Il robot che ci ruba la creatività

Il robot creativo che toglie il lavoro del futuro

Nel 1920, lo scrittore ceco Karel Capek scrisse il famoso dramma teatrale fantascientifico R.U.R. nel quale un inventore crea esseri organici aventi il compito salvifico di liberare l’umanità dalla schiavitù dal “lavoro pesante” che in ceco è “robot”.

Senza per forza pensare ai robot nella loro forma umanoide, le macchine, in generale, hanno poco alla volta sostituito le persone nei lavori più pesanti e soprattutto più ripetitivi, ma lasciandoci l’opportunità di occuparci di attività via via più intellettuali, creative, gratificanti.

Certamente, nei periodi di transito, un’operazione di questo tipo ha creato problemi, ma a nessuno verrebbe in mente oggi di preoccuparsi ad esempio del fatto che i frigoriferi abbiano tolto il lavoro a quelli che al mattino portavano a casa il ghiaccio da mettere nelle ghiacciaie dei nostri nonni: oggi molto progettisti lavorano nelle industrie che realizzano i frigoriferi.

Ciò che almeno sulla carta una macchina non toglierà mai all’uomo, o almeno è quello che ci augureremmo, è la creatività, poiché essa non è deterministica, meccanizzabile, programmabile.

Nelle ultime settimane, però, si è parlato di Ai-da, robot capace di disegnare, di produrre quadri, di essere dunque creativa, tanto da inaugurare in Inghilterra una mostra monografica, insomma una personale dedicata alle sue opere aperta alla Barn Gallery di Oxford sino al 6 luglio.

Ha un braccio meccanico e disegna ciò che vede con una telecamera posta nell’occhio e le sue creazioni si basano su algoritmi, tanto da farci domandare se allora anche ciò che pensavamo ci distinguesse da una macchina, ossia l’intelligenza e la creatività, non sia anch’esso purtroppo un processo deterministico, automatizzabile, programmabile, privandoci così dell’unica cosa che ci distingueva dai robot.

 

 

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Articolo pubblicato il 16/06/2019