Lo Stadio Filadelfia di Torino

L'inaugurazione dell'impianto avviene il 17 ottobre 1926

Lo stadio Filadelfia, in origine Campo Torino, viene costruito nel Borgo Filadelfia; prendeva il nome dalla via che lo affiancava e ha dato il nome al quartiere su cui era edificato. Chiamato anche “Fila” dai tifosi, o Fossa dei Leoni, è stato campo di gioco casalingo del Torino dal 1926 al 1943, dal 1945 al 1958 e dal 1959 al 1963, legando la sua fama principalmente all'epopea del Grande Torino nel corso degli Anni Quaranta. 

Lo stadio è stato voluto dal conte Enrico Marone Cinzano (1), a quei tempi presidente granata, un uomo che ha segnato una singolare parabola umana e industriale. Egli crea la Società Civile Campo Torino (SCCT), con quote versate a fondo perduto, con il solo obiettivo di acquistare l'area e costruirvi uno stadio con annesso campo di allenamento. Il 24 marzo 1926 si presenta la richiesta di concessione edilizia presso il Comune di Torino e, dopo l'accettazione, il progetto è affidato all'ingegnere Miro Gamba (2), docente del Politecnico di Torino; i lavori di costruzione sono seguiti dal commendator Riccardo Filippa. Il terreno su cui sorgerà lo stadio era, in quel periodo, in periferia e viene scelto per il basso costo dell'area. I lavori durano cinque mesi e costano poco meno di due milioni e mezzo di lire.

L'inaugurazione dell'impianto avviene il 17 ottobre 1926, con la partita tra il Torino e la Fortitudo Roma, alla presenza del principe ereditario Umberto di Savoia, della principessa Maria Adelaide di Savoia – Genova (3) e di un pubblico di 15.000 spettatori. Dopo l’esecuzione della Marcia Reale, eseguita dalla banda dei Carabinieri, il campo viene benedetto, prima dell'incontro, dall'arcivescovo di Torino, Monsignor Gamba (4).

In origine lo stadio copriva un'area di 38 000 m² recintati da un muro alto 2,5 metri; era formato da due tribune, con una capienza che raggiungeva le 15 000 unità (1300 in tribuna centrale, 9500 sulle gradinate, 4000 nel parterre); sotto la tribuna si trovava il parterre, disposto su 13 file. Il Filadelfia aveva le gradinate in cemento e una tribuna in legno e ghisa costruita in stile Liberty, con le poltroncine in legno, numerate. La facciata era di mattoni rossi, con colonne e grandi finestre dotate di infissi bianchi. Le finestre erano collegate tra loro da un ballatoio con la ringhiera in ferro. Davanti all'ingresso vi era un vecchio campo, detto in piemontese Camp Cit, usato per gli allenamenti negli Anni Trenta. La struttura portante dell'edificio era in cemento armato; le tribune erano composta da pilastri che sostenevano una rete longitudinale di capriate trasversali in legno su cui erano sistemati pannelli di eternit. Il sostegno della bandiera, all'entrata, era alto sei metri circa, il basamento era coperto da bassorilievi raffiguranti greche in stile Art Déco. 

Il campo misurava 110 x 70 metri, coperto di erba e dotato di un sistema di drenaggio.

Sotto le tribune si trovava l'appartamento del custode e quattordici camere, utilizzate, oltre che dai giocatori e dall'arbitro, come infermeria, direzione e sala per rinfreschi. I giocatori potevano raggiungere il campo dagli spogliatoi attraverso un sottopassaggio. Lo stadio subirà opere di ampliamento: nel 1928 viene aggiunta la biglietteria e nel 1932 la gradinata della tribuna è ingrandita, portando la capacità totale a 30000 spettatori.

Il Filadelfia ha ospitato le partite casalinghe del Torino fino al termine della stagione 1962-1963. Qui i granata vincono sei dei loro sette scudetti (a cui va aggiunto anche quello revocato del 1927), rimanendo imbattuti per sei anni, 100 gare consecutive, dal 17 gennaio 1943 alla tragedia di Superga, compreso il famoso 10-0 contro l'Alessandria (punteggio record in una gara di Serie A).  In questo impianto si esibiva il tifoso e trombettista Bolmida (5), reso famoso dal film “Ora e per sempre”.

Viene colpito il 13 luglio 1943 e il 29 marzo 1944 da pesanti bombardamenti aerei, che fanno crollare il primo piano dello stadio e producono danni generalizzati all’impianto. Nell'ottobre 1945 l'Associazione Calcio Torino chiede al Comune di poter utilizzare il campo di calcio dello stadio civico (in concessione alla squadra Juventus) in quanto il Filadelfia è molto danneggiato. La concessione dello stadio viene accordata per il campionato 1945-1946 mentre gli allenamenti della squadra potranno tenersi al motovelodromo torinese in Corso Casale. Nel dopoguerra l'area intorno al Filadelfia diventa zona residenziale e prende quota l'idea di abbattere il complesso sportivo per guadagnare spazio e costruire nuovi edifici. Nel 1959 la città di Torino si dota di un nuovo Piano Regolatore che definisce l'area "verde pubblico" e il progetto edilizio fallisce.

Nella stagione 1958-1959 il Torino è ridenominato Talmone Torino, per via dell'abbinamento con l'omonima azienda, e si trasferisce allo Stadio Comunale, che aveva iniziato a utilizzare saltuariamente negli anni precedenti, soprattutto per gli incontri di richiamo e di maggiore affluenza: la stagione si conclude con la retrocessione in Serie B. L'anno seguente, per un motivo scaramantico, la squadra torna a giocare al Filadelfia, e lo stadio ridiventa la casa del Torino, per qualche anno. Il 19 giugno 1963 vi viene disputata l'ultima partita ufficiale prima dell'abbandono: la semifinale di ritorno della Coppa Mitropa 1963 Torino-Vasas termina 2-1 (6). A partire dalla stagione seguente i granata si trasferiscono definitivamente allo Stadio Comunale.

Nel 1970 si tenta per la prima volta di recuperare il Filadelfia, quando era presidente Orfeo Pianelli (7); la SCCT fa eseguire un progetto per la ristrutturazione. L'idea era di permettere l'allenamento della prima squadra con il recupero del campo e la costruzione di una palestra; non se ne farà nulla in quanto l'area risultava ancora destinata a verde pubblico. L'idea di Pianelli prevedeva l'abbattimento totale della struttura, la costruzione di campi di gioco e di una struttura per gli alloggi delle squadre giovanili; il progetto fallisce anche a causa di alcune minacce di morte ricevute dal presidente.

Il Torino continua ad allenarsi qui fino al 1993, quando si trasferisce nella moderna struttura di Orbassano, lasciando il campo di allenamento alle squadre giovanili. La manutenzione viene abbandonata e in pochi anni gli spalti si deteriorano. Negli Anni Ottanta il degrado ha una crescita esponenziale, soprattutto a causa del calcestruzzo utilizzato nella costruzione e si verificano anche parziali crolli delle strutture.

Tra il 1985 e il 2008 vari imprenditori e politici annunciano di volersi impegnare nella ricostruzione e nel ripristino dello storico stadio torinese: nessuno di essi tuttavia, per vari motivi, andò a buon fine. Nel 1994, l’ex sindaco di Torino Diego Novelli (8) crea una Fondazione che ha un suo progetto di ricostruzione dell’impianto. Nel luglio del 1997 la Fondazione ottiene le autorizzazioni dalla Soprintendenza e dalla Commissione Igienico-Edilizia. Inizia così la demolizione del Filadelfia. La Soprintendenza però richiede che vengano mantenuti gli angoli delle curve su via Filadelfia e via Spano e il nucleo centrale della tribuna d’onore. La demolizione viene completata nel 1998. I lavori per il nuovo impianto, però, non verranno mai incominciati.

Lo Stadio Filadelfia è divenuto anche location per tre film, due dei quali dedicati al Grande Torino:

Tutti giù per terra (1997), di Davide Ferrario, con Valerio Mastandrea, Caterina Caselli, Anita Caprioli, Luciana Littizzetto e Giovanni Lindo Ferretti;

Ora e per sempre (2004), regia di Vincenzo Verdecchi, con Kasia Smutniak, Giorgio Albertazzi e Gioele Dix;

Il Grande Torino (2005), fiction Rai, con Ciro Esposito, Beppe Fiorello e Michele Placido.

A partire dal Duemila, l’ex stadio diventa protagonista involontario di numerose e complesse vicende. La più clamorosa è la proposta, nel novembre 2002, di una variante al Piano Regolatore che prevede l’insediamento di attività commerciali e di due edifici residenziali all’interno dell’impianto. Grazie alle proteste di tifosi e cittadini, la variante viene modificata. Nell’estate 2005, il Torino Calcio è fallito e i diritti di superficie dell’area sono tornati al Comune. Nel gennaio 2008 nasce una nuova Fondazione con l’obiettivo di trovare i fondi necessari per la ricostruzione dello stadio.

Un nuovo progetto, che prevede la costruzione di due campi più piccoli, ha preso il via nel 2014 e la posa della prima pietra avviene il 17 ottobre 2015. Il 25 maggio 2017 il taglio del nastro e la festa di oltre 50 mila emozionatissimi visitatori e tifosi. Ad oggi mancano ancora le strutture che fanno parte del cosiddetto “lotto 2”, che comprende gli uffici e la foresteria. Manca all’appello anche il museo che, per adesso, rimane a Grugliasco con la soddisfazione del riconoscimento internazionale assegnato all’unico museo gestito da tifosi.

In conclusione, un luogo iconico come lo stadio Filadelfia (che non è stato soltanto un luogo di vittorie, record e campioni) è oggi uno scheletro del passato. La sua leggenda è nata da una squadra invincibile e anche da tante persone comuni. Quella che era la culla, il ventre del Torino, là dove si crescevano campioni, attende ancora di conoscere quale sarà il suo futuro, dopo aver vissuto un grande e impareggiabile passato.

Note

(1) Enrico Eugenio Antonio Marone Cinzano (Torino 1895 – Ginevra 1968). Figlio di Alberto Marone e di Paola Cinzano, ultima erede della famiglia fondatrice dell'omonima casa produttrice di liquori, porterà a vita entrambi i cognomi dei genitori. Arruolato volontario nel Regio Esercito allo scoppio della Prima guerra mondiale, si congeda con il grado di sottotenente. Sarà a capo della Cinzano e presidente della squadra di calcio del Torino dal 1924 al 1928; durante la sua presidenza viene edificato lo Stadio Filadelfia. Si è sposato due volte, la seconda con Maria Cristina di Borbone-Spagna (1911-1996), figlia di Alfonso XIII di Spagna.

(2) Miro Gamba (Bellagio 1879 – 1957). Nel 1902 consegue presso la Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri (futuro Politecnico di Torino) la laurea in Ingegneria Civile.

(3) Maria Adelaide Vittoria Amelia di Savoia – Genova (1904 – 1979). Figlia del principe Tommaso, duca di Genova e della principessa Isabella di Baviera, nipote di Ludovico I di Baviera. Maria Adelaide era nipote Margherita di Savoia e cugina di Vittorio Emanuele III.

(4) Giuseppe Gamba (San Damiano d’Asti 1857 – Torino 1929). Dopo gli studi nel seminario vescovile di Asti, sotto la guida spirituale di san Giuseppe Marello, è ordinato sacerdote nel 1880. È nominato vescovo di Biella il 16 dicembre 1901 da papa Leone XIII e ordinato vescovo il 17 maggio 1902 da monsignor Giacinto Arcangeli, vescovo di Asti. Dal 13 agosto 1906 è vescovo di Novara. Il 20 dicembre 1923 diventa arcivescovo di Torino. Papa Pio XI lo eleva al rango di cardinale nel concistoro del 20 dicembre 1926 con il titolo di Santa Maria sopra Minerva. Muore il 26 dicembre 1929 all'età di 72 anni; il suo monumento funebre è custodito nella navata destra del duomo di Torino, opera di Edoardo Rubino (1930).

(5) Oreste Bolmida nasce il 17 aprile 1893. Della sua biografia conosciamo poco: era capostazione Porta Nuova. La domenica si recava sempre al Filadelfia per vedere il suo Toro portando con sé la cornetta che usava sul lavoro per far partire i treni. Una domenica, per scherzo, suona la sua tromba per dare la scossa ad un Toro spento, la formazione granata si desta e, da allora, il suono della tromba di Bolmida diventa un rito, come il rimboccarsi le maniche per il capitano Valentino Mazzola.

(6) Coppa Mitropa (o Mitropa Cup). La Coppa dell'Europa Centrale viene ideata e inizialmente organizzata dall'austriaco Hugo Meisl, segretario generale della ÖFB, la Federcalcio austriaca, il 17 luglio 1927 a Venezia e già nell'agosto successivo il torneo prende il via. Nelle prime due stagioni vi prendono parte due club da ciascuno dei seguenti Paesi: Austria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Ungheria; nel 1929 la Jugoslavia fu sostituita dall'Italia. Per alcuni anni si accarezza il progetto (poi naufragato) di un vero e proprio campionato europeo giocato dai club più forti da sovrapporre ai campionati nazionali. Per tutti gli Anni Trenta la Mitropa gode di un prestigio che in seguito è stato raggiunto solo dalla Coppa Latina negli anni 1950 e dalla Coppa dei Campioni negli ultimi decenni. In seguito, perde man mano di importanza, fino all’ultima edizione del 1992.

(7) Orfeo Luciano Pianelli (Vignale, 10 agosto 1920 – Villefranche-sur-Mer, 24 aprile 2005). Giovane falegname e muratore, si trasferisce dal mantovano a Torino a 16 anni. Conseguito un diploma tecnico, fonda insieme a Domenico Traversa l’azienda che porterà i loro cognomi.  Lo scudetto del 1975 – 76 con il Torino e l'accordo con l'Unione Sovietica di Leonid Brežnev per l'installazione di tutti i sistemi di trasporto Pianelli&Traversa all'interno dello stabilimento di Togliattigrad, sono i risultati salienti di una vita dedicata al lavoro e alla sua passione per il club granata (del quale ha preso la proprietà e la presidenza nel 1960). Il 30 gennaio 2018 la giunta comunale di Torino ha approvato l'intitolazione in suo onore di un giardino pubblico di Borgo Filadelfia.

(8) Diego Novelli (Torino 1931). Giornalista a L’Unità, poi uomo politico. Sindaco di Torino negli anni di piombo (1975 – 1985), la seconda durata più lunga in questa carica dopo Amedeo Peyron.

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Articolo pubblicato il 17/10/2022