Per il PD & compagni: ”il comunismo non si tocca”!

Le reazioni scomposte contro la lettera del Ministro Valditara alle scuole nell’anniversario della caduta del muro di Berlino, poiché ricorda il prezzo di vite umane pagato per realizzare l’utopia comunista.

Com’è noto il 9 novembre, seppur in sordina, si ricorda la caduta del muro di Berlino.

Uscendo dal bieco conformismo dei suoi predecessori, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valdidata che è pure un autorevole e qualificato docente universitario, ha preso carta e penna per sottolineare l’evento, ed è successo il finimondo.

 

I compagni che, sotto mentite spoglie conservano il dna del totalitarismo e dello stalinismo, non hanno retto al comportamento di chi, coscientemente e con cognizione di causa, ha voluto ricordare ai giovani, un episodio fondamentale nell’affermazione della libertà nel mondo.

 

E’ drammaticamente dimostrato che in Italia, soprattutto in ambito scolastico, quando si tenta di rileggere la storia offrendo chiavi di lettura alternative o, semplicemente, si prova a celebrare un evento che nella narrazione dominante non viene ritenuto meritevole di essere ricordato, il furore ideologico torna a imperversare e diventa difficile frenarlo.

Così, i politicamente corretti (o corrotti), si stracciano le vesti, all’indomani dell’invio alle scuole, da parte del nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito, di una lettera volta ad aprire una riflessione sul giorno della libertà (9 novembre), istituito dal Parlamento italiano nel 2005 per celebrare la caduta del muro di Berlino nel 1989.

 

Anche il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con un videomessaggio ha ricordato quella ricorrenza, precisando che «la libertà è un valore fondante della nostra identità italiana, europea e occidentale, che non solo non possiamo dimenticare ma che è nostro compito e dovere difendere ogni giorno, a partire dalla ricorrenza del 9 novembre» e che la legge «non condanna soltanto i regimi del passato ma ogni tentazione totalitaria».

 

La lettera di Valditara è una riflessione sull’«esito drammaticamente fallimentare» del comunismo simboleggiato, a parere del Ministro, dalla caduta del Muro.

«Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del Ventesimo secolo – scrive il Ministro rivolgendosi al mondo della scuola –, nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme anche profondamente differenti, e minimizzarne o banalizzarne l’immenso impatto storico sarebbe un grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra.

 

“Ma là dove prevale”, prosegue il Ministro,” si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma”, conclude Valditara, “regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri».

 

Quello di Valditara è un lungo e salutare ragionamento per incoraggiare gli studenti a riflettere sulla ricorrenza, ma i sindacati e le sinistre lo hanno letto come una manifestazione di pura propaganda, come un tentativo di indottrinamento e di ripensamento della storia.

 

A inalberarsi per primo Francesco Sinopoli, segretario generale FLC CGIL, che in una lettera a delegati e iscritti si dice preoccupato per l’iniziativa del Ministro. «Non spetta certo ad un ministro – scrive Sinopoli – indicare giudizi storici in una lettera per lo più inviata a tutte le scuole, a tutti i docenti e agli studenti. Vorrei sommessamente ricordare che nelle nostre scuole, pubbliche e private, vige ancora il dettato costituzionale sulla libertà di insegnamento e di ricerca, e che una eventuale lezione di storia contemporanea spetta ai docenti, non certo ad un ministro, la cui funzione resta di tutt’altra natura. Immergersi, come egli ha fatto, in giudizi storici sulla storia recente è un pessimo segnale, perché diseducativo, inutile e lesivo della libertà di pensiero di studenti e docenti».

 

Stupisce che un esponente sindacale, espressione della tradizione e della cultura di sinistra, rivendichi la libertà d’insegnamento e di ricerca, dal momento che i manuali di storia che si studiano nelle scuole dell’obbligo e dei licei sono quasi all’unisono ispirati al pensiero marxista e alla lettura marxista degli avvenimenti.

 

Non c’è alcuno stimolo all’esercizio dello spirito critico in quei volumi, che forniscono quasi sempre interpretazioni unilaterali dei fatti storici, senza l’applicazione del principio del contraddittorio e senza ventilare minimamente la possibilità che a quella narrazione se ne contrapponga un’altra, fondata su elementi contrari e divergenti. E invece il compito della scuola dovrebbe proprio essere quello di insegnare a pensare criticamente, rispettando la libertà di opinione di tutti e ricercando il dialogo costante tra docenti e studenti, senza pregiudizi né precomprensioni degli avvenimenti storici.

 

Fa bene, quindi, Valditara a mettere in discussione i metodi di insegnamento della storia del Novecento agli studenti nati nel Ventunesimo secolo. Le accuse che gli sono arrivate in queste ore (“il Ministro invia lettere da Minculpop”) riflettono il dogmatismo di cui risulta intriso l’ordinamento scolastico italiano da numerosi decenni e che rende impermeabile a cambiamenti e rivisitazioni l’interpretazione dei fatti storici.

 

Non meno pungenti le critiche che arrivano al Ministro Valditara dal Pd. «È una lettura di parte di cui la scuola non ha certamente bisogno. La scuola italiana è un serbatoio di eccellenze, professionalità e conoscenze, che non necessitano della lezione di un ministro che siede al governo e non in un'aula universitaria», ha commentato la deputata del Pd, Ilenia Malavasi.

 

L'Anpi (Associazione nazionale dei partigiani d'Italia), segnala che «nella lettera si rimuove il fatto che il 9 novembre è la giornata mondiale contro il fascismo e l'antisemitismo proclamata dalle Nazioni Unite».

 

Si tratta di reazioni scomposte a una esternazione, quella del Ministro, volta più che altro a riequilibrare il giudizio storico su vicende che hanno segnato epoche buie della storia dell’umanità e che certa storiografia di matrice marxista ha sempre occultato o affrontato in un’ottica manichea: da una parte il male assoluto (il fascismo), dall’altra le teorie del bene (il comunismo).

 

E invece è obbligo inderogabile delle scuole fornire chiavi di lettura pluraliste di tutti i fatti storici, senza forzature o strabismi di sorta.

Così dovrebbe, ma il totalitarismo del PD sta dimostrando i regressi fatti dal popolo italiano sotto il giogo “educativo” delle sinistre.

 

Uscendo dal contesto scolastico, ben si comprende il sonno delle sinistre al governo e nel Paese, nel corso degli anni, verso il sacrificio di Jan Palach martire e simbolo della resistenza antisovietica a Praga immolatosi l’11 gennaio 1969.

Del martirio del Cardinale Stepinac, arcivescovo di Zagabria, incarcerato dal governo Jugoslavo di Tito e praticamente portato alla morte, e della condanna all’ergastolo del primate ungherese, il cardinale József Mindszenty, tutte vittime della feroce etica comunista.

 

Ma nonostante i grandi supporti diseducativi profusi nel corso degli anni, e le dimenticanze storiche e culturali clamorose, favorite dai giullari di regime, l’elettorato italiano ha trasgredito, mandando a casa il fantomatico Enrico Letta, tutto proteso verso il pensiero unico, mentre strizza l’occhio al più bieco estremismo.

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Articolo pubblicato il 14/11/2022