
La città è legata a corda doppia con la figura di san Carlo Borromeo
Vent’anni fa i Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Proponiamo quindi una serie di articoli che ripercorrono la storia e la cultura di queste importanti testimonianze dell’arte e della devozione e sorte sulla spinta delle istanze sorte in seno al Concilio di Trento.
È rimasto poco del Sacro Monte di Arona: certamente l’incuria ha profondamente alterato la struttura di questo piccolo universo cultuale della provincia di Novara. Di certo però ha avuto un ruolo non secondario il fatto che quel cantiere sia rimasto aperto per tanto tempo, senza giungere mai a concretizzare il complesso devozionale in forma definitiva.
Arona è legata a corda doppia con la figura di san Carlo Borromeo, che qui nacque il 2 ottobre 1538; come è noto fu un personaggio influente soprattutto per le sue posizioni controriformiste, che lo condussero a operare spesso con notevole vigore per combattere forme di culto ritenute, dalla Chiesa cattolica, intrise di superstizione e qualche volta ancora segnate dagli echi di rituali precristiani. Strumenti molto forti per consolidare la tradizione cattolica, furono i principi post-tridentini, che il Borromeo cercò di applicare concretamente già alle più semplici pratiche del culto.
Anche il Sacro Monte di Aroma è strettamente legato a san Carlo, varie le motivazioni di questo legame. Intanto non dimentichiamo che questo nobile esponente dei Borromeo vide in un’entità come il Sacro Monte uno strumento dogmatico di grande importanza per la diffusione, a vari livelli della società, dei valori controriformisti. Valori che san Carlo seppe spesso applicare con atteggiamenti colmi di umanità, destinati a lasciare un’eco profonda nella memoria dei lombardi che sarà poi amplificata con la sua elevazione all’onore degli altari voluta da Paolo V, quindici anni dopo la morte (1584).
Fu padre Marco Aurelio Grattarola (1549-1615), della congregazione degli Oblati, a ideare, con l’appoggio di Federico Borromeo (1564-1631), cugino di Carlo e anch’egli arcivescovo di Milano, un complesso strutturato sul modello del Sacro Monte per ricordare degnamente il santo. Gli studiosi hanno però qualche perplessità sull’ideatore del complesso: infatti non vi è la prova che il Grattarola pensasse a un vero e proprio Sacro Monte; vi è la possibilità che in realtà avesse in mente un grande monumento. Comunque il progetto vide ben presto la luce: prevedeva quindici cappelle che avrebbero dovuto estendersi nel verde lungo il lago e salire al monte San Carlo, dove oggi si trova la grande statua universalmente nota come “San Carlone”.
Il 13 luglio 1614, il cardinale Federico Borromeo pose la prima pietra del santuario dedicato al Santo a poca distanza dal castello della nobile famiglia. Di quell’importante edificio oggi non restano che poche rovine: infatti fu demolito, nel 1801, per ordine di Napoleone e quasi miracolosamente vennero portate in salvo alcune parti dell’arredamento della stanza in cui san Carlo vide la luce.
Malgrado il notevole impegno profuso, sia sul piano operativo che su quello finanziario, l’attuazione del complesso devozionale incontrò numerosi ostacoli: prima di tutto le condizioni generali (guerre tra spagnoli e francesi, carestie, epidemie) e poi lo spegnersi della “passione” iniziale che, come spesso è documentato in imprese analoghe, si perderà per strada, lasciando l’ambiziosa iniziativa ferma sulla carta.
Oggi solo tre delle cappelle progettate sono presenti sul territorio: quella in condizioni meno precarie è quella degli Oblati. Mancano comunque elementi decorativi, pittorici e plastici che possano assegnare al complesso la fisionomia tipica del Sacro Monte.
Delle fonti d’archivio si evince che nel 1642 tre cappelle erano terminate, mentre le rimanenti dodici erano appena iniziate.
Il percorso professionale previsto sembra che però non si fermò lì: infatti, in una mappa catastale del 1723, sono indicate quindici cappelle, disposte su tre file e con al vertice le statua di San Carlo e il santuario.
L’ambizioso progetto del Sacro Monte di Arona, così come era stato immaginato da padre Grattarola, prevedeva quindici cappelle interamente dedicate alla vita di san Carlo Borromeo; questi i temi delle singole realizzazioni: Nascita di san Carlo; Vocazione di san Carlo; Chiusura di san Carlo al Concilio di Trento; Ingresso di san Carlo a Milano; Visite delle province ecclesiastiche; Conversione degli eretici e visita ai Grigioni; Archibugiata del Farina; Rinunzia di san Carlo ai titoli; Assistenza di san Carlo agli appestati; Processione a Milano con il Santo Chiodo; Istituzione della congregazione degli Oblati; Visita di san Carlo alla Sindone; Traslazione dei corpi santi; Morte di san Carlo; Canonizzazione di san Carlo.
Il primitivo progetto del Grattarola prevedeva uno sviluppo completamente articolato intorno alla vita e all’esperienza di san Carlo, ma quanto oggi rimane (prima, settima e undicesima cappella) è appena nella condizione di lasciarci immaginare quale avrebbe dovuto essere l’effetto complessivo.
La prima cappella, dedicata alla nascita del santo si affaccia sul lago Maggiore, si avvale di un solido pronao che ben si compatta nella struttura verticale dell’edificio.
La settima cappella è ormai totalmente in abbandono: la struttura basata su una forte curvatura riflette i canoni architettonici del periodo; sul lato sinistro sono ancora visibili tracce del primitivo percorso devozionale. In questa struttura avrebbe dovuto trovare spazio la rappresentazione della cosiddetta “archibugiata del Farina”: si tratta cioè dell’attentato che Carlo subì la notte del 28 ottobre 1569.
A sparare Gerolamo Donati, detto il Farina, che esplose un colpo di archibugio nella schiena mentre il Borromeo era inginocchiato a pregare nella cappella dell'arcivescovado. Il Donati apparteneva agli Umiliati: Pio V volle riformare, poiché quell’ordine era sostenitore di posizioni che si avvicinavano alle idee protestanti e calviniste. Benché Carlo non volesse che si procedesse contro il Farina, attentatore e i suoi complici furono giustiziati; l’ordine degli Umiliati fu soppresso e i suoi beni devoluti ad altri ordini.
L’undicesima cappella, dedicata alla Fondazione degli Oblati, è strutturata su un doppio ordine e con ambulacro interno; il pronao è più semplificato e sorretto da due colonne con capitelli di ispirazione corinzia.
Il santuario, a pianta centrale, venne quasi completamente realizzato entro il 1614: il risultato rivela dirette connessioni con la cultura manierista, di cui può essere considerato un interessante esempio piemontese. Fino al 1725 il santuario non ebbe però il tetto, ma solo una copertura lignea. Nei primi anni del XX secolo furono poi applicate le due scalinate anteriori.
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Articolo pubblicato il 20/08/2023