Ambiente. Chi scatena la guerra contro l’automobile, quali obiettivi politici persegue?

Le tante ipocrisie degli ambientalisti

L’automobile è tornata protagonista del dibattito pubblico a Torino in particolare e nei Paesi produttori.

Da un lato, la decisione europea di vietare l’immatricolazione di nuovi veicoli a combustione interna dal 2035 ha messo in crisi l’industria automotive europea, con specifico riferimento alla componentistica che verrebbe praticamente azzerata.

Dall’altro, la proposta di imporre un limite di 30 km all’ora nell’intera città di Milano ha suscitato una forte discussione sul rapporto tra l’auto e la città. Inoltre, non pochi rivelano tranquillamente che queste policy hanno in realtà un obiettivo più ambizioso: ridurre il numero di auto in circolazione.

E’ un proposito ragionevole? La risposta immediata è: no, si tratta di un attacco alla libertà di ciascuno di organizzare la propria vita.

La risposta lunga è un poco più articolata e richiede, anzitutto, una premessa.

Se il mondo di domani sarà caratterizzato da una maggiore o minore diffusione dei mezzi privati, dipende da mille variabili, quali le preferenze individuali e ovviamente la disponibilità di alternative (trasporto pubblico, sistemi di car sharing o ride sharing, ecc.), che a sua volta influenzano le preferenze individuali.

Ciò che le persone cercano, quando acquistano un’auto, non è il possesso del veicolo in sé e per sé (anche se, per qualcuno, anche questo può essere un elemento importante). Ma, in generale, l’auto rappresenta la migliore garanzia di potersi spostare liberamente, tenuto anche conto dell’età e dello stato di salute dei possessori. Quanto più ci saranno alternative per garantire questa facoltà, tanto meno l’auto avrà un significato così profondo come ce l’ha adesso. Ma, finora, queste alternative non sono in grado di assicurare la medesima libertà.

Questo non significa che non possano esservi delle ragioni dietro le specifiche proposte.

Ridurre gli impatti ambientali dell’utilizzo dell’auto è un obiettivo che può essere condivisibile, così come lo è fluidificare la circolazione nelle aree urbane, ridurre la congestione e minimizzare gli incidenti. La domanda che dobbiamo porci è: esistono degli strumenti per perseguire tali risultati, tutti al medesimo tempo?

Potrebbero essercene molti. Alcuni vengono dal mercato: l’innovazione tecnologica tende a metterci a disposizione motori meno inquinanti e veicoli più sicuri, senza dover rivoluzionare le produzioni attuali, suicidando le produzioni e l’occupazione di un Paese sulle incognite dell’elettrico.

Anche le politiche pubbliche possono giocare un ruolo: un disegno razionale della tassazione ambientale, l’introduzione di forme di congestion charge, il rafforzamento delle infrastrutture nei nodi congestionati, la razionalizzazione della viabilità, non punitiva nei confronti dell’auto, come in gran parte avviene oggi.

Il punto cruciale dell’intera discussione sta nell’ipocrisia che la sommerge.

Se l’obiettivo è ridurre l’inquinamento o il traffico, allora ci sono molti modi che non richiedono necessariamente di mettere in discussione il diritto di ciascuno all’automobile. Se, viceversa, inquinamento e traffico sono dei meri pretesti dietro cui si nasconde un obiettivo politico di eliminazione del mezzo privato, allora bisogna essere onesti e parlare di questo, esplicitandone anche le implicazioni sulla libertà e le opportunità degli individui.

Ma di onestà, da certi pulpiti, se ne predica poca, anzi!

 

 

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Articolo pubblicato il 08/02/2023