Il partigiano diciassettenne Ercole Chiolerio

I genitori non lo videro mai e neppure la sua Medaglia d’Oro al Valor Militare (di Alberto Serena)

Un triste momento visse la famiglia di Carlo Antonio Luigi Chiolerio (Valprato 24.2.1822) e di sua moglie Margherita Chiolerio, quando si accorsero che il loro figlio Carlo, nato a Valprato il giorno 8 aprile del 1858, stava perdendo la vista e a nulla valsero le cure prestategli dal medico del paese.

Fu in quel periodo che decise di trasferirsi lontano da casa in cerca di un altro lavoro più consono a questa sua disabilità e a nulla valsero le implorazioni della mamma Margherita, Chiolerio anche lei, perché restasse in famiglia.

Dopo essersi sposato il 29 maggio del 1883 con Anna Ortore (Valprato 1866) si mise in viaggio con la moglie fino in Liguria fermandosi a Sarzana, in provincia di La Spezia, dove vennero ospitati in una piccola comunità di Evangelici Battisti, che cercavano una famiglia a cui affidare la portineria.

In quel paese nacque il primo ed unico figlio Giovanni Battista (Sarzana 21.8.1901 - Torino 31.12.1962), che per un tragico gioco del destino nacque cieco anche lui.

Dopo una decina di anni e per far sì che il figlio potesse frequentare una scuola per ciechi si trasferirono il 16 febbraio del 1911 a Torino dove esisteva l’Istituto regionale dei ciechi in via Nizza 151, sorto nel 1875 e citato anche nel libro “Cuore” di De Amicis, come una scuola all’avanguardia.

Questi studenti non vedenti imparavano a “far di conto e a leggere” su dei libri con impressi dei punticini sui quali passavano i loro polpastrelli. Questa scrittura era chiamata “Braille” dal nome del suo inventore, Louis Braille (1809 - 1852).

Grazie a questa scuola Giovanni Battista completò gli studi obbligatori diventando un bravo accordatore di pianoforti e in quella scuola ebbe modo di conoscere la giovane Assunta Ruga (18.2.1900 - Torino 24.7.1994), anche lei priva di vista.

Assunta all’età di quattro anni ebbe un attacco di morbillo che le procurò una grave infezione agli occhi e i chirurghi dovettero enuclearli per evitare guai peggiori.

I due giovani “innamorati al buio” si sposarono il 20 febbraio del 1927 e un anno dopo, il 23 marzo del 1928, nacque Giuseppe. Andarono ad abitare, nel novembre del 1934, nelle case popolari di Via Tripoli 75/12 a Torino.

In quella casa, il 17 agosto del 1940 nacquero due gemelle: Anna Maria (1940 - 19.9.2000) e Maria Pia (1940 - 6.3.2007). Mentre la sorella rimase con la madre impiegandosi alla casa editrice Ilte di Torino, Maria Pia si sposò con Alfredo Pinto.

Giuseppe, frequentate le scuole professionali, venne assunto quale disegnatore presso le Officine subalpine di apparecchiature elettriche, ma la Seconda Guerra Mondiale segnò per lui un profondo cambio di vita.

Nel luglio del 1944, alla giovane età di 16 anni, continuando a lavorare, entrò in clandestinità nelle formazioni partigiane, ma in cuor suo voleva andare a combattere sul campo.

Un giorno freddissimo del febbraio del 1945 accompagnò i genitori e le sorelline a Piossasco, dove, dopo averli sistemati in casa di amici, abbandonò il posto di lavoro. Andò a far parte della XIX Brigata della 4ª Divisione Garibaldi, prima con la qualifica di caposquadra e in seguito con la qualifica di comandante di distaccamento, equiparato al grado di sottotenente.

Con altri giovani costituirono il "distaccamento Barca" della 19ª Brigata Giambone della IV Divisione Garibaldi operante nell’Astigiano e si distinse prima con la qualifica di caposquadra. In seguito, dall’ottobre 1944, ottenne la qualifica di comandante di distaccamento, equiparato al grado di sottotenente, assumendo il nome di battaglia “Ercole”.

Nel mese di marzo del 1945, tedeschi e fascisti organizzarono un pesante rastrellamento nella zona presidiata dalla 19ª e fu ad Albugnano (Asti) che, il 3 marzo, avvenne un furioso combattimento tra le truppe nazifasciste e i partigiani della Garibaldi che tentavano di sganciarsi.

Già tre suoi compagni, i ventenni Ernesto Gorla di Torino, Domenico Pagliassotto di San Giorgio Canavese e il ventisettenne Romolo Delponte di Rocchetta Tanaro erano stati uccisi, quando gli fu ordinato di ritirarsi da quel posto ormai troppo esposto. Il giovanissimo partigiano continuò a sparare contro i nemici avanzanti e, gravemente ferito, continuò a usare la mitragliatrice fino a che non fu colpito a morte.

Fu decorato con medaglia d’oro al valor militare nel settembre del 1953 con la motivazione: “Il partigiano Ercole Chiolerio si portò con una mitragliatrice in una posizione dalla quale avrebbe potuto meglio fermare il nemico e coprire il ripiegamento della propria formazione”.

L’anno dopo, in occasione della consegna della medaglia d’oro ai genitori, fu posta una lapide in sua memoria nell’androne della casa dove abitava, in via Tripoli 75 interno 12 e una sezione di partigiani nella città di Chieri venne intitolata con il suo nome.

Nel gennaio del 1968 avvenne un incendio in questo alloggio, che distrusse tutto l’arredamento, mettendo in pericolo la mamma, vedova dal 1963, e la figlia. Furono ospitate dall’altra sorella in via Gorizia 131/21 e il giornale “La Stampa” organizzò una colletta per aiutare queste due donne, raccogliendo centomila lire.

Furono distrutti tutti i mobili, il televisore, il frigorifero, la stufa, ma Assunta Chiolerio riuscì a salvare alcuni vecchi nastri magnetici, sui quali aveva inciso il suo racconto che rievocava l'eroica morte del figlio Giuseppe, il partigiano “Ercole” e, soprattutto, quella medaglia d’oro posta, in un cofanetto della camera da letto, ricordi di inestimabile valore per quella madre che non ebbe mai la gioia di poterlo vedere.

Alberto Serena

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Articolo pubblicato il 20/05/2023