Berlusconi vende il Giornale!

Con la cessione del Giornale ad Angelucci, già editore di Libero e Il Tempo, si profila un nuovo polo editoriale riconducibile al centrodestra.

La notizia era nell’aria da settimane, ma tuttora viene smentita dalla proprietà, Solo perché è necessario certificare i bilanci prima dell’effettiva cessione.

“La famiglia Berlusconi vende “Il Giornale”: pronto il passaggio delle azioni alla famiglia Angelucci”. 

 

A comunicarlo è stato Nicola Porro, vicedirettore della stessa testata, su Twitter. L’operazione, si legge sul “Corriere della Sera”, prevede “la cessione dell’intero pacchetto azionario: la quota in capo a Paolo Berlusconi (71,5%), fratello dell’ex presidente del Consiglio, che avrebbe già firmato l’accordo, quella detenuta dalla Mondadori (18,4%) presieduta dalla figlia del Cavaliere, Marina Berlusconi, e quella della famiglia Amodei (9,9%), concessionaria di pubblicità”.

 

Per coloro che ricordano il bieco conformismo degli inizi degli anni ’70 e ricorda il coraggio e i pericoli che correva chi ostentava la lettura de “Il Giornale” sui mezzi pubblici, stenta a credere alla notizia, ma i tempi cambiano e velocemente.

La famiglia Berlusconi vende dunque lo storico quotidiano fondato da Indro Montanelli il 25 luglio 1974, dopo l’addio al ‘Corriere della Sera’.

Anche dopo il suo ingresso in politica Silvio Berlusconi ha sempre garantito autonomia editoriale alla creatura montanelliana, anche se lo storico fondatore non fu di questo avviso, tanto che fondò, nel 1994, La Voce, proprio in contrapposizione al Giornale, sperando di riuscire a far perdere le elezioni politiche a Berlusconi, che invece le stravinse. Peraltro con Vittorio Feltri al timone la testata toccò livelli di vendita mai raggiunti con Montanelli.

Di per sé non sarebbe una notizia eclatante, ma lo diventa perché l’acquirente è già un soggetto noto nel mondo dell’informazione, essendo editore di altri due quotidiani: Il Tempo e Libero Quotidiano. Questo significa che sta per nascere una sorta di nuovo polo di centrodestra dell’editoria, in competizione con il gruppo Rcs-Corriere della Sera, il gruppo Gedi La Stampa-Repubblica in caduta libera come numero di lettori e prestigio, il gruppo Riffeser-Monti (Quotidiano Nazionale-Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno), il gruppo Caltagirone (Il Messaggero-Il Mattino-Il Gazzettino di Venezia), solo per citare i principali soggetti dell’attuale galassia editoriale italiana.

Ritornando ai ricordi, Il Giornale nel tempo ha sbiadito la sua impronta liberale ed è apparso spesso appiattito sulla narrazione berlusconiana, in particolare con l’attuale direzione di Augusto Minzolini.

Ora, però, i Berlusconi non se la sentono di continuare a puntare su una testata in deficit da molti anni (8 milioni le perdite registrate nel 2021) e, stando a voci attendibili, si attende solo il comunicato ufficiale del passaggio di proprietà.

L’attenzione di coloro cui sta a cuore la libertà d’informazione nel nostro paese è concentrata su quali effetti produrrà questa novità sul mercato editoriale.

Il Comitato di redazione, com’è naturale, chiede garanzie di «tutela dei posti di lavoro e delle competenze di una redazione che - si legge in un comunicato - ha già visto assottigliarsi pesantemente l’organico (sceso da 80 a 51 redattori solo negli ultimi 4 anni) e che ha sempre contribuito a sanare le difficoltà economiche della testata».

Per quanto riguarda la riorganizzazione delle redazioni del Giornale e degli altri quotidiani del gruppo Angelucci, si parla già di un ritorno di Alessandro Sallusti alla guida del quotidiano di via Negri e della nomina di Pietro Senaldi a direttore di Libero Quotidiano.

Bisognerà capire come si differenzieranno, sul piano contenutistico, le tre testate, al fine di non diventare fotocopie l’una dell’altra e di non perdere altri lettori. Si punterà sulle sinergie, anche sul fronte multimediale?

Probabilmente Libero si concentrerà sui lettori del Nord, cavalcando battaglie federaliste, autonomiste e in difesa delle ragioni dei ceti produttivi, mentre il Giornale manterrà una connotazione più trasversale e nazionale, sposando le battaglie del centrodestra ma senza identificarsi con una forza politica.

Tra le riflessioni che possiamo esprimere, la prima riguarda l’assenza nel nostro Paese di editori puri. Angelucci, tanto quanto la famiglia Berlusconi, possiede altre attività imprenditoriali ed è anche impegnato in prima persona in politica.

 

E’ una situazione comune a tutti gli altri principali editori nazionali, il che pone le condizioni per la permanenza di una ingombrante ipoteca sull’autonomia dell’informazione italiana. Il giornalismo non dovrebbe mai essere militante, i giornalisti non dovrebbero mai indossare un elmetto e difendere posizioni partitiche, perché altrimenti l’informazione si trasforma in propaganda.

 

Ecco perché, dal punto di vista dell’indipendenza dell’informazione, è una notizia da seguire la formazione di un polo editoriale di centrodestra.

 

Un conto è alimentare una cultura di destra, una visione di economia e di società riconducibile a pensatori di quell’area, altra cosa è trasformare tre testate in altrettanti fogli di propaganda di centrodestra.

 

C’è da augurarsi che ciò non accada, sia per la qualità dell’informazione in Italia che per il futuro politico dello stesso centrodestra, che con un’eccessiva autoreferenzialità editoriale rischierebbe prima o poi di implodere.

 

Il fenomeno si è già verificato sull’altro versante, visto che il gruppo Gedi se la passa male e le copie di Repubblica e La Stampa colano a picco anche per un’eccessiva faziosità in favore della sinistra, urticante per quanto riguarda La Stampa, in particolare.

Altro tema succoso riguarda i finanziamenti all’editoria.

 

Con il Covid sono aumentati gli aiuti indiretti dello Stato alle aziende editoriali. Quest’anno gli editori avranno un sostegno in più da parte dei colossi della Rete, che saranno obbligati a versare nelle loro casse ingenti somme per la condivisione dei contenuti giornalistici.

 

Potrebbe essere un toccasana, il tanto agognato ossigeno per rivitalizzare un mondo editoriale in agonia. L’importante, però, è che quelle somme vengano reinvestite dagli editori in tecnologie, forza lavoro e formazione dei giornalisti e vengano erogate sulla base di parametri meritocratici legati alla qualità dell’informazione.

 

Anche per questo c’è grande attesa per la versione definitiva del Regolamento Agcom di attuazione della nuova regolamentazione sul copyright, che definirà nei dettagli quei parametri.

Per completezza di informazione ai nostri lettori, precisiamo che l’editore di Civico20News, Natalino Gori, è un editore puro e non riceve alcun finanziamento dagli enti pubblici, per cui l’indipendenza della Direzione e della redazione viene garantita. Particolare che di questi tempi, non è di poco conto!

 

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Articolo pubblicato il 05/01/2023