Elezioni: Il 13 ottobre si riuniscono la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica

Dall’insediamento delle Camere alle consultazioni col Capo dello Stato, sono tante le tappe da percorrere prima della formazione del governo.

Oggi si apre la settimana decisiva per l’inizio della legislatura.

Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, sono infatti convocati il 13 ottobre per l’elezione dei rispettivi presidenti, dopo la costituzione dei gruppi parlamentari. Non è detto però che ci si riesca in un giorno solo, perché i regolamenti parlamentari sono esigenti in fatto di quorum. Il regolamento della Camera richiede la maggioranza di due terzi dell’assemblea alla prima votazione e la maggioranza di due terzi dei votanti nella seconda e terza votazione. Dalla quarta è richiesta la maggioranza assoluta dei voti.

Se non ci si arriva, si prosegue a votare. Al Senato è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti l’assemblea nelle prime due votazioni e quella dei votanti nella terza. Se nessuno la raggiunge si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati nell’ultimo scrutinio. Insomma, considerando anche che il voto è segreto e vi potrebbero essere dei franchi tiratori, ci si dovrebbe impiegare un paio di giorni.

I presidenti eletti convocano poi una seduta successiva per l’elezione dell’ufficio di presidenza. Poiché in tale organo sono rappresentati tutti i gruppi parlamentari bisognerà attendere la loro costituzione. Deputati e senatori devono infatti necessariamente appartenere ad un gruppo e hanno un termine di pochi giorni dalla prima seduta per dichiarare la loro scelta. Successivamente i presidenti d’assemblea li convocano perché eleggano i loro organi dirigenti. Si dovrebbe così arrivare alla settimana successiva.

Tutti questi passaggi sono necessari perché si possa aprire il procedimento di formazione del governo con le consultazioni da parte del Capo dello Stato il quale riceve i presidenti d’assemblea (che sono i primi soggetti ad essere consultati) e i rappresentanti dei gruppi (spesso insieme ai segretari di partito) per poter trarre le necessarie indicazioni sull’esistenza di una maggioranza pronta a sostenere il nuovo esecutivo.

Il passaggio successivo è il conferimento dell’incarico a costituire il governo. I tempi dipendono dall’esistenza di una maggioranza. Nel nostro caso, il centrodestra dispone della maggioranza assoluta in entrambe le Camere e (a parte le dispute sugli incarichi ministeriali) non mostra crepe.

Di regola, l’incaricato accetta con riserva e svolge proprie consultazioni per verificare a sua volta l’esistenza della maggioranza e calibrare programma e composizione dell’esecutivo. Anche per questo passaggio può rintracciarsi un precedente difforme.

Nel 2008, dopo una schiacciante affermazione elettorale, Berlusconi accettò l’incarico senza riserve, presentando la lista dei ministri. L’episodio non costituì una compressione della partecipazione del Capo dello Stato alla formazione del governo perché, come spiegò lo stesso Presidente Napolitano, la chiarezza del risultato elettorale aveva consentito nei giorni precedenti qualche scambio di opinioni preliminari e informali tra lo stesso Presidente e il leader della maggioranza sulle procedure e sui criteri per la formazione del governo.

A parte questo ormai lontano avvenimento, il presidente del Consiglio incaricato se nelle sue consultazioni ha accertato che vi sono le condizioni per formare il governo, torna al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri.

Non si tratta di un passaggio automatico, poiché il Presidente della Repubblica può avanzare rilievi su qualche nome e chiedere sostituzioni o cambi di dicastero.

Alcuni Presidenti (Pertini, Cossiga, Scalfaro) hanno anche inviato delle lettere ai presidenti del Consiglio incaricati indicando criteri di carattere generale per la formazione dell’esecutivo. Il più netto nel riaffermare le prerogative presidenziali e il diritto/dovere di valutare la lista dei ministri fu Cossiga che nel 1991, al momento della formazione del VII governo Andreotti, inviò a questi una lettera nella quale si affermava che la nomina dei ministri era un atto al quale partecipavano paritariamente.

Una volta formata la lista dei ministri si potrà procedere al giuramento e il governo sarà costituito.  Potrà così presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia.

In definitiva, i passaggi procedurali per giungere alla formazione dell’esecutivo, anche se potranno essere accelerati, richiederanno ancora giorni. Nel frattempo potrà proseguire il “totoministri”.

Pratica che sta diventando stucchevole, considerando la gravità della situazione ed il rischio di dilatare i tempi. Giorgia Meloni è ben consapevole che non potrà fallire la prima e decisiva mossa in materia di caro bollette e impostazione di una politica energetica concreta e non velleitaria.

Intende quindi partire con ministri all’altezza della situazione, in modo particolare su materie delicatissime, come la politica estera, da molti anni trascurata. Sì è parlato della scelta di tecnici di area di elevato livello e Berlusconi e Salvini hanno masticato amaro. Se invece di riempire le liste di mediocrità, avessero coinvolto i il migliori e disponibili riferimenti in Politica estera ed economia, non ci troveremo in quest’impasse.  Comunque ad ogni inizio di legislatura i motivi di screzio e la lotta per le designazioni, non sono mancati. Nella legislatura che si chiuderà il 12 ottobre anzitempo, il livello dei parlamentari era così modesto che non si è raggiunta l’intesa per l’individuazione di una candidatura unificante e di livello, per l’elezione del Capo dello Stato.

Forse nelle prossime settimane, se prevarrà il buon senso e la ragion di Stato, le pretese assurde degli alleati andranno a morire e Giorgia Meloni potrà presentare al Presidente Mattarella la lista dei ministri idonea per segnare un non ritorno. Staremo a vedere!

 

 

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Articolo pubblicato il 10/10/2022