La deriva penosa dei progressisti di casa nostra

Per la “pace” il Pd si scioglie nel M5S

Il Governo Meloni sta muovendo i primi passi e, incalzato dagli eventi, è almeno riuscito a dimostrare, dando precisi segnali, di non voler ricalcare il percorso ambiguo ed incolore dei molti governi che l’hanno preceduto, a prescindere da sfumature ideologiche ed alleanze.

La sinistra, non ha metabolizzato la sconfitta ed ha alzato il tono dell’intransigenza, pronunciando minacce che ci riportano all’eversione ampiamente cavalcata dal PCI e cani sciolti alla sua sinistra, nel corso degli anni di piombo, salvo poi ergersi a difensori ed alfieri della democrazia.

Ma torniamo indietro di qualche giorno per capire dove ci potrà portare il verbo dell’intellighenzia di sinistra. In una recente intervista, Massimo D’Alema, ha definito Giuseppe Conte un punto di riferimento dei progressisti italiani. Nulla di nuovo, perché c’è un fil rouge che richiama l’atavico vizio stalinista di voler egemonizzare ogni cosa si muova nella società. Il D’Alema, ex presidente del Consiglio guerrafondaio, di dichiarazioni nel corso del suo iter politico, ne ha sparate diverse.

Dapprima aveva definito la Lega “una costola della sinistra”, poi ha candidato l’ex magistrato Tonino Di Pietro nel sicuro collegio elettorale del Mugello facendolo diventare Senatore della Repubblica, quindi ha strizzato l’occhio ai girotondini e al giustizialismo. Ed ora in età matura, cosa sta dicendo? Che per sconfiggere il cancro dell’antipolitica occorre che il Pd e tutto ciò che rimane della sinistra post comunista si allei con i seguaci di Beppe Grillo così da poter poi sconfiggere la destra.

Non pago, la sua critica si fa serrata: “Il Pd non riesce a comunicare un progetto per il futuro, un modello di società. D’altro canto, la scelta di un partito soltanto programmatico è stato uno dei suoi elementi costitutivi”. Non guarda però al suo passato, perché non ha il coraggio di ammettere che un partito nato dalla fusione a freddo fra post comunisti e una parte dei cattolici non poteva che fare questa fine. In sintesi, parla o straparla non ammettendo il nulla che riveli un qualche progetto del PD per il futuro.

Se ci soffermiamo sui fatti recentissimi della piazza romana di sabato scorso, c’è da rabbrividire. Come chiamare infatti l’atteggiamento del PD? Con l’Ucraina, ma insieme a quelli che vorrebbero la resa a Putin?

Così il ruolo egemone del PD svapora e viene evocato a gran voce quella nullità che si chiama “Giuseppi”, avvocato del popolo e progressista in salsa nostrana.  Cosa si è visto nella prova muscolare di sabato, travestita da pacifismo, ma tutta protesa contro il governo?

In effetti alla cosiddetta manifestazione per la pace sembrava di assistere ad un film rievocativo degli anni 70.  Le parole d’ordine erano le stesse a partire dallo storico slogan “fuori l’Italia dalla Nato, fuori la Nato dall’Italia.  Mancava solo lo spettro di Pietro Ingrao che nel 1949 aveva inventato lo slogan, sbraitando in piazza Colonna...

Circa 600 le sigle che hanno aderito sabato, tra cui immancabili i 4 partitini comunisti italiani ed altre formazioni similari con i cattocomunisti pronti a farsi ulteriormente strumentalizzare, dopo aver ricevuto il benservito elettorale da parte del PD. Migliaia di persone provenienti da tutta Italia, hanno sfilavano ufficialmente agli ordini di PD, M5S, CGIL, ACLI, Comunità di Sant ‘Egidio e via dicendo.

In pezzi di corteo il clima era molto acceso, poco pacifico. Ne ha fatto le spese il “sereno” e serafico Enrico Letta che è stato insultato e minacciato per tutto il percorso del corteo e se ne è andato a testa bassa. Frastornato ed umiliato, ha sbagliato anche un’intervista.

Chi ha stravinto è stato l’avvocato del popolo Conte. Applaudito e intervistato da tutte le tv, ha intimato al governo di non mandare più armi in Ucraina. Ovviamente dimenticandosi che lui quella scelta l’aveva votata. Insomma un vero paladino della sinistra cialtrona.

Il PD è ormai stracotto. Molti suoi rappresentanti non avevano aderito alla manifestazione di Roma come l’ex ministro Guerini. Altri hanno invece aderito alla manifestazione di Milano del Terzo Polo come Cottarelli, Gori, Maran, guardando già al miraggio Renzi.

Come uscirà il PD dopo il congresso? Forse ha ragione D’Alema.

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Articolo pubblicato il 08/11/2022