Roma. Fermare la guerra e subito - SECONDA PARTE

Cresce in Occidente lo scetticismo sull’invio delle armi

Prima parte: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=47188

Il governo francese ha espresso preoccupazione sullo stato delle forze armate britanniche secondo quanto riferito da “The Telegraph”, a causa dei tagli di bilancio alle forze armate del Regno Unito che hanno ridotto negli ultimi anni le forze convenzionali.

La notizia arriva nel mezzo di una disputa sulla spesa per la Difesa che vede il ministro della Difesa Ben Wallace chiedere al cancelliere dello Scacchiere 10 miliardi di sterline per sostenere l’Ucraina e rafforzare lo strumento militare britannico. A conferma delle difficoltà crescenti a tenere il passo dei rifornimenti all’Ucraina rispetto alle esigenze belliche, lo stesso Wallace ha parlato della necessità di addestrare gli ucraini a impiegare meno munizioni, a “combattere all’Occidentale” per risparmiare proiettili di artiglieria e di armi leggere.

Valutazioni poco realistiche poiché nessun esercito occidentale ha esperienza di guerra convenzionale su vasta scala. Per intenderci, l’esercito ucraino schiera nel solo Donbass più truppe di quante ne contino oggi gli interi eserciti dei maggiori paesi europei. Non ha senso paragonare un simile conflitto con le guerre anti insurrezionali combattute negli ultimi 30 anni dagli occidentali contro milizie e forze leggere su vasti territori e non su definite e fortificate linee del fronte.

Gli ucraini sono costretti a limitare il fuoco a causa della carenza di munizioni e della rapida distruzione di molti pezzi d’artiglieria. Gli obici ucraini sparano almeno 5 o 6 volte meno di quelli russi e anche molti reparti di fanteria ucraini lamentano la carenza di munizioni per fucili d’assalto e mitragliatrici, in una guerra che brucia, logora e consuma una quantità elevatissima di armi, veicoli e munizioni.

Semmai, le valutazioni di Wallace indicano non solo i limiti dell’Occidente nel supportare militarmente Kiev in questa fase delicata e forse decisiva della guerra, ma confermano come l’Europa sia entrata indirettamente in guerra senza essersi minimamente preparata a combatterla.

E questo nonostante il Segretario generale della NATO, Stoltenberg abbia dichiarato che la NATO addestra e prepara dal 2014 le forze ucraine alla guerra contro in russi. Una verità che costituisce però un autogol in termini politici poiché è esattamente quanto viene sostenuto da Mosca per motivare la necessità di lanciare l’operazione militare speciale in Ucraina.

Tornando alla carenza di armi e munizioni da fornire a Kiev, anche la Francia appare però sempre più in difficoltà a far fronte alla necessità di rifornire gli ucraini. “Le forze di terra stanno affrontando la carenza di munizioni da 155 mm” ha scritto Le Figaro citando Julien Rancoule, deputato del partito Rassemblement National, che insieme a Vincent Bru del Movimento Democratico ha redatto un rapporto sulla situazione delle riserve di munizioni.

Il rapporto “delinea le ragioni per rivalutare le scorte di munizioni, tenendo presente la possibilità di una situazione di stallo importante”, ha riferito Rancoule a Le Figaro mentre Bru esorta a ricostituire gli arsenali militari del Paese poiché la politica di mantenere le scorte di difesa al livello minimo per motivi economici dovrebbe essere abbandonata.

“Le tensioni tra coloro che sono favorevoli a sostenere l’Ucraina e coloro che vogliono salvare le scorte per motivi di difesa nazionale dovrebbero aumentare” nel prossimo futuro, scrive Le Figaro.

Jamie Shea, ex vicesegretario generale della NATO, ha dichiarato a Sky News che la NATO ha ampiamente esaurito le scorte militari disponibili per aiutare l’Ucraina, e dovrà affrontare con urgenza il problema di ricostituire le sue scorte. Secondo il Washington Post la Casa Bianca teme le progressive resistenze ed esitazioni sia nel Congresso statunitense sia tra i Paesi europei alle forniture di nuove armi a Kiev.

Il rischio di allargamento del conflitto, largamente percepito in Europa, non sembra offrire molti esempi di compattezza delle società europee, in larga misura contrarie al sostegno militare all’Ucraina e al confronto con la Russia. Un po’ ovunque si registrano da un anno a questa parte cali importanti degli arruolamenti nelle forze armate, al punto che molte nazioni stanno valutando il ripristino della leva, proposta fino a ieri considerata “naif” anche in Italia.

Oltre 40 mila slovacchi hanno inviato alle autorità locali la comunicazione di non voler combattere con le armi, in caso di mobilitazione. Secondo il ministro della Difesa, Jaroslav Nad, questo numero record di renitenti sarebbe il risultato della strumentalizzazione politica della guerra in corso in Ucraina da parte dell’opposizione slovacca. Il Partito Socialdemocratico (Smer-SD, al potere dal 2006 al 2010 e poi dal 2012 al 2020) dell’ex premier Robert Fico, è la seconda forza del paese e si oppone alle sanzioni contro la Russia e alla fornitura di armi all’Ucraina.

Il cosiddetto servizio straordinario, per il quale si possono chiamare alle armi gli uomini in tempo di guerra o di legge marziale, può essere infatti rifiutato attraverso un’apposita dichiarazione. Gli uomini possono inoltre dichiarare che il servizio straordinario, cioè l’impiego delle armi, sia contrario alla propria coscienza o alle convinzioni religiose. In caso di guerra e di mobilitazione questi uomini ricoprirebbero funzioni non belliche. “Se ci fosse una mobilitazione, che però al momento nessuno ha previsto, queste persone verrebbero mobilitate comunque, ma per scavare trincee o per servire negli ospedali”, ha detto Nad.

In Slovacchia, nazione NATO di “prima linea” nel confronto con la Russia, il richiamo alle armi riguardagli uomini dai 19 ai 55 anni. Negli scorsi anni a rifiutare il servizio militare straordinario erano state alcune centinaia di persone, nel 2022 il numero era salito a 1.500.

Del resto non è da escludere che, al di là delle dichiarazioni roboanti e di facciata dei diversi leader alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza e del voto al Parlamento Europeo che approvano un indefinito invio di armi all’Ucraina “fino a quando sarà necessario” (inclusi i jet da combattimento), la NATO e la UE si stiano preparando alla sconfitta militare dell’Ucraina.

Petr Pavel, generale che ha ricoperto l’incarico di presidente del Comitato militare della NATO e che tra un mese si insedierà a Praga come presidente della Repubblica Ceca, ha invitato a “stare attenti a incoraggiare l’Ucraina a raggiungere determinati risultati”, aggiungendo che il Paese “potrebbe cambiare la sua visione a un certo punto”.

Come riferisce l’Agenzia Ansa, Pavel ha sottolineato che la sconfitta della Russia potrebbe avvenire in base a diversi scenari, compresi alcuni che l’Occidente dovrebbe evitare: “Se Mosca crolla, potremmo avere più problemi, non avremo nessuno con cui negoziare il disarmo”, ha sottolineato. L’ex generale non ha specificato come l’Occidente debba cambiare il suo comportamento per evitare che ciò accada, ma ha invitato i leader occidentali a “essere realistici, sperare per il meglio ma prepararsi al peggio”.

Pronta la risposta del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba che ha definito inaccettabile pensare che Kiev possa fare concessioni: “Non c’è differenza tra chi pronuncia la frase ‘l’Ucraina può cedere’ e la frase ‘l’Ucraina probabilmente dovrà cedere’ – ha aggiunto Kuleba -. Pertanto, credi nell’Ucraina, sostieni l’Ucraina, e vinceremo”.

Non saranno però gli slogan a cambiare la percezione che si sta diffondendo in Occidente, che da un lato esalta la necessità della vittoria ucraina ma dall’altro sembra prepararsi al possibile successo russo.

Del resto secondo fonti dell’amministrazione statunitense citate dal Washington Post (e riprese in Italia dall’agenzia di stampa NOVA), Washington avrebbe avvertito l’Ucraina “in termini perentori” che la “finestra temporale” per la vittoria militare si sta chiudendo, sottolineando l’importanza cruciale dei prossimi mesi.

L’Amministrazione Biden ha avvertito privatamente la leadership dell’Ucraina che il conflitto in corso da quasi un anno è vicino a un punto critico, e che a Kiev resta poco tempo per convertire gli aiuti militari occidentali in progressi sul campo di battaglia. Attualmente però le forze ucraine restano sulla difensiva, cedono terreno lentamente, ma su tutti i fronti e non sembrano in condizioni di poter lanciare controffensive, anche a causa della carenza di truppe addestrate e di munizioni.

Certo molto dipenderà dalle capacità offensive che i russi saranno in grado di mettere in campo, ma gli Stati Uniti temono che l’attuale livello di sostegno militare a Kiev non possa essere sostenuto a lungo.

Il vice consigliere per la sicurezza nazionale Jon Finer, la vice segretaria di Stato Wendy Sherman e il sottosegretario della Difesa Colin Kahl avrebbero trasmesso queste valutazioni ai vertici ucraini.

Come gli europei, anche l’amministrazione Biden ribadisce la determinazione a sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario” ma in forma riservata diversi funzionari dell’amministrazione presidenziale valuterebbero che i pacchetti di aiuti militari recentemente approvati dal Congresso costituiscano forse l’ultima possibilità per rovesciare la situazione sul campo di battaglia. A prescindere dalle dichiarazioni di facciata, la situazione potrebbe mutare, anche in tempi non lontani.

Senza confondere l’aggressore con l’aggredito e condividendo il fatto che le forniture di armi non potranno proseguire all’infinito, con l’intensità richiesta, perché non riesce ancora ad emergere una mediazione autorevole, a parole da tanti auspicata?

Sarebbe indispensabile approfondire le origini di questa guerra, non certo limitata ai rapporti tra Russia ed Ucraina. Quali tremende responsabilità si celano e tanti irrisolti perché.

Intanto sul fronte bellico si muore. A cosa si sta riducendo il valore della vita?

 

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Articolo pubblicato il 28/02/2023