La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Tragica rapina in un appartamento di piazza Amedeo Peyron 28

Alle 22:40 di venerdì 1° marzo 1985 al 113 arriva una telefonata anonima che avverte di andare in un alloggio di piazza Amedeo Peyron 28 perché c’è una donna legata.

Accorrono gli agenti di una volante e trovano una anziana donna che giace legata e imbavagliata in camera da letto e dà ancora deboli segni di vita. Mentre via radio si intrecciano gli appelli alle ambulanze e alla guardia medica, i poliziotti si prodigano per rianimarla con la respirazione bocca a bocca, ma invano. Muore così, senza riprendere conoscenza, Agostina De Bernardi, pellicciaia di 75 anni, soffocata dal bavaglio che i rapinatori le hanno stretto sulla bocca. Una morte assurda che gli stessi aggressori hanno cercato di evitare, telefonando alla Polizia e lasciando socchiusa la porta d’ingresso dell’alloggio per affrettare i soccorsi.

Agostina De Bernardi lavorava come pellicciaia in un elegante alloggio al quarto piano del palazzo di piazza Peyron 28, all’angolo di via Carlo Tenivelli: delle cinque camere, tre sono adibite a laboratorio, con pelli e pellicce dappertutto. Viveva da sola, dopo la morte della sorella avvenuta lo scorso inverno, anche lei pellicciaia. Continuava questa attività, anche se in scala ridotta, a causa dell’età avanzata.

Questa la ricostruzione dell’aggressione che ha portato alla sua morte, avvenuta presumibilmente nel pomeriggio del 1° marzo, perché in tarda mattinata è stata vista dai vicini di casa.

Il colpo è stato verosimilmente preordinato: gli inquilini sostengono che al mattino di venerdì hanno trovato la serratura del portone dello stabile forzata. La porta dell’alloggio della De Bernardi, invece, non ha segni di scasso. Potrebbero essere entrati facendosi aprire con uno stratagemma «C’è un telegramma» oppure «Consegna di fiori». Poi l’hanno immobilizzata sulla porta, colpita al capo con il calcio di una pistola o con un pugno, trascinata in camera da letto, legata e imbavagliata sul letto per impedirle di gridare e di allarmare i vicini. Non hanno avuto ostacoli a saccheggiare l’alloggio dove hanno rovesciato tutti i cassetti, persino forzato la porta di un armadio. Non si sa cosa abbiano portato via.

Per Agostina, bloccata in camera da letto, con piedi e mani legati, è iniziata l’agonia: si è inutilmente divincolata, ma il bavaglio l’ha progressivamente soffocata. Inizialmente le cronache parlano di una coperta gettata sul volto, poi di un foulard stretto sulla bocca.  Gli aggressori si sono accorti che stava male, sono fuggiti senza chiudere la porta, hanno telefonato al 113 per avvertire che in piazza Peyron c’era una donna legata: alle 22:40 di venerdì, la Polizia ha trovato la porta accostata. Purtroppo, Agostina è morta, malgrado i tentativi di soccorso, ma gli assalitori non avevano programmato di ucciderla.

Forse sapevano che non avrebbero avuto difficoltà per entrare nel suo alloggio. Agostina aveva continuato a fidarsi della gente malgrado varie precedenti aggressioni. I vicini di casa raccontano volentieri che in passato è stata più volte vittima di rapinatori.

Lo conferma la consultazione dei giornali: nel 1980 è stata aggredita in casa da due giovani, uno armato di pistola, che volevano rapinarla. Alle 13:00 hanno suonato, lei ha aperto, loro hanno cercato di spingerla all’interno, lei si è opposta e si è messa a gridare. Prima di fuggire, i due l’hanno colpita al capo col calcio della pistola: è stata medicata all’Ospedale Maria Vittoria e giudicata guaribile in 15 giorni.

Nel 1981, i rapinatori erano due giovani e una ragazza che si sono presentati nel pomeriggio. L’hanno minacciata, picchiata, lei ha urlato e ne ha morsicato uno alla mano. Sono accorsi i vicini e i rapinatori sono fuggiti. Lei è stata medicata al Maria Vittoria per lievi contusioni.

Nel 1983, si sono introdotti nel suo alloggio due giovani, qualificandosi come tecnici della SIP che dovevano controllare l’impianto telefonico. L’hanno minacciata con una pistola e un coltello e lei ha dovuto dire loro dove teneva il denaro: un milione in contanti. Poi l’hanno legata e imbavagliata.

Secondo i vicini, pochi giorni prima Agostina è stata derubata per strada, mentre andava a consegnare due pellicce a una cliente. Malgrado tutte queste disavventure, la pellicciaia non prendeva precauzioni, il suo alloggio non aveva misure di sicurezza, soltanto la porta semi blindata. Ma quando le suonavano il campanello, lei apriva sempre, a tutti, senza nessuna cautela. L’ultima volta le è stata fatale.

Lo dice in modo eloquente il titolo di Stampa Sera del 2 marzo: Alla quarta rapina è morta soffocata.

Le indagini sono condotte dal capo della Squadra Mobile, Piero Sassi, dal suo Vice Aldo Faraoni, dal dottor Di Guida della sezione omicidi, e dal sostituto Procuratore dottor Marabotto. Le cronache, in parte, sono firmate dal valoroso giornalista Ezio Mascarino. È lui a riferire, domenica 3 marzo, che «Gli assassini hanno un volto»: sarebbero due giovani che sono stati visti mentre scendevano di corsa le scale. Lo ha affermato il dottor Di Guida: «Gli assassini sarebbero due giovani, sui 25-30 anni. Abitano nel quartiere?». Il successivo 5 marzo Di Guida spiega che le indagini proseguono e che probabilmente si tratta di giovani del quartiere. Sono indicazioni promettenti, formulate a nemmeno una settimana di distanza dal delitto, ma che non si concretizzano ulteriormente.

Quando a fine anno 1985, il giornalista Angelo Conti, su La Stampa del 29 dicembre, sotto il titolo Dieci «gialli» ancora da risolvere, ricorda come l’anno in via di conclusione abbia lasciato dieci misteri, dieci omicidi non risolti commessi a Torino e cintura. Uno di questi è quello di Agostina De Bernardi che, come si dice in questi casi, attende ancora verità e giustizia.

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Articolo pubblicato il 27/01/2023