La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Encomiabili operazioni dei Carabinieri in Borgo San Salvario (1885)

Il 27 gennaio 1885, i Carabinieri del Borgo San Salvario arrestano due giovani ladri.

Così l’episodio vien ricostruito il giorno seguente dalla Gazzetta Piemontese, sotto il titolo “Attenti, orologiai!”:

Ieri due giovinetti, B. Luigi, d’anni 19, fabbricante da scatole, e C. Oreste, d’anni 19, imballatore, entrarono nella bottega dell’orologiaio Frasson Martino, in via Nizza, N. 1, e, col pretesto di voler fare acquisto di uno svegliarino, se ne fecero mettere alcuni sul banco per la scelta; ad un certo punto il B., credendo forse di non essere veduto, se ne pose uno in tasca; poi, rivoltosi al compagno, disse:

«Andiamo, questi orologi non fanno per noi».

E partirono.

Il signor Frasson non tardò ad accorgersi del tiro, e, uscito in istrada, corse dietro ai giovinetti gridando: Ai ladri! Costoro capirono subito di che si trattava ed allungarono il passo per isfuggire alle ricerche dell’orologiaio; ma certo signor Norzi, negoziante da stoffe, che era poco lungi, fermò i ladruncoli e li tenne finché non giunsero il derubato, un brigadiere dei carabinieri ed una guardia municipale.

I due giovinotti vennero condotti alla vicina caserma e perquisiti.

Il B. aveva ancora nelle tasche lo svegliarino.

V’è di più: uno degli arrestati, nel fuggire, gettò a terra un lungo coltello a serramanico, che venne sequestrato dagli agenti.

Questa la cronaca del quotidiano torinese, che in seguito pare disinteressarsi della vicenda. Per approfondire, consultiamo Il Carabiniere Giornale Settimanale Illustrato, che nel n. 38 del 19 settembre 1885 così ricostruisce l’episodio.

«Fermatevi un pochino: qui appostati mettiamoci un poco a spiare le intenzioni di quei due galantuomini là».

«Quali?».

«Non li vedete quei due famosi ladri di Oreste Canella e Luigi Bovio?».

«Ah! Sì, sì; pare che preparino un qualche tiro a Martino Frasson».

A questo dialogo dei Carabinieri della stazione di San Salvario (Torino), seguì un breve silenzio che venne interrotto dalle parole:

«Diamo loro addosso: gli stanno rubando uno svegliarino».

In un baleno i due furfanti furono colti in flagrante, ammanettati e tradotti in caserma ove subirono i più sottili ed incalzanti interrogatori, in seguito ai quali l’accorto brigadiere Troja Giuseppe non tardò a subodorare che quei due potessero essere associati con altri a scopo di ladroneggio: per la qual cosa egli, il vice-brigadiere Piovano Giuseppe, i carabinieri Forni Luigi, Beretta Paolo, Boscardin Bortolo, suoi dipendenti, si diedero fiutare per ogni dove come segugi. E nell’odorato, vale a dire nel tatto pratico, nell’accortezza, nel compito della polizia giudiziaria non potevano essere più fortunati, perocché scopersero che gli arrestati erano in società per delinquere con Cosimo Canella, Vittorio Brazzo, Teresa Barale, Carlo Perinetti, Angelo Ferrero, tutti fiore di ladri, insieme ai quali avevano commessi sette furti a danno di altrettante persone.

I bravi militari si affrettarono pertanto ad assicurare alla giustizia tutta questa feccia di gente, presso la quale riuscirono anche a sequestrare buona parte degli oggetti rubati.

Non occorre dire che tale operazione, compiuta il 27 gennaio scorso con tanto zelo e con tanta abilità, si meritò il plauso delle autorità e degli onesti; il comando della legione, tenuto conto del completo risultato ottenuto e dell’interesse spiegato per conseguirlo, volle rimeritare tutti e cinque gli operanti coll’onorifico premio dell’encomio solenne all’ordine del giorno.

I cinque militari della Stazione di San Salvario compaiono nel Bollettino dei Carabinieri Reali, tra gli Encomi solenni concessi dalla Legione di Torino nel febbraio 1885, con questa motivazione: «Per le ottime e diligenti indagini mercè le quali pervennero ad arrestare, il 27 gennaio 1885, in Torino, alcuni individui associati nel delinquere e già autori di vari furti».

Il brigadiere Giuseppe Troja citato nel testo è un buon investigatore. Così lo presenta Il Carabiniere già prima citato, nel n. 47 del 21 novembre di quello stesso anno.

Per disgrazia dei furfanti di ogni specie vi ha un numero considerevole di sottufficiali dei Carabinieri che, quanto a malizia e a sottigliezza d’ingegno e a fiutare il marcio, anche nascosto nelle viscere della terra, darebbero, come suol dirsi, parecchi punti al diavolo. [...] Uno di questi agenti abilissimi è manifestamente il brigadiere Troja Giuseppe, comandante la stazione di San Salvario in Torino.

Dopo questa presentazione, Il Carabiniere descrive una seconda indagine del brigadiere Troja della quale non si hanno riscontri sulla coeva Gazzetta Piemontese:

Questi, entrato in sospetto che nella casa di pegni tenuta dai coniugi Moisi, le cose non procedessero onestamente, a furia di vigilare, d’indagare e d’intuire, ecco la gherminella che venne a scoprire. I coniugi invece d’impegnare, comperavano orologi che inscrivevano nei registri dei pegni per una somma maggiore di quella da essi pagata, e ne staccavano la bolletta, la quale facevano poi vendere da persone che fingevano di non aver quattrini per riscattare il pegno.

I compratori delle bollette quando andavano con esse a riscattare i pegni corrispondenti, si accorgevano che erano stati poco fortunati nei loro calcoli di lucro.

Dopo tale scoperta, il brigadiere Troja, autorizzato dal procuratore del Re, insieme al maresciallo Carosi Luigi ed al brigadiere Liccardo Gennaro, perquisì la bottega del Moisi, sequestrandovi parecchi orologi e 131 bollette di pegno di altrettanti remontoir riscattati, coi quali i Moisi molto probabilmente avranno fatto il tiro di sopra accennato.

I due coniugi industriosi, che per altro non erano pregiudicati, vennero tratti in arresto: la Camera di consiglio, il 4 aprile, convalidò l’arresto, e le intelligenti ed attive pratiche del brigadiere Troja furono molto apprezzate. Il colonnello, che già altre volte aveva avuto a lodare ed a segnalare ai superiori l’efficace attività di questo bravo sottufficiale, lo retribuì, per questa importante operazione, coll’ambito premio dell’encomio solenne.

L’Encomio viene concesso nell’aprile del 1885 con questa motivazione:

«Perché, spiegando attività e intelligenza, il 19 marzo 1885, in Torino, scoperse ed arrestò gli autori di varie truffe, che consegnò alla giustizia con le più evidenti prove di colpabilità».

Nella Torino del 1885, il brigadiere Giuseppe Troja è dunque un solerte sottufficiale dei Carabinieri che opera nel quartiere torinese di San Salvario, dove riesce ad assicurare alla Giustizia una banda di ladri e una di truffatori. Sono trascorsi 138 anni e il quartiere è quanto mai problematico, in particolare per quanto riguarda lo spaccio di droga.

Ma, come ho già scritto più volte, non ha molto senso fare paragoni tra passato e presente...

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Articolo pubblicato il 14/04/2023