La risposta russa e l'Armageddon nucleare
Mosca: monumento sovietico dedicato alla prima arma nucleare tattica

Mosca risponde ai vili attentai terroristici di Kiev. L'Occidente trema disorientato.

La risposta russa alla controffensiva ucraina nel Donbass è arrivata. Gli analisti occidentali sostengono che è arrivata a seguito dell’attacco ucraino al ponte di Crimea dei giorni scorsi.

Le forze russe in questi giorni hanno lanciato oltre 83 missili e usato 17 droni iraniani per attaccare l'Ucraina. 

Il cambio di regia da parte di Putin ha dato una chiara svolta diretta verso le istanze più belliciste del Cremlino. Istanze che fino ad ora erano tenute a bada a favore di una via bellica più ibrida, più consona ad un’operazione militare speciale che non ad una guerra tout court.

Il primo passo verso una guerra vera e propria ci fu già nelle settimane scorse, a seguito della dichiarazione di Putin verso un provvedimento indicante una mobilitazione parziale (ovvero la chiamata alle armi dei riservisti e di tutti coloro che dai 18 ai 65 anni avessero prestato servizio di leva).

In questi giorni il presidente Putin ha optato per un cambio di comando. A capo delle operazioni militari speciali è stato nominato Sergei Surovikin, il comandante soprannominato “generale Armageddon”.

Noto per il suo approccio intransigente e brutale alla guerra, Surovikin condusse con successo le operazioni militari in Siria contro l’Isis e il terrorismo islamico, e questo gli valse la massima onorificenza russa, quella di Eroe della Federazione.

Già dal 10 ottobre, con l’attacco missilistico a tappeto su diverse città ucraine ha dimostrato di fare sul serio. Facendosi apprezzare da diverse nomenclature russe, fra cui il capo dei miliziani ceceni Kadyrov e il capo dei gruppi mercenari “Wagner”, Yevgeny Prigozhin.

Entrambi gli uomini in precedenza avevano espresso rare critiche alla leadership militare del paese, portando a tensioni senza precedenti all'interno dell'élite russa. “Ora, sono soddisfatto al 100% dell'operazione”, ha scritto Kadyrov sul suo canale Telegram lunedì in mattinata.

Nel frattempo, nel nord dell’Ucraina si muovono truppe ucraine per scongiurare un possibile attacco congiunto dall’Unione militare delle forze russe unite a quelle bielorusse. Questo perché le dichiarazioni di Lukashenko hanno allarmato non poco sia Kiev che Bruxelles.

L’UE, e i suoi stati membri, hanno sostenuto di voler inviare nuove armi in Ucraina. La Commissione europea ha intimato alla Bielorussia di non sostenere militarmente Mosca. Tuttavia, Minsk sembra voler andare avanti in una forma militare sempre più attiva. Finora Lukashenko si è sempre solo dimostrato un alleato passivo della Russia, limitandosi a fornire il proprio territorio come base d’attacco per le truppe russe verso l’Ucraina. Ora, in questa seconda fase bellica, sempre più proiettata nel pieno sostegno al Cremlino. Questo lascia pensare ad un prossimo coinvolgimento anche della Transnistria (ultimo pezzo di Unione Sovietica presente "abusivamente" in Moldavia). Kiev si ritrova così minacciata su più fronti, vedendosi ridotti i successi della sua controffensiva in Donbass e ripiombando nuovamente nella Fase 1 del conflitto.

Questa situazione genera non poco nervosismo. Da tutte le parti. Gli ucraini si sentono abbandonati da Washington. Specie dopo che questi ultimi si sono smarcati dagli attentati alla figlia di Dugin e al ponte di Crimea. Il Pentagono se ne è lavato le mani, addebitando queste iniziative alla sola intelligence ucraina, lasciando così l’alleato dell'Est scoperto dinanzi alla comunità internazionale.

Questo accentua la tensione in Ucraina. Dove vede il governo di Kiev sempre più disposto ad una guerra totale. Idem, da parte opposta, Mosca. La quale, a discapito dei civili, si sta giocando il tutto per tutto in questo conflitto regionale europeo.

L’attuale situazione ci porta a ricorrere ad un pensiero che è stato ricorrente in questa guerra, la possibile minaccia nucleare.

Ad oggi, nove nazioni soltanto in tutto il mondo possiedono oltre 15.000 testate nucleari nei loro arsenali. Russia e Stati Uniti assieme, contano da soli il 93% del totale.

Ma il numero esatto delle bombe nucleari in possesso di ogni paese resta un segreto di Stato (Cina in testa, il cui numero è un autentico mistero), gli scienziati della Fas (Federazione degli scienziati americani) elaborano le loro stime basandosi solo sulle informazioni disponibili al pubblico. Russia, Usa e Regno Unito, sono state le prime tre potenze nucleari a sottoscrivere il trattato di non proliferazione del primo luglio 1968, e continuano a ridurre gli arsenali, sia pure a ritmi più lenti rispetto a 25 anni fa, mentre Francia e Israele mantengono riserve stabili. Tuttavia, dall’inizio di quest’anno si è tornati a parlare di rischio di guerra nucleare, come non avveniva dai tempi della Guerra fredda.

Le potenziali ripercussioni sulla Nato e sull’Italia dopo i referendum popolari nelle zone russofone dell’Ucraina, crea una situazione instabile. Già, perché i territori dove si sono svolti i referendum sono considerati a tutti gli effetti parte della Federazione Russa, e godono pertanto della protezione e della garanzia russa, anche nucleare quindi. La Dottrina Militare russa prevede infatti l'impiego dell'arma nucleare nel caso in cui sia minacciata l'integrità del territorio russo.

Nel caso di un attacco nucleare l'Italia ne risulterebbe direttamente coinvolta nella questione in quanto, presso le basi aeree di Aviano e Ghedi, sono presenti le bombe nucleari B-61 statunitensi, nell'ambito del programma di ‘nuclear sharing’ dell'Alleanza atlantica (che vede coinvolti, oltre al nostro Paese, anche Germania, Belgio, Paesi Bassi e Turchia), volto a garantire un'efficace deterrenza nucleare sul suolo europeo e mediterraneo.

L’Italia, portaerei naturale che collega l’Europa al mediterraneo, è sede della VI flotta americana da cui gli Usa controllano le rotte e i colli di bottiglia di tutta l’Africa e dei mari ad essa circostanti. Ergo, l’importanza strategica della nostra Penisola è fondamentale, e per tanto obbiettivo militare di primissimo piano per le forze in gioco nei rispettivi conflitti per procura atti a ridiscutere la leadership mondiale americana.

Anche nel Pacifico la situazione è in allerta. Dopo le fortissime tensioni fra le due Cine (l'una comunista e l'altra nazionalista), ora è la volta delle due Coree. Anche quì il partito comunista nordcoreano minaccia la stabilità e la pace dell'area, lasciando intendere di voler colpire Seul con armi nucleari.

Parallelamente, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha descritto la possibilità di rifornimenti di sistemi missilistici a lancio multiplo a lungo raggio (MLRS) a Kiev come il modo più veloce per far degenerare il conflitto al livello di una guerra mondiale.

Insomma, su più parti del globo terreacqueo non c'è da stare tranquilli. Come Civico20News continueremo a seguire questi sviluppi bellici inquietanti.

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Articolo pubblicato il 13/10/2022