Il “Festone” di Cameriano (Novara) ha compiuto 250 anni

Una antica tradizione di fede nel crocifisso, rinnovata nel 2023

Cameriano è una frazione del Comune di Casalino (Novara), descritta dal Casalis (1) che vi ravvisa un alone leggendario riferito ai Romani.

CAMERIANO (Camarianum), terra nella Novarese provincia, frazione del comune di Casalino, già munita di un castello, in cui fu situata la parrocchiale con titolo di Pievania. Trovasi distante da Novara quasi quattro miglia di Piemonte, sulla via reale, che da quella città tende a Vercelli: è detta Camilianum nella carta di donazione che S, Adelgiso vescovo di Novara nell' 840 fece ai canonici della cattedrale di quella città.

Dall' Azzario essendosi alterato il nome di questo paese in Arcamarianum, il Merula ed il Castiglione vi sognarono un arco di Mario per una fantastica vittoria quivi riportata da Mario sopra i Cimbri.

Un aspetto particolare di Cameriano è il suo “Festone”, che nel 2023 festeggia250 anni.

"Una tradizione dall’importante fondamento storico e culturale per l’intera comunità di Casalino e non solo per la frazione di Cameriano: la Provincia ha dato con entusiasmo il proprio sostegno a questo particolare progetto, che rappresenta uno dei numerosi eventi del territorio in grado di essere attrattivi per il turismo, che devono essere valorizzati e fatti conoscere".  

Con queste parole, il presidente della Provincia di Novara, Federico Binatti, e il consigliere delegato al Turismo e Marketing Territoriale, Luigi Laterza, presentavano il progetto “'Festone Cameriano 1773-2023”.

A organizzare il ”Festone” 2023, spiegano il Sindaco di Casalino, Alessandro Mazza, e il Vicesindaco, Sergio Ferrari, "è, appunto, Il Comitato per il “Festone”, che si è ufficialmente costituito nel 2022 e che ha portato avanti in questi mesi la stesura del programma religioso e di quello ricreativo, collegati anche alla festa annuale di Cameriano".

Il Comitato, amministrato da un Consiglio di gestione composto da quindici membri (il presidente Gianbattista Curino, il vicepresidente Gianmarco Mazzola, il segretario Loris Gennari, il tesoriere Sergio Ferrari e i consiglieri Paolo Nespoli, Alessandro Mazza, Giovanni Sedani, Daniele Mainardi, Ezio Battistel, Veronica Mazzola, Davide Fontana, Sergio Marchi, Rossana Zacchi, Giuliano Saia e Fabrizio Armanti), ha curato le attività preparatorie, che hanno portato al clou delle manifestazioni, dal 3 al 15 settembre scorso.

Una tradizione che compie 250 anni e arriva ai giorni nostri merita di essere raccontata.

Nel giugno del 1773 la comunità di Cameriano porta per la prima volta in processione, come “ex voto”, per invocare l'aiuto divino contro pestilenza e siccità, il crocifisso custodito in una cappella laterale della chiesa parrocchiale.

Ogni venticinque anni la tradizione si ripete, poi spostata al 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Il prezioso crocifisso in legno, probabilmente di fine Cinquecento, è collocato nella cappella a destra dell'altare maggiore, alla sua devozione al quale è collegato il "Festone". Questo prezioso oggetto di fede nel 2009 è stato trafugato da ignoti; successivamente è stato ritrovato dai Carabinieri, che, nel 2010, hanno restituito alla parrocchia quel che rimaneva del Crocifisso: durante il furto, sono state danneggiate le braccia del manufatto, che hanno richiesto un minuzioso restauro, concluso nel 2011. Questo episodio viene ricordato nel docu-film, girato con figuranti locali nello scorso mese di maggio, presentato nella festa di settembre 2023.

La storia della devozione popolare per questo crocifisso ha ispirato la pubblicazione di un fascicolo, a cura di Sergio Marchi, tratto dalla tesi di laurea della camerianese Paola Carmagnola.

Per entrare nel contesto storico che dà origine alla fede nel “Festone”, bisogna tornare alle testimonianze scritte della vita di quell’epoca, in una zona vocata alla coltura del riso a partire dal Cinquecento.

Il vescovo Carlo Bascapé (2) scrive nel 1612, in merito a Cameriano: “al presente il terreno è ben proficuo ai possessori, ma fatale agli abitanti per l’introdotta cultura del riso, che guastando l’aere rende rada la popolazione ridotta ai soli coltivatori (…) (i quali) attendendo alla mondatura di questo pingue cereale facilmente ammalano e muoiono. (…) gli alberi non acquatici periscono; i giumenti scemano di forza; le condotte d’acqua danno luogo a moltissime liti, discordie e risse”.

Un quadro desolante di vita, uno spaccato di povertà ed incertezza nella vita dei contadini del tempo, sfruttati dai proprietari terrieri. Infatti, le abitazioni dei braccianti erano di proprietà del proprietario del fondo, con ristrettezza di spazi e inadeguatezza o assenza igienica.

Capitava che, per scarsità di mezzi e luoghi a disposizione, si utilizzasse una chiesa come deposito; il passaggio di un esercito poteva indurre all’utilizzo del luogo sacro quale temporaneo accampamento. E così accade nel 1707, all’Oratorio di San Michele (in Cameriano): “nella chiesa di S. Michele fuori della detta terra, si trova haver da far compiere Messe 270 mentre la detta Chiesa restò per più di un anno occupata dai soldati Francesi” si legge nella relazione del Vescovo Giovanni Battista Visconti Aicardi (3).

A queste difficili condizioni di vita, si aggiungono epidemie e calamità naturali, a far percepire una vita fragile e insicura, nella quale la religiosità assume un ruolo importante, ed è proprio nel Settecento che nasce la devozione al Crocifisso.

Una vita fragile induceva facilmente a cercare svago nelle feste e nei pochi divertimenti dell’epoca, spesso definiti come “abbusi” nelle relazioni religiose. Nel 1617 il parroco della vicina Lumellogno trova riprovevole che, durante la messa, ci sia chi rimane sulla porta della chiesa, occupandosi di “negotij secolari” (due secoli dopo, viene naturale pensare allo scontro fra don Bosco e il saltimbanco che si esibiva di fronte alla sua chiesa!). Anche l’oste, nei giorni di festa, diventa quasi un anti-parroco o un anti-Cristo, perché fa concorrenza alla chiesa, soprattutto verso la popolazione maschile.

Il paganesimo, non solo durante il carnevale, è ancora presente nello spirito e nelle credenze popolari. Nel 1662, fra Casalvolone, Granozzo e Monticello (altre località vicine) “Il primo Giorno di Maggio festa delli Santissimi Apostoli Giacomo e Filippo (...) vien portato un’arbore ò più nella pubblica piaza, et altrove con grandissimo fracasso”. L’albero viene “tagliato e fatto polito et lo chiamano il Maggio”. Si tratta di una probabile sopravvivenza della festa pagana del calendimaggio, per l’arrivo della primavera.

In questo contesto, è forte la devozione a San Bovo e a San Rocco, protettori degli animali e della salute, e ai santi Grato e Bernardo, ritenuti protettori contro le frequenti calamità naturali.

E nel 1773 un gruppo di “divoti di Cameriano” avanza richiesta al Vescovo di Novara, mons. Marco Aurelio Balbis Bertone (4) di portare in processione il loro Crocifisso, e il 6 giugno 1773, parroco don Francesco Prinetti, si svolge la prima processione.

Già nel 1817 è chiaro come la comunità si affidi al Crocifisso. Scrive il parroco, don Gaetano Cattaneo: “Stante la necessità della pioggia, onde irrigare le arse campagne, il Parroco di Cameriano in nome di tutto il suo Popolo oltre le replicate preghiere già fatte intenderebbe fare un nuovo triduo ad onore d’un Crocefisso, che tiene in un altare della sua Chiesa Parrocchiale”.

Anche le Confraternite hanno svolto un’azione positiva in questa storia. La Confraternita del Sacro Cuore di Maria, di Cameriano, insieme alla Confreria del Santo Spirito, più volte citata in documenti storici; l’attività di quest’ultima pare più rivolta alla beneficenza e alle esigenze materiali della popolazione.

E che dire delle “Rogazioni” (5)? Di primo acchito questo rito non sembra strettamente collegato con il nostro Crocifisso di Cameriano, ma fa parte di un complesso sistema di religiosità e fede profonda, connaturato e derivante dal mondo contadino d’un tempo, che si è perso nel processo di secolarizzazione del XIX e XX secolo.

Auguriamo, quindi, al “Festone” di Cameriano di portare avanti la sua bella tradizione storica, in una terra ancora profondamente legata all’agricoltura e, in special modo, alla coltura di un riso che tutto il mondo apprezza.

Note

1) Goffredo Casalis, Dizionario Geografico Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Compilato per cura del professore e dottore di belle lettere Goffredo Casalis, Torino, 1833-1856, in 28 Volumi, di volta in volta pubblicati presso codesti editori torinesi: G. Maspero librajo e Cassone, Marzorati, Vercellotti tipografi.

2) Carlo Bascapé (spesso citato come Bescapè o, in latino, a Basilicapetri, Melegnano, 25 ottobre 1550 – Novara, 6 ottobre 1615), muta il suo nome di battesimo in "Carlo" quando diventa barnabita, in omaggio a san Carlo Borromeo di cui è segretario particolare e primo biografo. La sua opera principale è Novaria seu De ecclesia novariensi del 1612. Istituisce la congregazione degli Oblati di San Gaudenzio ed è promotore della canonizzazione di Carlo Borromeo, impegno che vede concludersi positivamente nel 1610. Carlo Bascapè si distingue per l'impegno profuso nei piani di edificazione del Sacro Monte di Varallo e di quello di Orta, di cui danno ampia testimonianza le sue Lettere episcopali; emulo dei programmi a supporto della fede che San Carlo Borromeo affidava all'arte, egli ritiene che i Sacri Monti possano essere un importante baluardo per la fede, capaci di trasmettere con efficacia, con il loro linguaggio teatrale, il messaggio della imitazione di Cristo e del rinnovamento della Chiesa.

3) Giovanni Battista Visconti Aicardi (Milano, 1645 – Novara, 10 agosto 1713). Nasce nella nobile famiglia dei Visconti Aicardi di Milano, imparentata con il ramo principale dei Visconti. Il 27 settembre 1690 consacra il santuario della Santa Croce, sul Sacro Monte Calvario di Domodossola

4) Marco Aurelio Balbis Bertone (Chieri, 2 giugno 1725 – Novara, 17 maggio 1789). Svolge un'intensa attività pastorale, testimoniata dai 73 tomi di Atti di Visita conservati presso l'Archivio Storico Diocesano di Novara. Nel 1778 celebra un Sinodo diocesano; fonda il seminario di Gozzano e potenzia quello di Novara. Con il suo episcopato ha termine la giurisdizione feudale dei vescovi sulla “Riviera di San Giulio” (1767).

5) Le Rogazioni sono (o erano) processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni, arricchite di preghiere e atti di penitenza, allo scopo di richiedere la benedizione divina sull'acqua, sul lavoro dell'uomo e sui frutti della terra. Si distinguono in "maggiori", nella giornata del 25 aprile, e "minori", nei tre giorni che precedono la festa dell'Ascensione nel rito romano (otto giorni nel rito ambrosiano).

 

 

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 04/12/2023