La corruzione al Parlamento europeo, quali correttivi?

I viscidi rapporti tra politica ed economia

Dopo l’inizio dell’esplosione del Qatargate, stiamo assistendo alle patetiche dichiarazioni dei presunti ladroni che, seguendo filoni consolidati sostengono che rubavano per conto di altri o che i sacchi di soldi custoditi nei loro appartamenti erano destinati ad altri soggetti.

In più, ignorata da gran parte dei giornali, nei giorni scorsi è trapelata la notizia di un’intesa tra socialisti e popolari, tendente a circoscrivere i casi singoli, per lavare i panni sporchi in famiglia, senza troppi clamori che non potrebbero che accentuare la già conclamata e diffusa diffidenza nei confronti delle istituzioni comunitarie.

Il cittadino è sempre più attonito. Molti dettagli non sono ancora chiari, ma il caso è già percepito come uno dei peggiori scandali nella storia del Parlamento Europeo. La ragione è intuitiva: la corruzione scuote alle fondamenta la fiducia nelle istituzioni, con il risultato di indebolire la pretesa morale al rispetto dell’obbligazione politica.

Una premessa, non di stile, è d’obbligo, perché resta sempre ferma la presunzione di innocenza, fino a sentenza definitiva contraria, degli indagati.

In questo caso, peraltro, la cautela è ancor più rilevante proprio per il tipo di professionalità finita al centro dell’indagine. Il politico e il lobbista svolgono un’attività che è volta fornire rappresentanza a interessi di parte: certo c’è una differenza tra svolgere un mandato elettorale e uno professionale, ma in entrambi i casi si tratta di promozione di punti di vista che possono risultare controversi o problematici agli occhi della maggioranza dei cittadini.

Una anticipazione di giudizio nei confronti della liceità di certe condotte, insomma, può condurre alla criminalizzazione di un tipo di discorso pubblico che fa invece parte del nostro sistema liberaldemocratico.

Contro la tentazione di trattare “esemplarmente” il politico (o il lobbista), si deve peraltro evidenziare che, per un verso, esiste sempre una differenza tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che invece non lo è, e, per altro verso, che le notizie che filtrano sui giornali sono soltanto una parte della storia e, per di più, il punto di vista di un soggetto che è impegnato nel fare emergere i fatti a carico dell’indagato. Pertanto, è possibile che quegli stessi fatti, una volta sottoposti a processo di verificazione nel corso del contradditorio processuale, si rivelino infine addirittura non sussistenti.

Se la questione delle responsabilità individuali impone la massima cautela, ciò non esclude la possibilità di svolgere una riflessione sulle condizioni di sistema che possono favorire le occasioni di corruttela. Anche qui, è d’obbligo una ulteriore precisazione. Per quanto appaia scandalizzante, una certa misura di corruzione è probabilmente endemica al sistema politico. Non si tratta di schermarsi dietro al “così fan tutti”, bensì di adottare una prospettiva realista. Se c’era un ladro persino tra i dodici apostoli, la legge dei grandi numeri dovrebbe rendere meno sorprendente la loro presenza in assemblee molto più numerose.

Il piano su cui si deve operare è allora quello della prevenzione. Regolamentare le attività di lobbying è certamente la prima cosa da fare, avendo cura di individuare criteri tassativi che consentano di distinguere tra lecito e illecito. Più in generale, però, è necessario ridurre le proverbiali occasioni di “peccato”, operando sul rapporto tra politica ed economia.

Lo ha ricordato nei giorni scorsi, anche il ministro Nordio, in un’intervista al Corriere: «La ricetta è sempre la stessa: semplificare le procedure e individuare singole competenze e responsabilità. Il groviglio consente a intermediari di intervenire nell’ombra». Limitare l’intermediazione pubblica, al contempo salvaguardando la funzione di regolazione generale e astratta, è ancora una battaglia di modernizzazione e legalità.

L’aspetto etico e deontologico, come premesso, si colloca ben oltre alle responsabilità penali. La crisi della rappresentanza in Europa è dovuta al tipo di provvedimenti calati dall’alto sul cittadino degli Stai membri, inconsapevole e scettico sulla bontà dei diktat europei. Così i rinvii a giudizio, cadono sul scetticismo già rilevante dei cittadino.

 

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Articolo pubblicato il 23/12/2022