
… anche noi seguiamo le stesse trame e agiamo di conseguenza, ma con una fondamentale differenza: …
Quanto segue si riferisce all’incontro n° 72 del 25.01.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°3.
-------------------------
… noi siamo contemporaneamente il ragno, la mosca e la tela! Non c’è infatti possibilità di distinguere chi sia l’uno o l’altra e quali mezzi siano usati per allestire lo scenario in cui si svolge la rappresentazione dell’eterna lotta per l’esistenza. In tale nebuloso contesto, denso di stravolgimenti di fronte tra le varie parti, non è facile distinguere chiaramente come si svolgono realmente i fatti. Così accade anche nelle relazioni tra chi perde il corpo fisico e chi invece ne resta in possesso, alla luce delle relazioni che tra di loro si sono stabilite sia in vita che “post mortem”.
-------------------------
Ne avrete facilmente conferma dalle parole stesse dell’interessato coinvolto che ricorderà tali fatti soffermandosi su aspetti particolari poco noti o completamente sconosciuti ai più. A volte anche riferendosi ad oggetti presenti o foto per sostenere e giustificare ancora di più quanto egli esprime. È chiaro che si sta manovrando qualcosa di estremamente pericoloso, perché tutto quanto si fa in questo modo e avviene in quel lasso di tempo particolare comunque stabilisce dei legami che, se non si è in grado di recidere ed eliminare entro quelle ore, possono continuare a sussistere come dei veri e propri nuovi cordoni ombelicali che noi stessi abbiamo voluto stabilire senza poi sapere come fare per reciderli.
Ma soprattutto, ancora più importante è ricordarsi che ogni legame, ogni cordone ombelicale, allacciato con chiunque, deve essere reciso in vita, lasciando libere le persone di poter proseguire la loro strada senza impedimenti, in modo da potersi rivolgere e rapportare a loro non più come una parente, una persona particolarmente importante, ma come una qualunque a cui, come tutte, si deve comunque tutto il rispetto dovuto, indipendentemente dal proprio o altrui giudizio, anzi, meglio ancora, evitando ogni giudizio. Insomma come uno sconosciuto qualunque con il quale siamo in relazione per una ragione qualsiasi. Siamo tutti sullo stesso piano e abbiamo tutti lo stesso valore perché siamo tutti interagenti verso lo stesso scopo e ciascuno di noi vive grazie agli altri. Vicini o lontani, parenti o no, amici o nemici, non importa, perché la capacità di relazionarsi dal punto di vista dell’anima, anche quella naturale, non conosce limiti. Né fisici né immaginativi.
Per esempio la nostra percezione del tempo. In relazione al tempo noi diciamo che una cosa è avvenuta ieri, una oggi e una avverrà domani, stabilendo così una sequenza logica, convenzionalmente misurata con il parametro del tempo che trascorre tra di loro. In realtà questa percezione del tempo è completamente errata, è una convenzione posta su basi errate. Possiamo rendercene conto mentre facciamo una semplice constatazione come quella che ogni mattina il sole sorge. In realtà il sole non sorge mai; è sempre dove deve essere. È la terra che nel suo movimento di rotazione su sé stessa porge parte di sé alla luce solare diretta, mentre nasconde l’altra. Gradualmente ogni sua parte nascosta si avvicenda nella zona di esposizione mentre, contemporaneamente, ogni sua parte esposta si sposta nell’ombra e sembra scomparire. Il tempo è formato solo da un continuo presente che noi erroneamente classifichiamo come un prima, un adesso e un dopo.
Facciamo un esempio classico. In questo momento stiamo guardando uno schermo e vediamo davanti a noi: questo è il momento attuale. Se giro la mia testa a sinistra vedo una parete della stanza in cui mi trovo, se la giro a destra ne vedo un’altra. Non le posso vedere nello stesso istante, contemporaneamente. Quindi ne guardo una e poi l’altra e dico che ho guardato prima la parete a sinistra e poi quella a destra. Per cui quella a sinistra è il passato e quella a destra è il futuro rispetto a quella a sinistra. Ma è un’osservazione errata poiché entrambe coesistono nello stesso tempo indipendentemente dalla mia osservazione. Coesistono nello stesso tempo e nello stesso luogo in cui è presente il computer sul cui schermo ci stiamo osservando reciprocamente durante questo incontro. Mentre io guardo lo schermo del computer, se faccio ben attenzione, con le code degli occhi scorgo entrambe le pareti, scopro che sono entrambe presenti. E anche quando togliessi queste pareti applicherei questi passaggi a ciò che troverei al loro posto o ancora più in là e scoprirei che, benché tutto sia sempre coesistente, non potrei che osservarne prima una parte e poi un’altra. Quindi non posso che osservare sempre una piccola parte dell’eterno presente, di ciò che è sempre presente insieme a tutto il resto, che per convenzione, a causa della limitazione percettiva dei miei occhi, del mio campo visivo primario, posso vedere per prima rispetto ad un’altra parte. A tale limite si aggiunge anche quello della capacità di attenzione della mia coscienza, che non è in grado di comprendere, analizzare ed elaborare quanto appare nel campo visivo, allo stesso modo. In questo momento anche se io non sono nello spazio orbitante intorno a Plutone posso tranquillamente affermare che Plutone esiste proprio ora in questo preciso istante e che l’orbita, indipendentemente dal fatto che io possa percorrerla o meno, è percorribile proprio ora comunque. Tutta questa bella storia deve almeno servirci a comprendere che abbiamo bisogno di allargare la visione delle cose, che i nostri occhi catturano e il cervello interpreta, per averne un’idea un po’ più reale (qualcuno direbbe oggettiva, ma sarebbe un’altra convenzione come quella del trascorrere del tempo).
Riprendo il discorso relativo ai rapporti tra le persone. Estremizzando, alla differenza tra un rapporto particolarmente esclusivo con chi ci è vicino e assolutamente trascurabile con chi non ci interessa o è lontano da noi, come un ragazzo brasiliano che sta morendo di fame. Però, e ora arrivo alla domanda, ma non è forse anche una necessità dell’essere umano avere rapporti così diversificati con i suoi simili? O meglio, una base di dignità comune è una cosa, ma che sia per tutti uguale non è un po’ una negazione dell’essere umano, delle sue diverse caratteristiche individuali e personali?
Lo sarebbe se si pretendesse che tutti facessero le stesse cose nello stesso modo. Se così fosse avresti ragione. No? Ma il bello è proprio questo. Che la capacità di mantenersi in equilibrio rispetto a chiunque, gli permette di essere completamente diverso da noi.
E proprio per questo noi possiamo interagire con lui scambiando ciò che è utile a tutti e due senza pretendere da alcuno dei due che faccia qualcosa come noi intendiamo sia giusto farlo.
Ho capito! Adesso mi è più chiaro.
Arriveremo anche al discorso attorno alla relazione di coppia, proseguendo su questo argomento, perché è proprio lì che si gioca la vera partita tra due individui o tra genitori e figli, ma abbiamo dato per scontato la questione genitori, che mediamente sono in due, seppure notoriamente non uguali. Non perché entrambi sono genitori devono essere allo stesso tempo uguali. Sono entrambi genitori, ma individui diversi. Il che fa una certa differenza, volenti o nolenti. Una differenza che a volte è abissale come mostrano i grafici appena visti. Però è importante comprendere quali siano le proiezioni prodotte da un essere umano su un altro essere umano e quali invece sia la realtà delle loro differenze, indipendentemente dai nostri sforzi per renderli simili a come vogliamo noi. Vedremo infatti che la stessa cosa che noi facciamo verso un’entità che ha perso il suo corpo e che ci era cara, la facciamo verso quell’altra entità che ha ancora il suo corpo ma, pur essendo vicino a noi, non è noi. Non è come noi e quindi non possiamo applicare a lei le stesse modalità comportamentali che ci aspettiamo da noi stessi (ammesso di essere o poter essere coerenti con quello che siamo veramente). Estremizzando. Infatti parlando di rapporti con i morti torniamo ai nostri più intimi affetti, perché è di questo che si tratta. Mentre con chi se ne è andato si può fare di tutto e di più (ma è altamente sconsigliato, lo ripeto), non allo stesso modo si può fare con un vivo; mi sembra piuttosto evidente. Anche se ci sono casi in cui qualcuno vive una nuova relazione con una nuova persona come se fosse il proseguimento della precedente, scambiando il vivo per il morto. Oppure a vivere esclusivamente nel ricordo del defunto, escludendo ogni tipo di relazione con i vivi. Alcuni giungono a trasformare una stanza in un reliquiario, mantenendola nella stessa condizione in cui era al momento del trapasso del loro caro, oppure a preparare un posto a tavola anche per il defunto, oppure parlano alla sua fotografia. Sono casi meno rari di quanto si possa pensare.
---------------------
Prosegue nei prossimi articoli
foto, schemi e testo
pietro cartella
Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini
Articolo pubblicato il 06/06/2023