Il Latino America in fiamme

Quelle che possono sembrare semplici proteste o insorgenze politico-sociali, in realtà nascondono un quadro di disagio ben più ampio.

Come insegnava quasi un secolo fa Curzio Malaparte nel suo “Tecniche del colpo di Stato”, un golpe si realizza con l’appoggio di media, mondo imprenditoriale, Stato profondo, Forze armate e solo in ultimo, e non necessariamente, manifestanti per le strade.

Il governo brasiliano ha chiesto di indagare l'ex presidente della repubblica, Jair Bolsonaro, per un presunto tentativo di colpo di stato (avvenuto pochi giorni fa). La decisione è stata presa dopo il ritrovamento di una bozza di decreto, nella casa dell'ex ministro della giustizia, Anderson Torres, che ipotizzava il ribaltamento del risultato delle elezioni di ottobre vinte da Lula. "L'arresto di Torres è inevitabile, ora occorre indagare sulla partecipazione dell'ex presidente Bolsonaro e prendere le misure necessarie per i reati contro lo stato democratico di diritto", ha detto il capogruppo della maggioranza al senato, Randolfe Rodrigues.

La proposta di decreto, elaborata dopo la sconfitta di stretta misura di Bolsonaro contro il presidente Lula, avrebbe stabilito uno "stato di difesa" d'emergenza per l'autorità elettorale nazionale, il tribunale elettorale superiore, aprendo la porta a un'alterazione del risultato.

Nella capitale del gigante latino-americano c’è stato l’epilogo di anni di polarizzazione e il prodromo di quello che avverrà nei prossimi quattro anni. Un’ipoteca sul futuro della nazione più importante dell’America Latina, che potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per tutta la regione.

Già una regione che patisce tensioni anche in Messico e nel Perù. In quest’ultimo paese nazionalisti e militari mal sopportano le posizioni ultra-socialiste di “Perù libero”, partito sia dell’ex presidente Pedro Castillo (accusato di impeachment), sia dell’attuale Presidente Dina Boluarte. La tensione sociale si fa sempre più accentuata.

Stessa cosa avviene in Messico, dove il governo socialista del Presidente Obrador (detto, AMLO) è malvisto sia dagli esponenti dello storico PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale), sia dai narcotrafficanti del cartello di Sinaloa. Dopo l’arresto del figlio di “El Chapo” Guzman, in tutta la provincia e nell’aeroporto regionale si sono scatenati disordini.

Questa perenne situazione di instabilità è chiaramente dovuta all’influenza-ingerenza americana nei rispettivi paesi latinoamericani. La cura da parte di Washington del cosiddetto “giardino di casa” risulta fondamentale per mantenere ampia e larga la propria prima linea di difesa. Estendendo la propria egemonia globale a partire proprio dal loro stesso continente. Non è un caso che di tanti stati americani siano solo loro ad essere chiamati “gli Americani”.

Questi disordini sociali e politici, in regioni chiave come il Perù, il Brasile e il Messico non sono quindi casuali. Sono al contrario l’effetto di un cambiamento che si sta compiendo all’interno del Continente americano. Il Perù e il Messico erano storicamente i vicereami più importanti dell’Impero coloniale spagnolo, rispettivamente nel sud e nel centro dell’America. Il Brasile era il centro del potere stesso del Portogallo imperiale sul Mondo.

Il fatto che proprio in questi paesi ci siano sommosse e movimenti intestini avversi è indice del fatto che il potere degli Usa su di esse sta tremendamente traballando.

L’America, come tutto l’Occidente liberale è scosso a livello sistemico. Diviso nel suo tessuto sociale più profondo. Con degli “stati profondi” nei rispettivi Paesi assolutamente in crisi d’identità. Le pedagogie nazionali stanno scomparendo per lasciare spazio al senso di colpa verso quello che hanno fatto i loro antenati verso altre etnie e verso la Natura. La visione fluida e neomalthusiana da un lato (Bill Gates Foundation), e quella di un rinnovato scientismo “neoricardiano” dall’altra (vedesi Elon Musk); fanno da corollario ad una crisi di costumi e di visione che investe l’intera società occidentale. Di questa situazione ne sono ben consapevoli le Nazioni imperiali che intendono emergere e scalzare il dominio americano. Prime fra tutte, spiccano in mezzo ai BRISC, la Cina e la Russia. Rispettivamente autentici competitor sul piano commerciale e militare.

I disordini di questi giorni non sono che l’inizio e la manifestazione di una crisi ben più profonda, presente nel sistema stesso occidentale. Il mondo come lo conoscevamo sicuramente cambierà, ma il processo di questa mutazione è già in atto. Parafrasando un noto cantautore italiano è proprio il caso di dire che “la Storia siamo Noi”.

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Articolo pubblicato il 14/01/2023