La costruzione dell’aeroporto di Fiumicino – Parte prima

Uno scandalo eclatante con mazzette e favori, tra politici, militari e monsignori

Nei giorni scorsi, parlando della sfrontatezza della sinistra europea sull’affaire Qatar-gate, abbiamo accennato a vecchi scandali italici ed a forchettoni Eccellenti, che di fatto hanno sancito l’unione perversa tra le due sponde del Tevere, dei politici e dei monsignori.

Partendo dagli albori della repubblica italiana, focalizziamoci sulla costruzione dell’aeroporto di Fiumicino, dal dopoguerra, sino all’inizio degli anni ’60. L’aeroporto di Fiumicino ha rappresentato uno dei primi e più grandi scandali della neonata Repubblica italiana.

Costruito con materiali infimi e su un terreno paludoso, senza nemmeno un’opera di drenaggio, dopo solo sei mesi fu dichiarato inagibile. Doveva sorgere a Casal Palocco, ma sorse a Fiumicino, doveva essere pronto nel 1950, lo fu nel ’61, doveva costare 15 miliardi alla fine gravò sulle casse dell’erario per quasi 80 miliardi di lire.

Tutto comincia nel 1947, quando il ministro dell’aeronautica Cingolati (secondo governo DC di De Gasperi), decide la costruzione per la capitale, di un nuovo aeroporto internazionale, in sintonia con quanto avveniva nelle altre capitali europee. Iniziano a circolare le idee e pian piano viene istituito un comitato cui viene dato l’incarico di effettuare i primi studi di fattibilità, la pianificazione dei costi e la definizione delle modalità di svolgimento dei lavori.

Il 20 gennaio il ministro invia una lettera al generale di squadra aerea Attilio Matricardi per nominarlo presidente del Comitato. Sei mesi dopo il generale si mise a rapporto dal ministro con la prima bozza.

Alle elezioni del 18 aprile 1948, la Democrazia Cristiana conquista la maggioranza assoluta dei seggi. Il repubblicano Randolfo Pacciardi è nominato ministro della difesa e comincia ad occuparsi di Fiumicino.

Per prima cosa trasferisce la competenza della progettazione dell’aeroporto dal comitato Matricardi alla direzione generale del demanio aeronautico. Si elaborano così progetti su progetti, varianti su varianti e viene fissato il termine temporale della conclusione dei lavori improrogabile: entro l’anno santo, ossia il giubileo del 1950.

Viene anche commissionato un ennesimo progetto ad un privato, l’ingegner Mario Righelli, con ottime referenze, essendo un dipendente della Immobiliare Vaticana.

Nel 1949 il Parlamento stanzia le prime risorse per Fiumicino, un bilancio preventivo di 4 miliardi e mezzo. Nel frattempo, Pacciardi affida alla ditta edile Manfredi il compito di avviare i lavori. Ma in seguito ad alcune obiezioni sollevate dalla ditta – secondo le quali i lavori sarebbero più onerosi del previsto – sorgono dei contrasti con il ministro dei Lavori Pubblici che si concludono felicemente con una soluzione.

Pacciardi, con non poca superficialità, acquista da Manfredi un appartamento per la moglie che diventa anche azionista di una delle società immobiliari della famiglia Manfredi. I lavori a Fiumicino riprendono. Per gli appalti però è battaglia, con minacce e fuochi incrociati. Nel febbraio 1959 il presidente della commissione tecnica per Fiumicino, il generale Fernando Silvestri, si suicida misteriosamente, sparandosi un colpo di pistola alla tempia. Una macabra analogia presente in altre situazioni di scandali politici.

Andreotti è serafico: “Caso ereditario, suo padre si uccise alla stessa età”. Si annuncia che l’aeroporto sarà pronto per le Olimpiadi del 1960, ma i lavori vanno a rilento.

Per trovare l’area adatta alla sua costruzione ci fu un defatigante balletto sui terreni, con fondati sospetti di brogli, mazzette e arricchimenti enormi. Scartata la Magliana, per via dei terreni già espropriati, la Direzione generale del Demanio marittimo accentrò l’interesse su altre tre aree, Castel di Decima, Casalpalocco e Fiumicino. Casalpalocco, ad esempio, con i suoi mille ettari ancora intatti tra Ostia, via Ostiense e la pineta di Castelfusano e il tracciato di quella che sarà la via Cristoforo Colombo viene ritenuta ottimale.

I tecnici propendono per una sola soluzione, di gran lunga più vantaggiosa, la più vicina, tecnicamente idonea, priva di insediamenti abitativi, ben collegata e disponibile ad eventuali ampliamenti: Casal Palocco a sud ovest della capitale sulla Cristoforo Colombo.

Ma ecco i primi contrasti, su questa zona aveva già messo gli occhi la SGI (Società Generale Immobiliare) del Vaticano. Non solo, ma interesse aveva mostrato anche Italcable per la realizzazione di una centrale elettrica, nonostante il ministero delle Poste, abbia invitato l’Italcable ad accantonare il progetto per la centrale.

Parrebbe che l’ing. Golinelli, Dg. dell’Italcable e membro del consiglio di amministrazione dell’Immobiliare Vaticana – non ne abbia comunicato la decisione al comitato Matricardi.

Tra le tante ipotesi si fa strada l’area di bonifica del porto, a Fiumicino, di proprietà della duchessa Anna Maria Torlonia, vedova Cesarini Sforza. I beni della duchessa Torlonia – valutati 20 miliardi di lire – sono amministrati dall’ex gerarca Nannini. in ottimi rapporti con l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giulio Andreotti.

La contessa del resto non è nuova e questo tipo di operazioni, la bonifica della conca del Fucino aveva in effetti notevolmente incrementato il valore del patrimonio fondiario della famiglia (va ricordato che la zona di Avezzano rimase fino al secondo dopoguerra terra di latifondo, e assai ricca per la recente redenzione della terra). La modernizzazione della potenza economica dei Torlonia si radicò profondamente quindi in questo territorio.

Così mentre l’Immobiliare comincia a costruire a Casal Palocco, il ministero dei lavori Pubblici affida alla società Ires – una concessionaria dell’Italcable – l’esame dei rilievi stratigrafici dei terreni per il nuovo aeroporto. Nell’ aprile del 1948, la scelta stranamente cade sui terreni Torlonia. Nel giro di una sola mattinata, i tecnici dell’Ires eseguono i sondaggi stratigrafici dei 94146 ettari del fondo Torlonia a Fiumicino. Una zona paludosa.

Pur non essendo un’area molto indicata per via del suo fondo eccessivamente acquitrinoso, il terreno misura 94 mila ettari, ne verranno acquisisti 91146.

Il comitato Matricardi ne valuta il prezzo, fissato inizialmente in 405 mila lire per ettaro, ma già nel ‘48 il prezzo sale a 840, (mentre una stima dell’ufficio erariale lo valuta 380), l’ufficio del demanio del comando della terza legione aerea si esprime per 600 mila ed il ministero dei lavori pubblici, esperti in materia poco più di 300 mila.

Nel dicembre dello stesso anno, il prezzo del fondo Torlonia  sale a 840000 lire. Sempre in dicembre, l’ufficio tecnico erariale, in contrasto con il comitato Matricardi, stabilisce che ogni ettaro dello stesso terreno non vale più di 380000 lire.

L’amministratore Nannini contatta l’amico Giulio Andreotti che come al solito, sistema il tutto. Lo stato infine lo acquista ad un prezzo fissato di 754 mila ad ettaro. Una valutazione molto vicina alla massima delle stime. I giornali riportano anche la vicenda di un privato che tempo prima, aveva acquistato un terreno attiguo per sole 60000 lire all’ettaro.

Nel 1951 il ministro Pacciardi trasferisce ulteriormente l’incarico della progettazione dell’aeroporto dalla direzione del demanio aeronautico alla direzione generale dell’Aviazione Civile e costituisce anche uno speciale “ufficio progetti” esclusivamente per Fiumicino.

E’ a questo punto che entra in scena come capo dell’ufficio progetti, il solito Amici.

Da questo momento il colonnello Amici diventa il deus-ex-machina dell’ufficio progetti. Amici, già condannato per collaborazionismo con i tedeschi, (pena condonata dall’amnistia), viene sospeso dal servizio ma riammesso con il grado di colonnello nel periodo che va dal 1943 al 1950, infatti, si era dedicato anima e corpo agli immobili, tirando su qualcosa come una quindicina di società, tutte operanti nel settore edile.

Consulente di imprese edili molto amico di personaggi dell’Azione Cattolica, di monsignor Angelini, di padre Lombardi. Amici intestò le sue società a moglie, figli, amici e parenti, e con il metodo della licitazione privata, quindi senza aste pubbliche, assegnava gli appalti direttamente a tutti. Il motivo si disse all’epoca: l’urgenza della realizzazione dell’opera!

La sua attività è a dir poco frenetica: in sette anni riesce a spendere qualcosa come ventiquattro miliardi di lire senza che un solo pilastro, un muretto, un argine, una bonifica, venga costruita in quel desolato suolo di Fiumicino. 

Nel frattempo il colonnello Amici, su incarico di monsignor Angelini, realizza attraverso imprese intestate alla moglie, al figlio e al cognato, tutti ex dipendenti, la Chiesa di San Leone Magno e il centro Pio XII “Per un mondo migliore”.

Tra gli amici del colonnello Amici figurano l’ex gerarca fascista Nannini – amministratore dei terreni Torlonia a Fiumicino –l’impresario edile Manfredi, il presidente dell’azione cattolica Saltarello. Per le polemiche ci pensa Andreotti: “Chi fa osservazioni gravi contro Amici non è tra le persone oneste” tuona.

Il ministro Togni che passa i mesi girando per l’Italia a posare pietre di opere pubbliche qua e là, nella sola Livorno ne posa sedici in cinque ore, a Casalpusterlengo quattro in mezz’ora, a Pesaro, per la fretta, nell’euforia della cerimonia inaugurale del nuovo molo, finisce addirittura in mare.

L’8 febbraio del 1958, lo stesso Togni decide di fare un sopralluogo, accompagnato dal sottosegretario all’aviazione civile ed alti ufficiali dell’aeronautica. Dell’aeroporto nessuna traccia, solo una palude desertica. Togni decide quindi di affidare all’ingegner Giuseppe Rinaldi il compito di portare a regime i lavori.

 La ditta in cambio si impegna gratuitamente a costruire la nuova sede del partito (Dc) all’Eur.

 Fine Prima Parte.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 19/12/2022