno, nato sotto l’impulso dai movimenti di massa, in primo luogo dai fascisti.

Il 2° capitolo (Nazionalismo radicale e autoritario nell’Europa di fine Ottocento). Pur essendo l’epoca dell’Ottocento, quella di maggiore affermazione della libertà personale, due nuove forme di collettivismo politico: il nazionalismo e il socialismo contestano il liberalismo individualista.

Per ora mi fermo al prossimo intervento.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 09/10/2022