
A metà tra cronaca e opinionismo critico. La sostenibilità dell’ambiente è un soggetto ancora poco acquisito
A fine dicembre 2022 la Città Metropolitana ha investito 100.000 € per aggiornare il progetto del 2013 relativo alla Tangenziale Est di Torino. È già scontro aperto tra i fautori di un traffico di mezzi pesanti tolto dalle strade statali e provinciali, e un coro di Coldiretti, sigle ambientaliste e sindaci, in difesa del territorio che, in Italia, perde 2,2 m² di verde al secondo. Cittadini pro e contro la nuova bretella stradale si affrontano sui social, editori delle loro certezze.
Non è facile tentare di fare chiarezza, ma l’argomento è quanto mai di attualità e oltre a un debito dovere di cronaca, lo scenario conduce a un opinionismo tra pro e contro, e paradossi d’una sostenibilità poco percepita dalla nostra società.
La tangenziale di Torino (A55)
È un insieme di tratti autostradali che avvolgono la città, collegando tra loro la A4, la A5, la A6, la A21 e la A32 e con 25 tra barriere, raccordi e diramazioni verso il centro città o il tessuto urbano circostante. Iniziata negli anni 60 per sgravare il traffico pesante dal capoluogo, la A55 è stata terminata nel 1976, con effetti dapprima positivi, quindi imprevisti. Infatti, vista la morfologia del tracciato, che si snoda a pochi km dalla città e a contatto con la campagna, in pochi anni la seconda cintura periferica è stata oggetto di una massiccia migrazione residenziale verso i comuni adiacenti, dando origine a un intenso pendolarismo lavorativo.
Le code in tangenziale
Per questo motivo la A55, nata per il traffico autostradale, nelle ore di punta è spesso intasata da uno spostamento di residenti in uscita e in entrata in città. Inoltre, il tessuto abitativo e commerciale della periferia si è svalutato e spopolato, mentre il paesaggio agrario dei comuni adiacenti è stato sostituito da un intenso proliferare di casette e centri commerciali.
Oggi il traffico sulla A55 conta quasi 500.000 veicoli al giorno, di cui il 20% veicoli pesanti, con relative emissioni di CO2, mentre l’urbanizzazione ha prodotto un aumento del microclima al suolo fino a 4° centigradi (bolla di calore). La sinergia di questi e altri fenomeni, oggi va analizzata in un contesto più ampio e attuale, riferito a sostenibilità & variazioni climatiche.
Effetti collaterali e dati
Da tempo la metafora “dell’effetto farfalla” raffigura cause ed effetti di azioni che sono state all’origine dei progressivi cambiamenti climatici
“Dato ANSA del 30/12/2022 divulgato da SkyTG24: il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre, seguono il 2018, il 2016, il 2020. Trend torrido del XXI secolo confermato in prossima ascesa anche dalla NASA”
Mentre il Mondo sta facendo i conti con i propri errori e con l’effetto serra che ci arrostirà, la società dei consumi tarda a staccarsi da un modello di sviluppo ormai chiaramente obsoleto e dannoso.
L’emergenza energetica innescata dalla crisi del gas russo ha riattivato progetti virtuosi tendenti al risparmio, alle energie alternative e al rispetto del territorio, risorsa abusata. Non è più tempo di grandi opere autostradali, quanto di una riconversione del sistema primario che accorci la filiera, tendendo a un sistema produttivo più maturo, collegato con il territorio e ad un’economia km zero. Eppure, un’inerzia culturale rimasta indietro, troppo spesso rema ancora contro.
Il consumo di terreno e l’urgente riforestazione
La premessa è banale: ogni combustione brucia ossigeno ed emette CO2, solo gli alberi trasformano la CO2 in ossigeno. La deforestazione del pianeta va fermata e occorre una massiccia piantumazione. I professionisti della bioarchitettura lo hanno capito e si stanno muovendo in direzione corretta. Sono ancora pochi però.
Milano si sta proponendo come città Foresta. Il progetto Forestami, ha già piantato 500.000 alberi in nuovi parchi della Città Metropolitana. Progetti lungimiranti in un Paese dove il continuo consumo di terreno, bene non rinnovabile, prosegue nell’indifferenza degli interessi a breve termine.
La variante est della A55 e il suo anacronismo
La variante est della tangenziale A55 dovrebbe completare l’anello intorno a Torino, ma a favore di chi? Gli ultimi progetti della bretella est sono stati deposti nel 2013, causa scarsità di fondi e ripercussioni sull’ecosistema. Dopo 10 anni il progetto è stato ripreso con la proposta della Gronda, che presenta inevitabili, importanti opere da realizzare in un territorio rurale molto fertile, destinato a veder mutato per sempre il volto.
L’opera è stata definita dal consigliere della lega Gianluca Gavazza come indispensabile e strategica, destinata a sgravare la rete stradale collinare, dal transito di mezzi pesanti. Le prime indiscrezioni tratteggiano una superstrada con due corsie per senso di marcia, con un percorso di 22 -30 km che, partendo da Santena, collega la A21 per Piacenza, alla A4 TO-MI. Una tangenziale con svincoli per Pessione, Chieri, Andezeno, Sciolze-Rivalba che, dopo una galleria, andrebbe a innestarsi nella rotonda del nuovo ponte sul Po dopo Gassino.
Da un punto di vista storico e territoriale.
Di recente, una nuova cultura dell’habitat sta architettando un futuro più sostenibile anche per i trasporti, eppure… La variante est della tangenziale di Torino era un’opera quasi logica fino agli anni 90. Se l’attuale motivo trainante del nuovo progetto è lo sgravio dell’ipotetico transito pesante sulle strade collinari poi, il pretesto non soddisfa i requisiti.
La nuova bretella qualche vantaggio lo ha, ma sarebbe soprattutto un ghiotto taglio di circa 60 km per il traffico da e verso Milano, in direzione Piacenza e Savona che eviterebbe a TIR e vetture di circumnavigare Torino, con una imponente deviazione di traffico sulla nuova bretella. Grande festa per chi torna e va dalla sua villetta appena fuori Torino.
Invece, l’economia locale della collina e del chierese avrebbe comunque bisogno di essere rifornita in modo capillare e perciò, in tal senso, la tangenziale est non porterebbe beneficio, anzi.
Dunque, prima di approvare un “requiem” per l’ecosistema e far partire le ruspe per alleggerire dal traffico l’anello esistente, come auspicato dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo, (che ha aperto un tavolo di confronto con 34 sindaci del comprensorio interessato), le autorità farebbero bene a riflettere sia sullo scempio di un territorio ancora integro, sia con una serie di prevedibili contraccolpi, figli di una storia già vista (nuova edilizia residenziale nei dintorni della tangenziale). Ipotizzare poi un legittimo desiderio politico che dimostri di voler riaprire e infine chiudere cantieri da troppo tempo imbrigliati dalla burocrazia, ha un senso per la A33 Casale-Asti-Cuneo, da un'eternità a pochi km dalla conclusione, ma la variante est è ancora tutta boschi e campagne.
Nell’arco di settant’anni la Pianura Padana è stata cementificata senza sosta, causa aggiunta, provata e misurata dal fattore lambda, della variazione del clima. Non piove più, la logica suggerisce: “basta”. Un ulteriore nastro d’asfalto edificato rinnegando una nascente cultura ambientale cosciente e coerente, attualmente rappresenta una scelta che spalanca uno scenario di protesta che già si è espresso dalla voce NO TangEST dei sindaci di alcuni paesi interessati, da associazioni ambientaliste e semplici cittadini.
Disaccordi simili alle proteste dei NO TAV che da anni si oppongono a una Torino Lione colpo di grazia per la bassa Valle di Susa. Purtroppo la natura non ha avvocati difensori per replicare allo sviluppo in accelerazione costante che sta uccidendo il Pianeta.
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Articolo pubblicato il 03/01/2023