“Antonio Vivaldi: concerti per flauto e archi”, a Torino

Presso la Cattedrale di San Giovanni Battista, per la stagione musicale dell’Accademia Corale Stefano Tempia

Sabato 5 novembre, alle 21:00, presso la cattedrale di San Giovanni Battista, in piazza San Giovanni, a Torino, la stagione musicale dell’Accademia Corale Stefano Tempia proseguirà con il concerto dal titolo “Antonio Vivaldi: concerti per flauto e archi”. 

Saranno di scena: Davide Chiesa, flauto e direttore, Rebecca Viora, flauto, e gli Archi della Stefano Tempia.

Nota di sala a cura di Danilo Karim Kaddouri

La spontaneità dell’invenzione melodica, la vivacità ritmica che anima anche i nessi armonici più risaputi, la raffinatezza delle soluzioni timbriche adottate e la chiarezza sul piano formale sono solo alcuni dei pregi della musica strumentale di Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 1741), che fanno sì che ancora oggi la sua opera sia molto frequentata e apprezzata anche presso un pubblico di non addetti ai lavori. Quanto all’entusiasmo e all’ammirazione che la figura del “prete rosso” ha suscitato presso i suoi contemporanei basterà citare il caso di Johann Sebastian Bach, che studiò e trascrisse (o, meglio: elaborò) diversi concerti del collega italiano.

Uno dei meriti che vanno ascritti a Vivaldi è di aver dimostrato che ogni strumento è nobile e ben si adatta al ruolo di solista: dal mandolino alla tromba, dalla viola d’amore all’ottavino, non c’è strumento al quale egli non abbia dedicato un concerto che lo coinvolga almeno come comprimario. Emblematico, in tal senso, il curiosissimo concerto “a dieci” RV 558, che chiama in causa due flauti, due salmoè (ossia chalumeaux, i precursori dei moderni clarinetti), due violini “in tromba marina”, due mandolini e due tiorbe oltre agli archi e al basso continuo.

In quest’ambito un posto di rilievo è occupato dai concerti per flauto. Considerando solo i concerti per un solo strumento solista accompagnato da un’orchestra d’archi e dal basso continuo (ossia escludendo dal computo i concerti “da camera”, che coinvolgono organici più ristretti, e i concerti con più strumenti solisti), si contano tredici concerti per flauto traverso (di cui due incompiuti e uno di dubbia autenticità), due per flauto dolce e tre per flautino (ossia per ottavino). L’interesse di Vivaldi per il flauto traverso è rimarchevole poiché all’epoca lo strumento non era ancora diffuso quanto il flauto dolce: ce lo conferma anche Johann Joachim Quantz, flautista presso la corte di Federico il Grande, che conobbe il collega italiano a Venezia nel 1724. Lo stesso Vivaldi valorizzò la delicatezza timbrica del flauto dolce nelle scene campestri dei suoi melodrammi, ma evidentemente si rese anche conto della maggiore brillantezza e versatilità del flauto traverso. Da questo punto di vista, la sua opera destinata a quest’ultimo strumento deve essere considerata pionieristica.

I Concerti dell’op. 10, di cui in questo concerto viene proposta un’esecuzione integrale accanto al Concerto in do maggiore RV 533 per due flauti, archi e basso continuo (l’unico concerto di Vivaldi destinato a questa combinazione strumentale), furono composti nel 1728 e pubblicati ad Amsterdam dall’editore normanno, ma olandese d’adozione, Michel – Charles Le Cène. Tutti i concerti dell’op. 10 tranne uno (il n. 4 in sol maggiore RV 435) non sono originali: il confronto con le versioni contenute nei “Manoscritti di Torino”, sicuramente più antiche di quelle pubblicate ad Amsterdam, rivela infatti organici molto differenti rispetto a quelli delle edizioni a stampa. È probabile che Vivaldi non abbia avuto sufficiente tempo per scrivere i concerti per flauto traverso chiestigli dall’editore olandese e che quindi si sia risolto a rielaborare delle composizioni preesistenti. I primi tre concerti dell’op. 10 (n. 1 in fa maggiore RV 433 “La tempesta di mare”, n. 2 in sol minore RV 439 “La notte” e n. 3 in re maggiore RV 428 “Il gardellino”) sono infatti rielaborazioni degli omonimi concerti da camera per flauto solo, oboe, violino, fagotto e/o violoncello e basso continuo (rispettivamente i concerti RV 100, 104 e 90); il sesto concerto (in sol maggiore RV 437) era in origine un concerto da camera con il flauto dolce (concerto RV 101); il quinto (in fa maggiore RV 434), infine, è una versione alternativa del concerto per flauto dolce, archi e basso continuo RV 442.

L’impianto formale di questi concerti segue il classico schema in tre movimenti, con un adagio incastonato tra due movimenti vivaci. L’unico a discostarsi da questo schema è il Concerto n. 2 “La notte”, che è in sei movimenti. La coppia costituita da un movimento vivace seguito da un movimento lento è in questo caso duplicata, venendo a costituire i quattro movimenti centrali. Due di questi movimenti, il secondo (Fantasmi. Presto) e il quinto (Il sonno. Largo), sono dotati di titoli e alludono, rispettivamente, al senso di sgomento suscitato da un incubo e al riposo. In generale, nel concerto viene svolta un’indagine sui sentimenti legati all’esperienza notturna: così, anche se privo di titoli, il primo movimento sembra voler descrivere uno stato d’animo inquieto e presago delle spaventose visioni che attendono il dormiente, mentre l’ultimo (Allegro) conclude il concerto rimarcando gli aspetti angoscianti del sonno. In questo aspetto il concerto per flauto si distingue dall’omonimo (famoso) concerto per fagotto (RV 501), nel quale l’ultimo tempo, che non a caso reca il sottotitolo “Sorge l’aurora”, sembra suggerire uno stato d’animo finalmente riappacificato.

Queste considerazioni ci portano a ricordare come Vivaldi sia stato un precursore della musica a programma in un contesto (quello dell’Italia nel XVIII Secolo) che prediligeva le forme musicali “assolute”. Questo non sorprende se si considera che una porzione importante della produzione vivaldiana è costituita da melodrammi e cantate che abbondano di passaggi descrittivi affidati alle sole forze strumentali: inevitabile, quindi, che suggestioni di questo tipo siano confluite in un genere solitamente astratto come quello del concerto.

Alcuni concerti sono caratterizzati da una vena schiettamente descrittiva: uno dei concerti in programma reca il titolo “Il gardellino” e, nel suo alludere ai gorgheggi di un uccellino, fa del flauto traverso un uso idiomatico al quale, in tempi successivi, i compositori hanno più volte fatto ricorso. Un altro concerto dell’op. 10 è intitolato “La tempesta di mare”, e non può non riportare alla mente un altro celeberrimo temporale, quello descritto musicalmente nell’ultimo movimento del concerto “L’estate”. In altri casi, tale attitudine descrittiva è presente in misura molto meno marcata: è il caso dei concerti dedicati alla notte, che appartengono al novero dei concerti nei quali Vivaldi mira a ottenere una sorta di unitarietà espressiva collegata a un dato stato d’animo (emblematici, in tal senso, titoli quali “Il piacere”, “Il sospetto”, “L’inquietudine”, ecc…).

 

Programma:

Antonio Vivaldi (1678-1741)

Concerto in fa maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo

op. 10 n. 1 RV 433

“La tempesta di mare”

Allegro – Largo – Presto

Concerto in sol minore per flauto traverso, archi e basso continuo

op. 10 n. 2 RV 439

“La notte”

Largo – Fantasmi. Presto – Il sonno. Largo – Allegro

Concerto in re maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo

op. 10 n. 3 RV 428

“Il gardellino”

Allegro – Cantabile – Allegro

Concerto in sol maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo

op. 10 n. 4 RV 435

Allegro – Largo – Allegro

Concerto in fa maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo op. 10 n. 5 RV 434

Allegro non molto – Cantabile –

Allegro

Concerto in sol maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo

op. 10 n. 6 RV 437

Allegro – Largo – Allegro

Concerto in do maggiore per due flauti, archi e basso continuo

RV 533

Allegro molto – Largo – Allegro

Ingresso a offerta a partire da 5 euro

Solo per informazioni dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30 telefonare al numero 389.9117174 oppure scrivere a segreteria@stefanotempia.it

 

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Articolo pubblicato il 03/11/2022