Il fallito Golpe e l’Alternativa per la Germania

Da qualche giorno non si parla d'altro che del fallito golpe tedesco, scopriamone insieme le possibili radici.

Da qualche giorno nei quotidiani nazionali si sente parlare di uno sventato tentativo di Golpe da parte dell’estrema destra tedesca e dai “cattivi” sovranisti pangermanici. Ma sarà davvero così?

Come sempre l’informazione occidentale è completamente veicolata dai grandi gruppi finanziari e industriali, promotori di un unico pensiero “liberal” dominante.

In realtà la questione in Germania è ben più complessa. Il nostro mainstream ha subito etichettato il tentativo di golpe come di una complessissima rete sovranista e nazista pronta a restaurare il Reich millenario in Europa.

In verità, nonostante i liberali saltino dalla sedia appena si nomina il termine “Reich”, non vi era alcuna allusione al Terzo Reich hitleriano.

Il “Regno” di riferimento era quello guglielmino, ovvero il Secondo Reich, noto nei nostri libri di Storia come Impero Tedesco.

Questa volontà di riformare lo stato germanico in senso conservatore e militare ha radici profonde, e di certo non si tratta di radici nazionalsocialiste.

La stampa alle nostre latitudini, da diverso tempo, attribuisce alla forza politica “Alternativa per la Germania” peculiarità proprie dell’estrema destra. Quasi fosse un covo di neonazisti razzisti.

In realtà conosciamo bene la deriva culturale e politica del nostro sistema di informazione, il quale appena ci si discosta dall’ideologia liberal dominante si viene subito ostracizzati come terribili nazifascisti.

Questa reductio ad Hitlerum si applica oramai da diverso tempo, anche nel caso specifico di questo pseudo golpe tedesco.

Va subito precisato che la temibile rete sovranista, atta soverchiare le istituzioni democratiche tedesche, era un minuto gruppo ristretto di intellettuali, aristocratici e militari. Più simili ad una commedia di Monicelli che non ad un piano ben congeniato per distruggere la “Bundesrepublik”.

Tuttavia, questi sentimenti di ostilità verso una Stato Federale, più attento alla bilancia commerciale estera che non ai ceti medi impoveriti, esistono da diverso tempo. Ed è su questo punto, e non su di una fantomatica deriva neofascista, che occorrerebbe mettere il focus.

La nascita del movimento “Alternativa per la Germania” non è un gruppuscolo di teste rasate impazzite. Non nasce presso i nazionaldemocratici nostalgici di Hitler, ma in risposta ad una deriva sempre più progressista e liberal del centro cristiano democratico tedesco (la CDU della Merkel).

Va detto che la Germania non è l’unico paese europeo dove il Centrodestra ha subito una scissione liberal-conservatrice più orientata verso destra. Stessa cosa è avvenuta in Italia con Fratelli d’Italia e in Spagna con VOX. Entrambi i partiti critici della deriva progressista e tecnocratica dei centri liberali e popolari. Questa critica non è frutto di una “deriva sovranista e neofascista”, quanto invece di un comune sentire, non solo dell’elettorato, ma anche di una certa parte sistemica dei rispettivi paesi occidentali.

Esiste oramai da tempo un certo malumore anche negli apparati di vertice, nei rispettivi “stati profondi” delle Nazioni dell’Europa occidentale. Le quali si sentono sempre più in crisi e sempre più sconnesse dalle istanze delle proprie popolazioni. Le singole istituzioni nazionali, cedendo la propria sovranità economica e politica, si ritrovano ad essere sempre più impotenti verso le grandi sfide del nostro tempo. Dalla gestione dell’immigrazione fino all’autonomia energetica e tecnologica rispetto ai paesi extraeuropei.

Questa sofferenza di fondo vede quindi il fenomeno sovranista sotto un’altra veste, più legata ad un comune sentire; ad una presa d’atto dell’impotenza dell’attuale Occidente, che non ad una nostalgia verso regimi passati, o a fantapolitiche alleanze con potenze antiamericane. Anzi, il più delle volte, chi strizza l’occhio alla Cina e ai regimi antidemocratici, sono proprio quei grandi filantropi e colossi del Web che finanziano i movimenti LGBT e gridano continuamente al pericolo razzista.

Queste pulsioni risultano essere antinazionali e divisive di ogni sfera umana; dalla famiglia all’identità di genere, passando dall’internazionalismo finanziario fino all’indifferentismo new age in ambito spirituale. Ogni cosa viene messa in discussione. Questa incertezza dei valori e del vivere mina nelle fondamenta e nelle identità l’Occidente stesso. Da qui una reazione popolare e di vertice, dove ne scaturisce un’esigenza comune per far fronte a queste derive diaboliche (nel senso etimologico del termine di divisione, da “diabàllo” in greco).

L’unico modo per opporsi ad una simile divisione sociale e identitaria consiste nel proporre una rinnovata prospettiva simbolica (anche qui nel senso etimologico opposto al “diabolico”). Per ritrovare la perduta Unità occorre quindi riappropriarci dei simboli perduti.

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Articolo pubblicato il 12/12/2022