Un viaggio a Sarsina e dintorni (Forlì-Cesena)
Chiesa di Montepetra

Strade di Romagna tra storia e fede, chiese e castelli (Seconda e ultima parte)

La soppressa Diocesi di Sarsina faceva parte della Contea di Bobbio, per un lungo periodo del Medioevo i due territori hanno coinciso. Siamo all’interno di un piccolo mistero storico: il nome di “Bobbio” nella Valle del Savio non ha nulla a che vedere con la famosa abbazia di Bobbio fondata dal monaco irlandese Colombano nel 612 nella Valle del Trebbia, in provincia di Piacenza.

Questa omonimia è curiosa e stimolante, ma nessun documento ha sinora stabilito un legame fra i due luoghi. Il Canonico Filippo Antonini (Montepetra 1560 – Sarsina 1621) scrive in proposito: “Ebbe un altro nome Sarsina, che fu Bobio: questo si è usato gran tempo per titolo del Vescovato di Sarsina, quale nelle scritture vien detto Episcopatus Bobiensis, e il Vescovo vi si dice Episcopus Bobiensis, ed in altre Boibensis. La più antica scrittura, che usi questo nome di quelle, che ho veduto io, è un Concilio Romano fatto circa gli anni di Cristo 500 nel Pontificato di Simmaco Papa (1), dove un vescovo dei nostri di Sarsina viene detto Laurentius Episcopus Bobiensis più d’una volta…”.

La nascita dell’Antonini a Montepetra è una tradizione orale tramandata, la sua morte a Sarsina è annotata sul registro dei morti della ConCattedrale. Parroco a Sapigno dal 1592 al 1604, qui scrive gran parte della sua grande opera storica Delle antichità di Sarsina, del trionfo e del triclinio dei Romani.

Nei dintorni di Sarsina, tre pievi guardano dall’alto il territorio: Montepetra, Monte Sorbo e la Badia di Montalto.

Montepetra (oggi compresa nel Comune di Sogliano al Rubicone) è la piccola chiesa di un borgo di collina, dedicata a San Lorenzo.

La sua edificazione risale al XV secolo, poi viene ricostruita nell’Ottocento. Il pregevole fonte battesimale è un piccolo gioiello di scultura rinascimentale. Impreziosisce la chiesa il piccolo battistero del 1495, con la data scolpita.

Da qualche tempo a Montepetra, nei locali della canonica, soggiorna un moderno eremita, sotto obbedienza diocesana, che ha aperto la sua canonica all’ospitalità.

Dai resoconti delle visite pastorali dei vescovi di Sarsina apprendiamo notizie interessanti: la chiesa viene visitata tre volte (nel 1589, 1594, 1598) da monsignor Angelo Peruzzi, vescovo di Sarsina dal 1581 al 1600, autorevole personaggio al tempo di Papa Gregorio XIII; nel 1675 il vescovo Federico Martinozzi vieta ai parrocchiani di andare a messa con il fucile (lo stesso vescovo morirà nel 1678 nella vicina rocca di Ciola, dove “era costretto a dimorare di frequente per isfuggire le persecuzioni e le insidie”, come scrive Luigi Testi; il vescovo Bernardino Marchesi, divenuto cieco, fa eseguire le visite dal suo vicario, che verifica il grado di istruzione religiosa dei bambini.

Fra i sacerdoti di Montepetra spicca la figura di don Francesco Giannini: nato a Sorbano nel 1875, dal 1897 vi è nominato parroco e vi rimarrà fin dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale, con grandi meriti pastorali, fra cui “La Squilla”, documentato e puntuale bollettino parrocchiale che ha rendicontato la vita di una comunità; ne ha raccontato la vita e l’azione pastorale Attilio Bazzani nell’ampio libro Storia di Montepetra e dintorni. Un nipote del sacerdote, Stefani Giannini, ne ha ereditato la vena creativa e ha scritto a sua volta il volume Storia e memorie dell’altra Romagna, nel quale ricorda un’altra piccola chiesetta. La “chiesina della Cassandra”, fatta erigere dalla famiglia D’Onofri nel 1780 sul luogo dove sorgeva l’antico Oratorio di San Damiano.

Monte Sorbo è un luogo singolare e affascinante, dove l’uomo, la fede e l’arte hanno creato, costruito e distrutto, edificato e smantellato e la pieve è diventata una reliquia che contiene reliquie. La prima attestazione della pieve (Pieve di Santa Maria Annunziata a Monte Sorbo) risaliva al 1223, per un documento, oggi perduto, giunto a noi in copia regestata: l’atto, datato 3 ottobre 1223, riguardante la vendita di diversi beni, da parte di Cacciaguerra da Montepetra, al vescovo di Sarsina e a Berardo.

La chiesa assume importanza fin dal secolo X, quando un vescovo di Sarsina di nome Florentius vi è sepolto nel 995, come dimostra l'epigrafe sulla sua lastra tombale. Una successiva scoperta ha fatto retrodatare le testimonianze, grazie ad una pergamena ravennate datata 867 (Archivio Arcivescovile di Ravenna, perg. 1816), che cita indirettamente il pievato di Monte Sorbo. E altri documenti sono emersi grazie alle ricerche storiche recenti: la sua prima attestazione risale quindi al 15 gennaio 948: «pleve Sansancte Marie qui vocatur in Sarcenates» (Archivio Arcivescovile di Ravenna, perg. 2702); fra XI e XIII secolo nei documenti risulta quale «plebem Sancte Marie Maioris» (Archivio Diocesano di Cesena, Capitolo, pergamene, 2 giugno 1042, 4 luglio 1155, 7 novembre 1175, 13 marzo 1186, 14 maggio 1259), a lungo ed erroneamente identificata come la pieve urbana di Sarsina. Questa nuova luce indica in Monte Sorbo una delle più antiche pievi della Diocesi.

È una tipica pieve rurale, isolata su di un poggio e immersa nel silenzio della campagna circostante, al di sopra dell’abitato di Calbano. Ho visitato questo luogo d’arte e sovrascritture con la guida competente ed appassionata di Lodovico Chiarini. La chiesa, in stile romanico a croce greca, risale al VI secolo, ha un interno molto grande; le colonne interne dovrebbero risalire al I secolo, bisognerebbe chiedersi da dove provengano. Si riscontra materiale romano di spoglio e reimpiego e splendidi reperti di fattura e figurazione longobarda, paragonabili alle sculture di Cividale del Friuli.

Al principio della sua lunga storia, la pieve ha fatto parte dell’Esarcato di Ravenna. Rimane sconosciuta la sua data di origine, così come sono molti gli interrogativi ancora senza risposta, dovuti alla ricchezza dei materiali e dei reperti qui confluiti. Il reperto artistico più singolare è quello che ci mostra una mano, un volto e una croce: sul suo significato non vi è un giudizio unanime fra degli studiosi, l'ipotesi più convincente lo vuole come un antesignano dei nostri cartelli stradali, indicava ai pellegrini un luogo di preghiera e di ristoro.

La Badia di Montalto (come è popolarmente chiamata) è stata restaurata a partire dal 2019 grazie ad un contributo regionale per il progetto “Identitaria” dell’Unione dei Comuni. Il suo titolo originale è abbazia di San Salvatore in Summano (è possibile che il nome “Summano” derivi da un precedente tempio pagano dedicato a Giove “Summo Mane”), antico edificio sconsacrato di proprietà del Comune di Sarsina.

Don Daniele Bosi, parroco a Cesena, le ha dedicato un volume di memorie e ricostruzioni storiche. L’abbazia è documentata dal 1041, anno in cui compare in un atto notarile il nome dell’abate Graziano. Fino alla fine del XII ospita monaci benedettini, ai quali subentrano i camaldolesi (sino al 1568, quando papa Pio V l’unirà in perpetuo alla mensa vescovile di Sarsina). La chiesa attuale conserva poco della sua antichità, anche a seguito di vicende che alternano crolli e ricostruzioni, con il trasferimento dei pezzi pregiati in luoghi più sicuri. Sopra la porta d’ingresso, fino al 1965, vi era un bassorilievo in marmo bianco che è diventato il paliotto dell’altar maggiore della Basilica di San Vicinio.

Nel 1916 il parroco, don Durante Tosi,  compila di propria iniziativa uno “stato delle anime” che ci restituisce i nomi dei capifamiglia e la geografia di un territorio oggi completamente disabitato: Cassa Colonica (Il Podere) - Camagni Antonio, Villa Tognano - famiglie Perini e Fabbri, Cà di Salvatore - famiglia Ronchi, Prati - Macherozzi Giuseppe, Monte - famiglia Dogana, Casanuova - famiglie Gualtieri e Cappelli, La Casa - Borghesi Giovanni, Cà di Simone - famiglia Francioni, Bazzano - famiglie Perini e Magrini, Casetta - Borghesi Enrico, Cà di Cedrino - Baroncini Severo, La Cava - Balzani Giuseppe, Monte Ricci - Fabbri Matteo, Casanova di Castellaccio - Baroncini Giuseppe, Prati Bugali - Soldati Antonio, Cà di Santi - Calbucci Francesco (in totale 25 famiglie con 163 abitanti).

A breve distanza dalla chiesa restaurata, rimangono i ruderi di quel che era il Podere della Badia, a ricordo di una scomparsa civiltà agricola.

Sul prato antistante la Badia incontro una scolaresca, guidata dalla professoressa Sandra Gualtieri: si tratta della “uscita di accoglienza” riservata alla prime classi dell’Istituto Tecnico Garibaldi/Da Vinci di Cesena. Un modo originale ed accattivante di accogliere gli studenti, indirizzarli alla conoscenza della storia e della cultura di un territorio che ha tanto da offrire.

Al termine della visita turistica ad una città imbevuta di storia profana e di sacralità, ed al suo territorio, dove è tornato l’esorcista, una domanda rimane sospesa ed irrisolta: il diavolo e l’acqua santa sono ancora una realtà a Sarsina, nel 2022?

Fine

Note

(1) Alla morte di Papa Anastasio II, nel 498, viene eletto a succedergli Simmaco, ma una fazione di opposizione bizantina elegge l’arciprete Lorenzo.  Durante il sinodo tenutosi a Roma il 1º marzo 499, Simmaco, ormai universalmente riconosciuto capo della Chiesa, investe Lorenzo della diocesi di Nocera in Campania. Quel sinodo stabilisce anche che il Papa avrebbe avuto il diritto di designare il suo successore; clero, senato e popolo erano tenuti ad accettarlo.

Bibliografia

Antonini Can Filippo - Delle antichità di Sarsina, del trionfo e del triclinio dei Romani – 1607

Bazzani Attilio – Montepetra e il suo territorio – 1999 – Il Ponte Vecchio - Cesena

Bosi don Daniele – La Badia di Montalto – Editrice Stilgraf – 2020 - Cesena

Giannini Stefano – Storie e memorie dell’altra Romagna – 2000 – Il Ponte Vecchio - Cesena

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Articolo pubblicato il 29/10/2022