Perché “Bella ciao” è vista con ostilità dai partiti di destra?

Interessante ricerca del prof. John Keating sull’origine della canzone

L’articolo del prof. John Keating - Dottore di Ricerca in Storia Antica e specializzato in Storia delle Origini Cristiane - pubblicato su Quora solleva la curiosa e impegnativa domanda «Perché “Bella ciao” è vista con ostilità dai partiti di destra?» a cui l’Autore propone una documentata spiegazione.

Evidenziamo, per i lettori, che Quora è una piattaforma forum dove gli utenti possono pubblicare domande e risposte su qualunque argomento.

La domanda, sollevata nell’articolo, contiene tutti gli elementi per accendere una polemica storico-ideologica che, in ogni caso, non si esaurirà facilmente in una soluzione condivisa dalle parti in causa.

È interessante e sorprendente il fatto che la “vulgata ufficiale” del nuovo corso politico-istituzionale, già dal primo dopoguerra, abbia sempre dato per scontato che la canzone “Bella ciao” fosse un’espressione culturale dell’esperienza resistenziale. Almeno così è stata recepita dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.

Infatti, se è possibile confermare la correttezza del processo storico di un particolare evento (nella fattispecie la storia di questa canzone), altro discorso è quello di conciliare le divisioni ideologiche che l’oggetto della discussione ha cristallizzato e radicalizzato nel tempo.

L’auspicio è che l’eventuale discussione, che potrebbe nascere in merito, possa offrire l’occasione per ulteriori contributi chiarificatori di conferma o oggettivamente alternativi. Il tutto potrà raggiungere l’obiettivo auspicato se il dibattito si terrà nei limiti dell’onestà intellettuale e nel clima di una serenità dialettica.

Buona lettura e riflessione (m.b.).

 

John Keating

Perché "Bella Ciao" è vista con ostilità dai partiti di destra?

NESSUN PARTIGIANO Cantò MAI BELLA CIAO

La cantavano i partigiani della Val d’Ossola. anzi no: quelli delle Langhe; oppure no, quelli dell’Emilia, oppure quelli della Brigata Maiella.

Sono sciocchezze.

Le sue origini sono di molto precedenti e assai incerte: le mondine delle Langhe la cantavano negli anni 20 del XX secolo, con altre parole, ovviamente.

Eppure sembra che la melodia risalga a una nenia veneto-dalmata o, secondo un'altra ipotesi, meno fondata, a una villanella genovese del secolo XVI.

In ogni caso ’la più antica incisione della melodia in questione è del 1919, in un 78 giri del fisarmonicista tzigano Mishka Ziganoff, intitolato “Klezmer-Yiddish swing music”. I

Il Kezmer è un genere musicale yiddish in cui confluisce anche la musica popolare slava, il che rende plausibile l'origine veneto-dalmata della melodia.

Quanto al testo, "partigiano", su Wikipedia compare una verbosa dissertazione in cui si racconta di una “scoperta” documentale nell'archivio storico del Canzoniere della Lame che proverebbe la circolazione della canzone tra i partigiani fra l’Appennino Bolognese e l’Appennino Modenese: ma è una notizia falsa. Nell’archivio citato da Wikipedia non vi è alcuna traccia documentale di “Bella ciao” quale canto partigiano.

Quel che sia, tra i partigiani circolavano fogli dattiloscritti con i testi delle canzoni da cantare, ed in nessuno di questi fogli è contenuto il testo di Bella ciao. Si è sostenuto che il canto fosse stato adottato da alcune brigate e che fosse addirittura l’inno della Brigata Maiella. Sta di fatto che nel libro autobiografico di Nicola Troilo, figlio di Ettore, fondatore della brigata, c’è spazio anche per le canzoni che venivano cantate, ma manca ogni accenno a Bella ciao, tanto meno alla sua eventuale adozione come “inno”. Anzi, dal diario di Donato Ricchiuti, componente della Brigata Maiella, caduto in guerra il 1° aprile 1944, si apprende che fu proprio lui a comporre l’inno della Brigata: “Inno della lince”

Mancano dunque documenti coevi e neanche negli anni dell’immediato dopoguerra si ha traccia di questo canto “partigiano”. Non vi è traccia di Bella ciao in Canta Partigiano edito dalla Panfilo nel 1945. Né conosce Bella ciao la rivista Folklore che nel 1946 dedica ai canti partigiani due numeri, curati da Giulio Mele.

Non c’è Bella ciao nelle varie edizioni del Canzoniere Italiano di Pasolini, che pure contiene una sezione dedicata ai canti partigiani. Nella agiografia della guerra partigiana di Roberto Battaglia, edita nel 1953, ampio spazio è dedicato ai canti partigiani. Non vi è però alcuna traccia di “Bella ciao”. Neanche nella successiva edizione del 1964, Battaglia fa alcuna menzione di “Bella ciao”.

Eppure, il canto era stato già pubblicato. È infatti del 1953 la prima presentazione Bella ciao, sulla Rivista “La Lapa” a cura di Alberto Mario Cirese. Ma si dovrà aspettare il 1955 perché il canto venga inserito in una raccolta: Canzoni partigiane e democratiche, a cura della commissione giovanile del PSI. Viene poi inserita dall’Unità il 25 aprile 1957 in una breve raccolta di canti partigiani e ripresa lo stesso anno da Canti della Libertà, supplemento al volumetto Patria Indifferente, distribuito ai partecipanti al primo raduno nazionale dei partigiani a Roma.

Nel 1960, la Collana del Gallo Grande delle edizioni dell’Avanti, pubblica una vasta antologia di canti partigiani. Il canto viene presentato con il titolo O Bella ciao a p. 148, citando come fonte un’aria “celebre” della Grande Guerra (?), che “durante la Resistenza raggiunse, in poco tempo, grande diffusione” (?!).

Nonostante questa enfasi, non c’è Bella ciao nella raccolta di Canti Politici edita da Editori Riuniti nel 1962, in cui sono contenuti ben 62 canti partigiani.

Sulla presentazione di Bella ciao nel 1947 a Praga in occasione della rassegna “Canzoni Mondiali per la Gioventù e per la Pace” non vi sono elementi concreti a sostegno. Carlo Pestelli racconta: «A Praga, nel 1947, durante il primo Festival mondiale della gioventù e degli studenti, un gruppo di ex combattenti provenienti dall’Emilia diffuse con successo Bella ciao. In quell’occasione, migliaia di delegati provenienti da settanta Paesi si riunirono nella capitale ceca e alcuni testimoni hanno raccontato che, grazie al battimani corale, Bella ciao s’impose al centro dell’attenzione», omettendo – però – di citare la fonte, per cui non si sa da dove tragga la notizia. Sta di fatto, che nei resoconti dell’epoca, non si rinviene nulla di tutto ciò: L’Unità dedica alla rassegna l’apertura del 26 luglio 1947, con il titolo “La Capitale della gioventù”. Nessun accenno alla presentazione di Bella ciao.

Sarà il Festival di Spoleto a consacrarla. Nel 1964, il Nuovo Canzoniere Italiano la presenta al Festival dei Due Mondi come canto partigiano all’interno dello spettacolo omonimo e presenta Giovanna Daffini, una musicista ex mondina, che canta una versione di Bella ciao che descrive una giornata di lavoro delle mondine, sostenendo che è quella la versione “originale” del canto, cui durante la resistenza sarebbero state cambiate le parole adattandole alla lotta partigiana. Le due versioni del canto aprono e chiudono lo spettacolo.

Sennonché, nel maggio 1965, un tale Vasco Scansiani scrive una lettera all’Unità in cui rivendica la paternità delle parole cantate dalla Daffini, sostenendo di avere scritto lui la versione “mondina” .

Nel 1974, salta fuori un altro presunto autore del canto, un ex carabiniere toscano, Rinaldo Salvatori, che in una lettera alle edizioni del Gallo, racconta di averla scritta per una mondina negli anni 30, ma di non averla potuta depositare alla SIAE perché diffidato dalla "censura fascista". Non è chiaro però che interesse avesse il regime a censurare un canto di mondine.

Insomma: un vero pasticcio. In ogni modo, la contraddittorietà delle testimonianze, l’assenza di fonti documentali prima del 1953, rendono impossibile che il canto fosse intonato durante la guerra civile.

E dunque - come sostengono Giorgio Bocca e Giampaolo Pansa, voci in quasi tutto discordi ma non su questo piccolo affare - “Bella ciao” non fu mai cantata dai partigiani. Ma il mito di “Bella ciao” come “canto partigiano” è così radicato, da far accompagnare il funerale di Giorgio Bocca proprio con quel canto che egli stesso diceva di non aver mai cantato né sentito cantare durante la lotta partigiana.

Tutto molto italiano.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 23/12/2022