
Tra le fontane dei fiumi, un film di Dario Argento e l’ex Albergo Nazionale
Piazza C.L.N. è intitolata al Comitato di Liberazione Nazionale, costituitosi in Italia alla caduta del fascismo, e si trova alle spalle delle due chiese "gemelle" di piazza San Carlo, santa Cristina e san Carlo, lungo l'asse di via Roma. Prima del 1935 era nota come "piazza delle due chiese".
Il suo aspetto razionalista è dovuto alla ristrutturazione del 1935, su progetto di Marcello Piacentini (1881 – 1960), che comprendeva le statue di Benito Mussolini e di Vittorio Emanuele III, più due fontane sul retro delle chiese, con le allegorie antropomorfe dei fiumi Po e Dora Riparia; saranno realizzate soltanto le ultime due sculture fluviali. Sulle absidi delle due chiese gemelle lo scultore Umberto Baglioni, nel 1937, appoggia le statue della Dora Riparia e del Po, che faranno attribuire il nome di Piazza delle Due Fontane al nuovo ambiente urbano.
Le due fontane raggiungono notorietà internazionale fra il 1974 e il 1975, quando vengono scelte da Dario Argento per girare alcune scene della pellicola Profondo rosso. Il film appare ambientato a Roma e dintorni, ma le scene esterne sono state girate in prevalenza a Torino. La fontana dove ha luogo il colloquio tra Carlo, ubriaco, e Marc è la Fontana del Po, in piazza C.L.N. Il Blue Bar dove suona Carlo in realtà non è mai esistito; tutta la scenografia è costruita in piazza C.L.N., vicino all'abitazione di Marc Daly, ed è un chiaro omaggio al quadro I nottambuli (Nighthawks) di Edward Hopper, del 1942.
Nel 1987 le fontane vengono svuotate e messe fuori servizio a causa dell'usura della copertura delle vasche e dell'impianto idrico. Solo nel 2005, dopo quasi venti anni di abbandono e incuria, un significativo restauro, durato alcuni mesi, le due fontane tornano in funzione.
Qui, sotto i portici che si estendono lungo il perimetro della piazza, al numero 254 di via Roma, angolo piazza C.L.N., si trovava la Pensione Nazionale, poi Albergo; la piazza diventa tristemente nota perché all’interno dell’Albergo Nazionale si installa il comando della Gestapo. Dopo la Liberazione, l’Albergo Nazionale diventa sede del comando americano di Torino; nel 2008 l’albergo cessa l’attività; dopo un restauro, dal 2020 l’edificio ha preso il nome di Nuovo Palazzo San Carlo.
Nel 1943, la Gestapo locale è comandata dal maggiore delle SS Hugo Kraas e dal comandante del servizio di Polizia di Sicurezza Tedesca Sipo-SD (Sicherheitspolizei), tenente Alois Schmidt. Il distaccamento di Torino fa parte del gruppo Italia-Nord Ovest, con sede a Milano, capeggiato dal colonnello Walter Rauff, che aveva giurisdizione su tutto il Piemonte; diviso a sua volta in sezioni, ne prevedeva una, la quarta per l’esattezza, che rappresentava il controspionaggio della Gestapo, diretta dal tenente Rudolf Albrecht.
Il tenente Alois Schmidt, che di lì a poco sarebbe stato promosso capitano, è inviato a Torino fra il 18 e il 19 settembre 1943; si stabilisce con il suo distaccamento, fino al 25 settembre del 1943, all’Albergo Imperia, poi al Nazionale.
Insieme a Schmidt, che dirige il servizio di Polizia di Sicurezza tedesca Sipo-SD, il maggiore Hugo Kraas è incaricato di assumere il comando delle truppe della Militärkommadatur 10 che occupano Torino il 10 settembre 1943. Il successivo 20 aprile 1944, Hugo Kraas è nominato SS-Obersturmbannführer e presiede il comando della Gestapo di Torino, alloggiato presso l'Albergo Nazionale. Alla Liberazione, Hugo Kraas, Alois Schmidt e le truppe tedesche abbandonano l'albergo nella notte tra il 27 e il 28 aprile del 1945 alla volta dell'Austria, prima dell’arrivo della III Divisione Partigiana Garibaldi, che trova l’Albergo Nazionale vuoto e abbandonato.
Dopo la guerra, nel 1950, il capitano Alois Schimdt viene processato dal tribunale militare territoriale di Napoli, imputato del reato continuato di violenza consistente in omicidio e in percosse e maltrattamenti contro privati nemici. Sarà condannato a otto anni di reclusione, assolto da molti capi d'imputazione fra cui "il concorso nel reato di violenze consistenti in percosse e maltrattamenti a danno di Cherchi Anna, Nicola Gioacchino, Pungo Gigante, Carrà Mario, Bellone Giuseppe, Meltzeid Gustavo, Monfrino Giuseppe per mancanza di prove e a danno di Garbagnavi Giuseppe e dottor Lombardini per non aver commesso il fatto".
Sotto i portici una lapide ricorda Renato Martorelli, (Livorno, 21 luglio 1895 – Niella Tanaro, 28 agosto 1944). Avvocato, già iscritto al Partito Socialista Italiano, durante la dittatura è attivo come esponente del gruppo clandestino azionista Italia Libera, un’associazione antifascista fondata a Firenze nel giugno 1924, pochi giorni dopo l’uccisione di Giacomo Matteotti. Egli è Tra i fondatori a Torino, nel 1943 del Partito Socialista di Unità Proletaria, nato nella clandestinità dalla fusione del Psi e del Movimento di Unità Proletaria. Con la caduta del fascismo e l'occupazione tedesca seguita all'armistizio dell'8 settembre 1943, Martorelli aderisce alla Resistenza, partecipando ad operazioni militari in Piemonte e in Liguria, quale membro del Comitato militare del CLN piemontese. Catturato il 30 luglio del 1944 dai fascisti è fucilato, dopo esser stato sottoposto a lunghe torture. Il suo corpo non verrà mai ritrovato, non sappiamo se occultato o disperso da un vano, crudele e disumano accanimento.
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Articolo pubblicato il 27/10/2023