
Rissa micidiale in Borgo San Donato (domenica 10 giugno 1888)
Torino, domenica 10 giugno 1888.
La nostra storia ha inizio nel tardo pomeriggio di questo giorno festivo, in Borgo San Donato, nell’area oggi occupata da piazza Barcellona, al tempo in espansione in direzione del corso Regina Margherita.
Qui, dove si incrociano le vie Vagnone e Pinelli, vi sono ancora dei prati non occupati da costruzioni. In uno di questi, quattro giovinastri, Giuseppe Appendino, Antonio Pognante, Gio. Battista Capello e Teodosio Piatti, stanno santificando la domenica bevendo del vino che vanno a prendere di volta in volta con un secchiello al magazzino degli alimentari della Società Operaia del Borgo.
More solito, col salire del livello alcolico aumenta l’aggressività e, poco dopo le 18:00, tra i giovani scoppia un diverbio che degenera in rissa.
Avvertiti, due Carabinieri della stazione di Borgo San Donato, l’appuntato Giovanni Furno e Anacleto Ravarani, accorrono sul posto.
Non appena si presentano, i partecipanti alla rissa si disperdono in varie direzioni e scompaiono. I due militari riescono a fermare soltanto il muratore Antonio Pognante, lievemente ferito alla mano sinistra, uno dei principali autori della zuffa, lo arrestano e lo portano in caserma.
Qui lo consegnano al brigadiere Agostino Ghiringhelli, al quale riferiscono che il disordine, in quel momento, sembra terminato.
«Ad ogni modo - ordina il brigadiere - tornate subito là per vedere come vanno le cose; io verrò immediatamente a verificare… un minuto che indossi l’uniforme».
Nel frattempo, Giuseppe Appendino ha riaperto le ostilità e ha riportato una leggera ferita al braccio destro. I due Carabinieri tentano con opportune parole di calmare gli animi, ma Appendino inizia a rivolgere loro epiteti ingiuriosi.
Viene dichiarato in arresto, lui si ribella con furia e chiama in aiuto i compagni. Viene tenuto fermo e sta per essere condotto in caserma quando il conciatore Teodosio Piatti si lancia nella mischia, col coltello in mano, e colpisce il carabiniere Ravarani alle natiche con tre colpi di punta.
Il Carabiniere, sentendosi ferito, lascia all’appuntato Furno l’impegno di controllare Appendino, che si dimena come un ossesso, e si lancia addosso a Piatti. Questi gli tiene testa con grande audacia, aiutato da una ventina di parenti e amici, che si accaniscono contro Ravarani gettando pietre e con spinte, pugni e morsi.
Il malcapitato Carabiniere non si scoraggia, impugna la sciabola e comincia a dare colpi di piatto a destra e a sinistra, specialmente sulla testa di Piatti, per intontirlo e poterlo finalmente controllare. Nello scontro riceve otto gravi coltellate, in varie parti del corpo, e una sassata in testa.
Intanto l’appuntato Furno ha continuato a lottare con Appendino. Così, a poco a poco, si è parecchio allontanato dal punto della colluttazione del Carabiniere Ravarani, che continua la sanguinosa mischia da solo.
Giunge il brigadiere Ghiringhelli, il quale non si accorge di Ravarani: va in aiuto dell’appuntato Furno e ammanetta Appendino. Soccorre poi Ravarani, il quale, al giungere del superiore, cade a terra esausto. Il brigadiere, sollecito, lo solleva e lo affida ad alcuni borghesi presenti e si rivolge a Piatti per arrestarlo. Questi gli cade fra le braccia e poco dopo muore.
Arrivano il maresciallo Angelo Canaparo e il carabiniere Francesco Vendrame, arrivano i comandanti la tenenza e la compagnia dell’Arma, ma ormai i ribelli si sono dispersi, già prima dell’intervento del brigadiere Ghiringhelli, intimoriti dal risoluto e coraggioso contegno dei due militari.
Ravarani viene portato all'Ospedale militare dove le otto coltellate sono giudicate gravi dai medici. Si teme una congestione cerebrale per la sassata ricevuta alla testa.
L’arrestato Giuseppe Appendino è un pregiudicato, ammonito da lungo tempo.
Teodosio Piatti, il morto, è un conciapelli di 24 anni, che abita in via Pinelli n. 19. Il suo cadavere viene portato alla camera mortuaria dopo le constatazioni di legge.
Nella notte gli agenti della forza pubblica arrestano quattordici individui, oltre a Pognante e Appendino. Fra questi vi sono Gio Battista Capello, calzolaio di 35 anni, sorvegliato speciale, e Saverio Ghiringhello, pregiudicato di 19 anni. Partecipano a questi arresti anche i carabinieri Quirico Barberis e Tobia Breda.
La Gazzetta Piemontese di lunedì 11 giugno 1888 riferisce questo episodio col titolo Rissa micidiale. Un po’ limitato il commento finale: «A proposito di questo gravissimo fatto aggiungiamo che ci giungono continue lagnanze di abitanti del borgo San Donato, nelle cui vie s'improvvisano ogni domenica balli al suono di organetti, mentre questi sono proibiti in città.
Questi balli ingenerano continue risse e zuffe sanguinose».
Il cronista pare non preoccuparsi del fatto che i giovani popolani torinesi non sappiano divertirsi senza ricorrere al coltello. A questo proposito ricordiamo che proprio nel quartiere San Donato ha operato il Beato Francesco Faà di Bruno, morto il 27 marzo di quell’anno. Il Beato ha considerato questa situazione in una delle sue canzoni in piemontese, intitolata Padron e travajeur (Padroni e lavoratori) dove sono contenuti questi consigli: «Adesso non parlo ai padroni: adesso rivolgo questi avvertimenti proprio a voi, commessi, garzoni, lavoranti e apprendisti, rivolgo questi avvertimenti. // Le feste sono un giorno di riposo, che vi ristorano dai lavori; preservando carne e ossa da malattie e da mille guai. […]. // Finite le preghiere, come meglio vi piace, potete sotto una pergola leggere o sotto un viale potete fare una partita a bocce o al volano, o far merenda allegri come folletti».
Ammonimenti che proprio a due passi dalla chiesa di Nostra Signora del Suffragio e dall’Opera di Santa Zita, edificate dal Beato Faà di Bruno, sono stati ampiamente disattesi dai protagonisti della «Rissa micidiale».
I Carabinieri Furno e Ravarani dapprima ricevono l’encomio solenne, poi vengono insigniti di medaglia al valor militare: Ravarani d’argento e Furno di bronzo, concesse con Determinazione Ministeriale approvata da S. M. in udienza del 22 settembre 1888.
Queste le motivazioni. Per Cleto Ravarani: Il 10 giugno 1888 tenne fronte, in Torino, ad una turba di ribelli, e benché ferito di coltello e sassi, non cessò di lottare fino a che cadde a terra privo di sensi.
Per Giovanni Furno: Il 10 giugno 1888, in Torino, accorso con altro carabiniere a sedare una clamorosa rissa, fu assalito dai ribelli, ma egli tenne lor fronte coraggiosamente e ne trattenne uno in arresto.
Per la ricostruzione di questa vicenda, oltre alla Gazzetta Piemontese di lunedì 11 giugno 1888, abbiamo utilizzato Il Carabiniere del 27 gennaio 1889, dal quale proviene la tavola che illustra l’episodio.
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Articolo pubblicato il 28/04/2023