Due fratelli con un solo cuore: Claudio e Mario Ascheris sul Fronte Russo

Di Alessandro Mella

Quando Enrico Ascheris e Maria Saggio, genovesi trasferitisi a Torino, strinsero tra le braccia, prima nel 1920 e poi nel 1923, i loro due figli non poterono certo immaginare quale infausto destino la Storia avesse in serbo per loro.

Mario nacque il 22 ottobre del 1920 e Claudio nel 1923 e di conseguenza i due giovani si trovarono a crescere in un’Italia che stava profondamente cambiando ed in una società sempre più condizionata dalla volontà del regime fascista. Un sistema politico che condizionava idee, coscienze e spiriti specialmente dei più giovani.

Mario decise, crescendo, di dedicarsi agli studi e parallelamente al lavoro iscrivendosi alla Regia Università di Torino per frequentare i corsi in Legge ed al tempo stesso trovando impiego nell’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche. (1) Milite dei GUF, fervente nella sua visione del mondo e delle cose, decise di arruolarsi nel Regio Esercito Italiano dopo il fatale e sciagurato ingresso in guerra dell’Italia.

Fu subito inviato alla Scuola di Alpinismo di Aosta, quindi al corso allievi ufficiali presso la Scuola di Bassano dalla quale uscì sottotenente nell’estate del 1942. (2)

Fu destinato al deposito del 6° battaglione alpini Vestone che prontamente raggiunse per unirsi al suo reparto. (3)

Da qui Mario fu spedito, volente o nolente, verso la Russia ove dovette scoprire l’orrore della guerra, la ferocia della resistenza sovietica e le difficoltà di un’armata mandata allo sbaraglio. Purtroppo, fece appena a tempo a capire, forse riconoscere con se stesso, quel disastro in cui si trovava. Già il 1° settembre 1942, nei pressi di Bolshoj, più volte ferito, fu ucciso in combattimento mentre tentava di trascinare i suoi soldati in combattimento.

Fu proposto per una medaglia d’argento al valor militare che al momento pare non sia mai stata conferita.

La sua salma non fu recuperata, i commilitoni non ebbero modo di farla tornare in patria, essa ancora riposa nelle sconfinate pianure tagliate dal corso serpentino del Don. La sua morte fu terribile per quella famiglia:

Messa per il tenente Ascheris. Ieri mattina nella chiesa di San Dalmazzo, in via delle Orfane, è stata celebrata una solenne funzione di suffragio per il glorioso sottotenente Mario Ascheris caduto sul fronte russo nel Don il 1° settembre scorso. Accanto ai familiari erano amici e conoscenti che hanno voluto portare un tributo alla memoria dello scomparso. (4)

Come se quello strazio non bastasse, ai genitori restava un ulteriore grande dolore nell’animo.

Claudio, infatti, giovane fratello del virtuoso primogenito, volendo seguirne l’esempio si era offerto volontario inquadrato anche lui negli alpini ed a sua volta inviato sul Fronte Russo.

Difficile dire quanti orrori dovette vedere questo ragazzo, quante illusioni vide cadere, quanti drammi dovette fissare nella sua memoria. Tuttavia, egli tornò in Italia e la guerra lasciò su di lui segni profondi perché non si riprese più dalle invalidità maturate al fronte.

La guerra, con i suoi lutti, poi passò restituendo al mondo speranza e sogni ma forse non in egual misura a tutti.

Enrico Ascheris probabilmente non si riprese del tutto dalla perdita del figlio e nel 1949 si spense a Torino.

Sei mesi dopo, a dicembre dello stesso anno, il secondogenito Claudio, ventiseienne grande invalido di guerra, seguì il padre verso i Campi Elisi ove, forse, poterono riabbracciare il sottotenente Mario perduto anni prima nella lontana Russia. (5) Alla madre, Maria Saggio ved. Ascheris, restò solo il conforto della terzogenita Rita, della nuora, del genero e dei nipotini. Coloro i quali, nell’ottobre del 1973, la accompagnarono per l’ultimo viaggio della vita terrena. (6)

Oggi Claudio ed il padre Enrico riposano in un’unica vecchia celletta dimenticata sulla quale è citato anche Mario con una specifica triste e melanconica: “Qui non inumato”.

Eppure, nessuno mi toglierà mai dalla testa che comunque, comunque sia, essi siano ora finalmente tutti e tre insieme.

Liberi da ogni orrore, dalla guerra, dai dolori patiti in vite difficili ma tipiche, purtroppo, di quei tempi tormentosi.

Alessandro Mella

NOTE

1) La Stampa, 227, Anno LXXVI, 23 settembre 1942, p. 2.

2) L’Alpino, 21, Anno XXIV, 1° novembre 1942, p. 5.

3) Bollettino Ufficiale, Ministero della Guerra, Dispensa 80, 27 agosto 1942, p. 5867.

4) La Stampa, 251, Anno LXXVI, 21 ottobre 1942, p. 2.

5) La Nuova Stampa, 294, Anno V, 14 dicembre 1949, p. 4.

6) La Stampa, 248, Anno CVII, 21 ottobre 1973, p. 20.

 

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Articolo pubblicato il 20/03/2023