Stime sui militari caduti. Qual è il prezzo delle loro vite? Costi e paradossi, mentre i seguaci della croce uncinata si massacrano a vicenda
Diapositive da un anno di sangue in Ucraina, un conflitto che ha modificato gli equilibri del mondo. Un anno fa nessuno avrebbe scommesso sulla fiera resistenza del popolo di Kiev. In 365 giorni le nazioni della vecchia Europa hanno tremato, si sono compattate, mentre le immagini delle città distrutte e dei carri armati bruciati portavano la verità nelle nostre case, distinguendo aggressori e aggrediti al di là di ogni perché.
Le risoluzioni dell'Onu sono chiare e definite: una pace giusta passa per il rispetto dei confini nazionali. Nel frattempo le diplomazie del mondo si incontrano. Strette di mano, falsi sorrisi, c'è paura e falsità. La politica ha sempre faticato nel nome della pace quando gli interessi della speranza erano di vincere la guerra.
Anche oggi, pioggia di missili sulle città…sguardi vuoti senza più lacrime negli occhi della gente innocente.
Siamo in un “cul de sac” dal quale non basterà uscire invertendo l’ordine dei termini, non sembra che la diplomazia del mondo si stia impegnando seriamente. Dall’Onu voci di pace e di indagini per crimini di guerra. Quando e chi controllerà? Mentre Bergoglio, Sommo Pontefice, predica nel vuoto, sempre più flebile e ridimensionato.
Nel mondo, grandi e piccole potenze stanno aumentando il loro arsenale bellico, le flotte si spostano e in Europa l’argomento di attualità è: “jet no, ma Leopard sì per Kiev, poi si vedrà.” Si parla molto di ferro & piombo, molto meno su quante vite ha preteso codesta cruenta e mediatica guerra europea. Indagando tra dati difficili da valutare, il risultato varia a seconda della fonte.
Dall’intelligence britannica riferiscono di circa 860 soldati russi caduti ogni giorno, mentre il totale delle perdite umane del Cremlino è stimato a 120.160. Fonti USA parlano di oltre 188.000 tra morti e feriti, includendo i mercenari del battaglione Wagner.
Difficile reperire fonti di Mosca relative ai propri caduti. A settembre 2022 il ministro della difesa russo Sergey Shiogu ammetteva 6000 morti e contava le perdite di Kiev in 61.200 caduti e 43.300 feriti. L’ultima cifra è prossima a una gaffe di Ursula von der Leyen sfuggita di recente all’Onu, quando ha parlato di oltre 100.000 militari e 20.000 civili ucraini, facendo cifra tonda tra morti e feriti. Notizia presto confutata dal governo ucraino, che definiva le perdite “informazione riservata soggetta a restrizioni sulla pubblicazione”. In un secondo tempo lo Stato Maggiore di Kiev comunicava una stima tra i 10.000 e i 13.000 caduti.
Dichiarazioni che impediscono di immaginare il reale resoconto di vittime che finora il conflitto ha preteso e genera. Anche le cifre dei mezzi militari perduti da entrambe le parti sono discordanti, ma meno soggette a censura. Se si credesse ai dati, sarebbero ammessi più tank distrutti che soldati caduti. Nel frattempo, le industrie degli armamenti sono al lavoro in ogni angolo del mondo, e mentre piccole e grandi nazioni aumentano gli arsenali in vista di tempi “peggiori”, i mercanti d’armi sguazzano nel business e gruppi mercenari, in cambio di un “pugno di dollari”, vendono le proprie vite ai due contendenti.
“C’est l’argent qui fait la guerre” (proverbio latino attribuito a Cicerone, poi ripreso da Francois Rabelais nella sua opera “Gargantua”)
I foreign fighters che combattono tra le file di Kiev, sono da molto tempo presenti nel Donbass, pagati meno di € 1000 al mese e sono meno numerosi di quelli assoldati dal Cremlino, che ha affiancato ai suoi effettivi, esperte truppe mercenarie, tra le quali il battaglione Wagner, che al momento si sta immolando nella controffensiva russa nel Donbass.
Il battaglione Wagner è una formazione paramilitare che appartiene a Eugeniij Prigozhin, affarista e oligarca russo che ha stretti legami con Vladimir Putin. Nel maggio 2022 ne ha parlato l’ex comandante dello stesso gruppo Wagner, Marat Gabidullin, in una intervista a La7 e poi ospite di Lucia Annunziata su Raitre, dove ha presentato il suo libro: “Io comandante di Wagner.”
Gli effettivi del gruppo Wagner erano stimati in oltre 20.000 unità, dotati di armi pesanti, mezzi corazzati, droni e ogni arma moderna. Si tratta di veterani che giungono da reparti elitari della ex armata Russa. La loro età varia tra i 35 e i 55 anni e sono riconoscibili dallo stemma sulle divise che rappresenta un teschio circondato dalla scritta: Wagner group. La paga mensile varia fino all’equivalente di $ 7000 al mese, più del triplo rispetto ai soldati regolari russi.
Secondo un’intervista rilasciata 8 mesi fa alla rivista de La7 “Piazza Pulita”, da Carlo Biffani, agente del Security Consulting Group, l’organigramma del gruppo non è noto, ma la logica vuole che dietro ci sia una catena di società private russe che procura e gestisce gli ingenti fondi per gli armamenti.
Il Wagner group non combatte solo in Ucraina, ma ovunque occorra servire gli interessi russi in modo non ufficiale. Marat Gabidullin, che si dissocia dalla guerra in Ucraina, definisce il gruppo Wagner una vera propaggine dell’esercito russo, feroce e stragista, concludendo con: “nessuna forza occidentale è così”.
Nel carnaio del Donbass, che Putin aveva tuonato: “da denazificare”, si sta consumando un paradosso: due formazioni militari ispirate al Terzo Reich si stanno sterminando a vicenda; dalla battaglia di Mariupol e la resa di quei soldati del battaglione Azov rintanati nelle acciaierie Azvostal, alla rivincita negli scontri nel Donetsk, dove il numero dei caduti è altissimo.
Dunque, la croce uncinata non passa mai di moda. Il gruppo Wagner è comandato dal Colonnello Dimitrij Ukin, che mostra con boria il corpo ornato da tatuaggi nazisti e in più occasioni è stato fotografato a fianco di Putin. L’assonanza del Wagner col nome del compositore venerato da Hitler, poi, non è certo una casualità.
Dal fronte ucraino, rispondono i “kameraden” del battaglione Azov, integrato nella Guardia Nazionale Ucraina nel 2014, durante la 1ª guerra russo ucraina. Altro gruppo paramilitare filonazista, accusato di crimini di guerra dall’Alto Commissariato ONU per le stragi tra le popolazioni russofone del Donbass. Il suo stemma è di radice germanica e risale alla caccia al lupo medievale (il Wolfsangel). Notizie sulla paga non pervenute.
Un altro gruppo paramilitare a fianco dell’esercito russo, è l’altrettanto feroce reparto di mercenari ceceni guidato da Ramazan Kadyrov, governatore della Repubblica cecena dal 2007. Si tratta dei cosiddetti Kadyrovtsy, formazione paramilitare accusata di crimini di guerra e atrocità commesse durante la seconda guerra cecena. Il gruppo è formato anch’esso da veterani di guerra filorussi che sul fronte ucraino ha iniziato ad operare in concorso con l’occupazione russa della Crimea nel 2014. Si “parla” di cifre equivalenti a $ 5000 al mese.
Infine, esiste un’unità di soldati russi che combatte a fianco dell’esercito ucraino. È la Legione “Libertà alla Russia”, formata da ex militari dell’esercito russo ma anche da cittadini in disaccordo con la politica di Putin. Sul numero dei loro effettivi, come di altri particolari, non vi sono fonti certe, poiché della legione si è venuto a sapere solo da canali radio asiatici e dell’Europa orientale. Il motivo è ovvio, il timore di ritorsioni sulle famiglie in Russia è elevato, dunque anche da parte Ucraina, non filtrano informazioni più dettagliate.
Fino al 2022 erano circa 20 i miliziani italiani suddivisi equamente per fede sui due fronti (due i deceduti). Il guadagno non è la spinta economica poiché la paga di cui si sa, è intorno a € 2500 mensili.
Cronache dal fronte. Altre ed eventuali, sperando che al più presto, almeno questa guerra finisca in una pace equa e duratura, evitando di ritrovarci tra altri 365 giorni ad aggiornare i conti. Se Dio vorrà.
Fonti dal Web e da vari network
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Articolo pubblicato il 24/02/2023