Deliberazione per la fondazione e la costruzione del Tempio della Gran Madre di Dio a Torino

Di Luca Guglielmino (quarta e ultima parte)

Proposta e deliberazione

Il nucleo procedurale composto da queste due parti in sequenza, assieme riassuntivo e narrativo, inizia con la proposta del Sindaco Mazzetti (nobiltà) in ringraziamento a Dio Ottimo Massimo (D.O.M) per aver risparmiato ulteriori sofferenze, in occasione dell’arrivo del re e per onorare Maria, la Madonna, portatrice di pace e custode di Casa Savoia e con Essa i santi protettori torinesi onde infine rendere fissa la commemorazione del giorno in cui Vittorio Emanuele I entra a Torino, propone tali concetti alla deliberazione consigliare dei decurioni.

Il culto di Maria a Torino risale tra il IV e il V secolo all’epoca di S. Eusebio di Vercelli e S. Massimo primo Vescovo torinese conosciuto.

Di certo l’azzurro scelto da Amedeo VI il Conte Verde per la sua crociata contro i Turchi Ottomani e i Bulgari, richiama il culto di Maria da molto tempo presente anche in tale casata, ad esempio, presso Anna di Savoia (Giovanna) sposa dell’imperatore bizantino.

Inoltre, era logico e consolidato, introducendo il concetto di Dio, che il re era tale per diritto divino con un’autorità legittimata direttamente da Dio, secondo un’interpretazione letterale della Lettera ai Romani cap. 13 di S. Paolo. Era la famosa alleanza tra trono e altare che veniva qui ribadita.

Il periodo della Rivoluzione Francese e di Napoleone è considerato un’epoca di rovina da cui il Regno di Sardegna fu relativamente preservato.

Si ricorda poi tutta la genealogia dei re fino a Vittorio Amedeo II detto padre della Patria in quanto re di Sicilia 1713-1720 e poi definitivamente di Sardegna.

Viene poi nominato il ponte di pietra (non aveva ancora nome) eretto dagli ingegneri di Napoleone che, malgrado i “codini” più estremisti volessero distruggerlo, Vittorio vi si oppose, vista la sua utilità di ponte definitivo e non provvisorio e in legno come gli altri.

Si dovrà quindi acquistare il sito ove edificare la Gran Madre di Dio.

Indi, ogni anno, il 19 e il 20 maggio vi saranno festeggiamenti e luminarie, notare l’illuminazione delle facciate del Palazzo del Comune e della chiesa del Corpus Domini (oltre che della Gran Madre) con il coinvolgimento dei poveri cui veniva distribuito del pane bianco.

Tali illuminazioni e il fatto che il corpo decurionale simbolicamente offriva le chiavi di Torino al re, indica una dimostrazione, almeno formale, di autonomia del Comune, così come il fatto che alla S. Messa in Gran Madre dovranno essere presenti i Sindaci, le insegne cittadine e otto decurioni.

Gli Statuti del 1360 erano stati concessi da Amedeo VI alla Città di Torino a patto che questa gli giurasse fedeltà estromettendo l’Acaia da mire di potere; avvenne una riconciliazione tra nobiltà, aristocrazia e sovrano. Segno che comunque il Comune aveva goduto di una certa autonomia. Ma qua e là emergeranno anche dopo, conflitti tra nobiltà e sovrano, ad esempio per l’incasso dei proventi dei mulini

Dopo Messa i sindaci e i decurioni si recavano nei punti nevralgici della città, dedicati al culto: la Cappella Reale, il Duomo con la S. Sindone e le reliquie di S. Giovanni Battista e di S. Secondo, il Santuario della Consolata, la chiesa del Beato Amedeo, i SS. Martiri.

Infine, in Duomo per il ringraziamento assieme all’Arcivescovo, altro simbolo di potere legato da un lato alla Chiesa e dall’altro alla monarchia. E con diversi di questi i Savoia, ad esempio Vittorio Amedeo II, ebbero notevoli attriti.

I punti cardinali del culto religioso cittadino là ove confluivano armonicamente popolo, sovrani e istituzioni, venivano da queste ultime passati in rassegna ad uno ad uno.

Si schieravano truppe volontarie alle porte del municipio, del Duomo e delle chiese principali con bande militari e salve di cannone.

L’esercito di vittorio Emanuele I era in ristrutturazione: vi erano volontari savoiardi, volontari in genere, pochi anziani e molti soldati non troppo fidati, che avevano militato con Napoleone. Torino divenne deposito, ossia centro di reclutamento e smistamento e Vittorio non vedeva l’ora di liberarsi dall’egida austriaca che in un primo tempo vietò la venuta a Torino dei volontari savoiardi.

Qui i volontari nominati erano quindi le nuove reclute volontarie, essendo stata abolita la leva introdotta dai francesi.

Proprio per supplire alla mancanza di fiducia verso i mercenari e alcune delle proprie truppe, Vittorio Emanuele I, con le Regie Patenti del 13 luglio 1814, fonda il Corpo dei Carabinieri Reali, sul modello della Gendarmeria francese che si dimostrò altamente efficiente contro il banditismo in Piemonte fino a neutralizzarlo, soprattutto nelle zone del Ticino, dell’alessandrino e della Lomellina. Un Corpo affidabile quindi, adibito sia all’ordine pubblico che alla scorta del sovrano.

 Interessante è poi l’elenco delle Confraternite, alcune ancora esistenti.

È un movimento che origina dalla Gran Madre che è perno della rifondata e ritrovata Torino, dove dopo la S. Messa (officiata evidentemente in strutture vicine in quanto la chiesa non era ancora costruita), il potere civile della Città, muove per passare in rassegna quelli che sono i punti saldi della fede popolare e l’esercito è partecipe della processione cui si uniscono le varie confraternite dedite a compiti specifici in aiuto alla cittadinanza.

Il tutto volto a dimostrare l’assoluta fedeltà delle istituzioni e della cittadinanza verso il sovrano. Anche se il Comune poteva avere una funzione propositiva che sfocerà con la proposta di Pietro De Rossi di Santarosa - che aveva partecipato ai moti del 1821 - verso re Carlo Alberto, onde caldeggiare la concessione dello Statuto.

Del resto, lo stesso Senato perse istituzionalmente la sua autonomia in materia giudiziaria con il caso Revello del 1723, quando Vittorio Amedeo II impose il suo volere assoluto malgrado la legge che intendeva fosse applicata si riferisse ad un’epoca ben diversa dall’attuale e soprattutto nel circondario di Mondovì. Un malessere che quindi albergava anche in altre istituzioni non sempre concordi con il sovrano.

Rimane ancora da comprendere il perché della Gran Madre di Dio.

A forma di Pantheon e quindi casa di tutti i protettori della Città a cominciare da Maria, per continuare con i SS. Ottavio, Solutore, Avventore, San Giovanni Battista, San Francesco Saverio, San Valerico, il Beato Amedeo, San Francesco di Sales, Santa Deodata e infine la SS. Vergine Consolata…

Tutti questi Santi erano incaricati dalle civiche autorità onde proteggere Torino, città esaltata spesso dagli stessi come la Gerusalemme Celeste. E quindi il Pantheon, oltre a raccogliere la memoria dei Santi Protettori torinesi, rappresenta pure la volta celeste creata da Dio, sotto cui sta il Creato e infine è un voto delle autorità comunali per l’arrivo e il reinsediamento del re.

Luca Guglielmino

Fine quarta e ultima parte

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Articolo pubblicato il 12/02/2023