Cenerentola, tra fiabe, spettacoli e cinema

L’interesse per il celebre personaggio si snoda nei secoli

Per un pregiudizio duro a morire, molti ritengono che le fiabe e i racconti che hanno ascoltato negli anni della loro infanzia siano “cose da piccoli”, prive di particolari pregi artistici e non meritevoli di entrare nel pantheon di quella che viene definita da alcuni “alta cultura”.

Eppure, se si riflette un attimo su questo, a partire dal greco Esopo e dal latino Fedro si è sviluppato un genere letterario di grande interesse, in grado di parlare – ovviamente su piani diversi – sia ai grandi sia ai piccini.

 

Questo è il caso, per esempio, di Cenerentola, fiaba famosissima che ha fatto sognare generazioni di bimbe, di cui ci parla Ilaria Tasso, studentessa del secondo anno del DAMS di Torino, che ha preso di recente parte come assistente alla regia di Maria Paola Viano alla prima rappresentazione italiana dell’opera Eloise del compositore contemporaneo inglese Sir Karl Jenkins, andata in scena il 15 ottobre nella splendida cornice del Teatro Alfieri di Asti. Ma ora passiamo la parola a Ilaria.

 

Una delle fiabe più famose e classiche di tutti i tempi è sicuramente quella di Cenerentola, ma forse non tutti sanno che oltre e esistere diverse versioni fiabesche e cinematografiche ne sono state tratte anche opere teatrali, ma

prima di addentrarci in questo discorso vediamo la storia di questa fiaba.

 

Le sue origini sono molto antiche e risalgono all’antico Egitto, a un periodo compreso tra il 664 e 525 a.C., epoca a cui risale una storia che vede protagonista la cortigiana Rodopi, che si vede rubare un sandalo da un’aquila, che viene poi ritrovato dal faraone Psammetico, che alla fine decide di prenderla in sposa.

 

In Europa di Cenerentola sono state fatte versioni dai fratelli Grimm e da Charles Perrault, ma prima di loro c’è stata la versione del napoletano Gian Battista Basile, scritta tra il 1634 e il 1636 e inserita nel Cunto de li cunti all’interno della prima giornata chiamata La Gatta Cenerentola, che è ambientata a Napoli e ha ispirato l’omonimo film d’animazione vincitore di due David di Donatello ambientato in una Napoli futuristica.

 

In questa fiaba Cenerentola uccide la prima matrigna ed è la seconda quella che tutti conosciamo e ha la bellezza di sei figlie invece che due. La versione di Perrault del 1697 è quella più classica, dalla quale la Disney ha preso ispirazione per i suoi due omonimi film, ovvero quello d’animazione del 1950 e il live action del 2015 con Ella (Cenerentola) che perde la scarpetta di cristallo. Ma era davvero una scarpa di cristallo?

 

Secondo Honoré de Balzac, era impossibile ballare per tutta la sera con calzature così delicate: il dubbio è legittimo, perché il termine che viene usato da Perrault “pantoufle de verre” per indicare la scarpetta una volta non definire una scarpa, ma la più comoda pantofola e secondo Balzac la scarpetta non era di verre, ma di vair, ovvero una pelliccia grigio scuro molto preziosa che si ricava dal mantello invernale del vaio, uno scoiattolo russo e siberiano. Probabilmente su queste scarpette resterà sempre un alone di mistero, ma dopotutto stiamo parlando sempre di magia e le cose inimmaginabili nelle fiabe possono accadere e non sembrare così tanto assurde.

 

La versione dei fratelli Grimm del 1812 che è compresa nella raccolta Fiabe del focolare è quella più macabra di tutte, con le due sorellastre che pur di far entrare la scarpetta d’oro decidono l’una di tagliarsi l’alluce e l’altra un pezzo di tallone e infine gli uccellini di Ella (Cenerentola) le puniscono accecandole. Questa versione è raccontata nel film Into the woods del 2014 della Disney, in cui la storia di Cenerentola viene narrata insieme a quella di Raperonzolo, Cappuccetto rosso e Jack e la pianta di fagioli che incontrano un fornaio e sua moglie che vogliono avere un figlio, ma che per via di una maledizione non possono averlo ed è soltanto spezzandola che potranno esaudire il loro desiderio.

 

Oltre a queste versioni, ne esistono moltissime altre ambientate ai giorni nostri, ma anche nel passato come per esempio La leggenda di un amore – Cinderella del 1998, in cui la storia inizia nell’Ottocento con i fratelli Grimm che ascoltano una storia che viene raccontata dalla Regina di Francia e poi ci ritroviamo nel Cinquecento a seguire le vicende della giovane Danielle.

 

Passiamo ora alle versioni teatrali della fiaba: la prima è più conosciuta è quella di Gioachino Rossini, composta tra il 1816 e 1817 con il libretto di Jacopo Ferretti. La prima rappresentazione di quest’opera risale al 25 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma, Ferretti prende ispirazione da tre diversi modelli: dalla fiaba di Perrault, dal libretto francese di Charles-Guillaume Etienne musicato da Nicolò Isouard nel 1810 e rappresentato a Parigi e dall’opera di Francesco Fiorini scritta nel 1814 per Stefano Pavesi Agatina, o la virtù premiata.

 

La versione teatrale è composta da due atti ed è un po’ diversa dalle fiabe, partendo dal fatto che non c’è nessuna scarpetta di cristallo, i nomi cambiano completamente e non c’è nessuna matrigna. Ebbene sì, nell’opera c’è un patrigno di nome Don Magnifico che ha due figlie Clorinda e Tisbe, il principe che nel cartone animato ha un nome sconosciuto qui si chiama Don Ramiro e si fa passare per uno scudiero, mentre il suo cameriere Dandini prende il suo posto di principe. Cenerentola si chiama Angelina e infine la fata madrina non c’è, ma al suo posto troviamo Alidoro che si finge un mendicante per poi rivelarsi un uomo benestante.

 

La scarpetta viene sostituita da una coppia di braccialetti, di cui Angelina ne smarrisce uno che le sarà restituito dal principe. L’altra opera invece è meno conosciuta ed è basata sulla classica fiaba di Perrault, che fu composta tra il 1894 e 1895 e che è stata rappresentata per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi il 24 maggio 1899 composta da quattro atti di musicati da Jules Massenet sul libretto di Henri Cain con il titolo di Cendrillon. Oltre alle sue versioni teatrali c’è anche un omonimo balletto (op. 87) diviso in tre atti composto da Sergej Prokof'ev tra il 1940 e il 1944, basato anche esso sulla fiaba di Perrault con la coreografia originale di Rostislav Zakharov e il libretto di Nikolaj Volkov e rappresentato per la prima volta al Teatro Bol'šoj di Mosca il 22 novembre 1945.

 

Ilaria Tasso

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Articolo pubblicato il 03/11/2022