Parigi. La Corte di Cassazione francese si è pronunciata contro l'estradizione dei terroristi rossi italiani rifugiati da decenni

Chi sono i 10 ex terroristi italiani?

La Cassazione francese ha confermato il rifiuto della Francia all'estradizione dei 10 ex Brigatisti degli anni di piombo in Italia.

 

"La Corte di Cassazione - si legge nel dispositivo annunciato martedì a Parigi sull'estremo ricorso contro il rifiuto di estradare i 10 ex Br in Italia - respinge i ricorsi presentati dal procuratore generale presso la Corte d'Appello di Parigi contro le decisioni della Corte d'Appello, ritenendo che i motivi addotti dai giudici, che discendono dal loro apprezzamento sovrano, sono sufficienti". La Cassazione conclude che "il parere sfavorevole sulle richieste di estradizione è, in considerazione di ciò, definitivo".

Gli ex terroristi italiani hanno vissuto in Francia da lunghi anni, in stato di libertà grazie a quella che viene indicata come dottrina Mitterrand. Non una legge, ma una pratica introdotta negli anni Ottanta dall'allora presidente francese François Mitterrand. La Francia garantiva a questi assassini libertà e sicurezza, ma queste persone non avrebbero dovuto avere più legami con la lotta armata.

Diversa la posizione dell'attuale presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. «È il rispetto che dobbiamo alle famiglie delle vittime e alla nazione italiana» ha detto Macron che ha ribadito la «volontà politica di sostenere la domanda di estradizione del governo italiano, conformemente a quella che è sempre stata la politica della Francia, ovvero rifiutare l'estradizione solo delle persone non implicate in crimini di sangue. Nella fattispecie, le persone di cui stiamo parlando sono state implicate in crimini di sangue e quindi meritano di essere giudicate sul suolo italiano».

Rifiuto da parte della Magistratura, in gran parte atteso, ma chi sono gli ex terroristi?

Nel gruppo degli assassini, ci sono sei ex militanti delle Brigate rosse ed ex esponenti di Lotta Continua. Il nome più noto è probabilmente quello di Giorgio Pietrostefani, tra i fondatori di Lotta Continua. Ha 80 anni ed è stato condannato a 22 anni come uno dei mandanti dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi, il 17 maggio del 1972.

Militava in Autonomia Operaia, Raffaele Ventura, 71enne, condannato a 20 anni per concorso morale nell'omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra.

Luigi Bergamin, classe 1948, è un ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac). Deve scontare una condanna a 25 anni per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio.

Narciso Manenti, nato nel 1957, è un ex membro dei Nuclei armati contropotere territoriale. Deve scontrare una condanna all'ergastolo per l'omicidio aggravato dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979.

Sono sei gli ex brigatisti rossi: Giovanni Alimonti, 68 anni, è accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos. Deve scontare 11 anni per banda armata e associazione terroristica.

Roberta Cappelli, anche lei 68enne, ha una condanna all'ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all'incolumità.

Marina Petrella ha ora 69 anni ed è stata condannata per l'omicidio del generale Galvaligi. Sposata con il brigatista Luigi Novelli, ha avuto una figlia in carcere in Italia e una seconda da una nuova unione dopo essere fuggita in Francia. La figlia maggiore ha chiesto l'amnistia per la madre.

 Nel 2008 Nicolas Sarkozy fermò la sua estradizione in Italia per ragioni umanitarie.

Il 65enne Sergio Tornaghi è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli.

Il 63enne Maurizio Di Marzio deve scontare 5 anni per tentato sequestro dell'ex dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone, e il suo nome è legato anche all'attentato al dirigente dell'ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981.

Enzo Calvitti ha ora 68 anni e deve scontare 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi.

Queste le prime reazioni:

"Quanto mi fa godere la Cassazione francese...". Questo il commento di Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, alla decisione dei giudici di Parigi di confermare il rifiuto all'estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo in Italia. Galmozzi è stato condannato per gli omicidi dell'avvocato Enrico Pedenovi e del poliziotto.

"Qual è la mia reazione...? sono dei disgraziati, perchè non c'è giustizia così! E' tuttavia una decisione che ci aspettavamo dalla Francia". Così Adriano Sabbadin, figlio di Linoil macellaio ucciso nel 1997 in Veneto ad opera dei Proletari Armati di Cesare Battisti, commenta il rifiuto della Cassazione francese all'estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo. "Ci dicano allora, i giudici, quali sono i colpevoli? Ci sono dei morti sulla coscienza di queste persone", conclude Sabbadin.

"È una vergogna che non ha fondamento giuridico. Io e la mia associazione facciamo appello al ministro Nordio affinché la giustizia italiana intervenga. E chiedo alla Francia: se fosse successa la stessa cosa al contrario con le vittime del Bataclan?". Così Roberto Della Rocca, uno dei sopravvissuti agli attentati delle Brigate rosse, commenta la sentenza della Cassazione francese, che ha confermato il rifiuto della Francia all'estradizione dei dieci ex Br. Della Rocca, che è anche presidente dell'Associazione nazionale vittime del terrorismo, lavorava per Fincantieri nel 1980 quando fu ferito a Genova durante un attentato delle Br.

Mario Calabresi, giornalista e figlio del commissario, è intervenuto lo scorso anno al momento del rifiuto dell'estradizione. «Se i giudici francesi avessero detto che Giorgio Pietrostefani non è compatibile col carcere perché anziano e malato avrei compreso e rispettato. Ma la motivazione usata è ridicola perché falsa: lui non è stato giudicato in contumacia, ma ha sempre partecipato a tutti i processi». E ancora: «Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo».

"Ho vissuto da pm in prima persona quegli anni drammatici e oggi il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all'intero Paese, una risposta dalla giustizia francese. Faccio pertanto mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso 51 anni fa, nella speranza che chi allora non esitò ad uccidere ora "senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità". Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio in una nota in cui prende atto della decisione.

 

Mancano al momento dichiarazioni da parte di quei settori della politica italiana da sempre vicini all’eversione.

All’Adnkronos, Cristian Iosa, figlio di Antonio Iosa, ex esponente della Dc gambizzato dalle Brigate Rosse a Milano il primo aprile 1980, ha detto: «Mi auguro che i terroristi vengano estradati e che sia fatta giustizia, non per spirito vendicativo ma, appunto, per spirito di giustizia, perché queste persone non si sono mai pentite». Dall'altra parte Paolo Persichetti, finora unico ex terrorista estradato in Italia dalla Francia, sempre all'Adnkronos ha detto: «Non ha senso a un certo punto, quando c'è una distanza abnorme rispetto ai fatti, la punizione, tenendo conto oltretutto del fatto che l'esilio non è una passeggiata. È una vita precaria, con mille problematiche, per cui poi l'inserimento ha richiesto decenni».

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 31/03/2023