La Maledizione di Dante di Giancarlo Guerreri

Il Sommo Poeta visto sotto una luce differente.

Mercoledì 9 novembre, presso la sala ipogea della libreria e casa editrice Psiche (Via Madama Cristina 70, Torino), Chicca Morone ha presentato l’ultimo romanzo di Giancarlo Guerreri, La maledizione di Dante, edito da Bonfirraro nel 2021.

 

Un romanzo bellissimo, difficile da inquadrare in un particolare filone letterario, perché è un romanzo unico nel suo genere, che si sviluppa su due filoni temporali differenti: uno appartenente al passato, all’epoca di Dante e uno al presente, in cui si dipana la storia vera e propria.” Con queste parole Chicca Morone apre le danze di questo pomeriggio letterario durante il quale si sono trattati temi interessanti e poco conosciuti legati al periodo in cui visse il Sommo Poeta.

 

Riassumiamo brevemente la trama del romanzo

 

Il protagonista della prima parte del romanzo è Dante stesso che, durante il suo esilio, scrive cinque canti che rimasero nascosti in un luogo segreto e protetto, dai contenuti pericolosamente eretici.

La seconda parte, invece è ambientata ai giorni nostri, quando Giordano Verzecchi, professore di lettere di un liceo torinese, riceve in eredità un raro documento appartenuto a un suo trisavolo, Arduino Verzecchi, al tempo bibliotecario di Casa Savoia.

Si tratta di una sequenza di versi endecasillabi in perfetto stile dantesco, ma di natura “esoterica”. Giordano, rendendosi conto della preziosità del testo, contatta il professor De Carolis, un docente di Lettere Antiche di Firenze che, con l’aiuto della sua assistente, Valentina Tornabuoni, visiona attentamente il testo. Per i due non ci sono dubbi: quei versi non possono che appartenere alla mente geniale di Dante Alighieri. E qui avviene il primo colpo di scena: dopo questa rivelazione il professor De Carolis viene assassinato. Giordano e Valentina, tra i quali nel frattempo è nata una liaison amorosa, decidono di cercare, con non poche difficoltà e peripezie, i versi che risultano mancanti. Entrano in scena figure misteriose, anch’esse interessate a mettere le mani su questi documenti: sono i Dolciniani, appartenenti a un movimento religioso risalente al basso Medioevo. Il thriller diventa sempre più avvincente, una corsa contro il tempo, un susseguirsi di colpi di scena, un segreto che potrebbe sconvolgere l’intero globo, in cui la vita di Giordano e Valentina si troverà ripetutamente in pericolo e una serie di omicidi metterà in difficoltà le loro ricerche.

Recuperati i quattro canti danteschi mancanti, i due protagonisti si trovano, però, di fronte a un grande dilemma: come gestire questi versi così pericolosi che potrebbero far tremare le fondamenta della religiosità tenuti nascosti per tutti questi secoli?

L’epilogo è degno dei migliori thriller e lascia letteralmente il lettore a bocca aperta.

Durante la presentazione si sono affrontati diversi temi legati alla narrazione del romanzo, osservando il Sommo Poeta sotto una luce differente, poco conosciuta e inedita rispetto alla versione studiata sui banchi di scuola.

Una domanda sorge subito spontanea: a chi erano destinati quei canti così “pericolosi”? Come noto, il Poeta era un adepto dei “Fedeli d’Amore”, ed è proprio a loro che sono indirizzati quei versi perché sono gli unici a poter decifrare e comprenderne il significato. Chi sono i Fedeli d’Amore? Secondo gli studi più recenti essi sarebbero una confraternita più che una setta, forse un terz'ordine laico affiliato al Tempio, in grado di fornirgli protezione contro i sospetti dell'Inquisizione.

A oggi non si hanno notizie certe circa l’esistenza di questa accolita, se non la tesi di alcuni studiosi tra cui Luigi Valli, nel saggio Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore, René Guénon in L'esoterismo di Dante e il saggio più contemporaneo Dante e i Fedeli d'Amore di Renzo Manetti.

Dante stesso, nella Vita Nova, definisce Fedeli d'Amore coloro ai quali sono destinati i suoi versi, in quanto gli unici in grado di comprenderne davvero il significato.

Tornando al romanzo, questi cinque canti “ritrovati”, oltre settecento endecasillabi in rima incatenata, nati dalla fervida mente dell’autore, sono talmente affini alla logica del tempo e al modello dantesco che  si fa molta fatica a non attribuirli realmente a Dante stesso, e denotano la profonda conoscenza dell’autore del pensiero dantesco. La maestria e l’apparente semplicità con cui sono composti, non possono che affascinare il lettore, immerso in  quelle parole che sembrano essere sopravvissute al trascorrere del tempo sotto lo spettro dell’Inquisizione.

La maledizione di Dante è destinato a un pubblico eterogeneo, come sottolineato dall’editore Bonfirraro: “Nell’anno dedicato a Dante, questo volume vuole celebrarlo fornendo numerose notizie, donando una chiave di lettura diversa, utile per comprendere a fondo la grandezza e la profondità del pensiero del sommo poeta. L’autore è stato capace di strutturare un libro di facile lettura, ottimo anche per i lettori più giovani che, tramite la trama appassionante, potranno scoprire un lato non convenzionale di Dante, che si discosta da quello studiato a scuola”.

Tra il folto pubblico presente in sala e successivamente in coda per farsi firmare la propria copia fresca di acquisto e molto incuriosito da questo romanzo sui generis, serpeggia la domanda: “quando uscirà il sequel di questo affascinante ed avvincente viaggio nei misteri che si annidano nell’universo dantesco?”… ai posteri l’ardua sentenza.

Per visualizzare la presentazione, segui il link 

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Articolo pubblicato il 12/11/2022