Regione Piemonte. Mancano 4/5mila infermieri!

Una delle cause è dovuta alle remunerazioni non adeguate

Il grido di allarme è finalmente arrivato ai piani alti della Sanità regionale, quando da tempo, il disagio era già stato avvertito e denunciato da parte di pazienti e famigliari.

In Piemonte mancano 4-5 mila infermieri e gli immatricolati ai corsi di laurea negli Atenei piemontesi non arrivano a coprire tutti i posti messi a bando, 1100 quest’anno, con un decremento della richiesta del 10 per cento.

Oltre alle gravi responsabilità dell’amministrazione Chiamparino con in prima fila l’assessore Saitta che fece terra bruciata nelle strutture sanitarie del Piemonte, i numeri ci confermano che non c’è stata ripresa, anzi che il trend del Piemonte è in linea con quello nazionale, dovuto alla scarsa attrattività della professione per mancanza di prospettive di crescita e remunerazioni adeguate.

I dati sono quelli riportati dai docenti delle Università di Torino e del Piemonte Orientale e dai rappresentanti dell’Ordine delle Professioni infermieristiche sentiti nei giorni scorsi, in commissione Sanità, su proposta del presidente Alessandro Stecco, per un approfondimento sugli aspetti formativi e didattici, sulle competenze e sul futuro della professione.

Secondo gli auditi, l’attuale carenza di infermieri può essere superata rivedendo i modelli organizzativi, rimodulando le competenze e le attività di infermieri, operatori sociosanitari e amministrativi e valutando, ad esempio, gestioni infermieristiche degli ambulatori secondo linee guida condivise e l’impiego delle lauree magistrali e dei master nelle cure primarie, l’infermieristica di famiglia e di comunità e i processi clinici.  

Tra le questioni affrontate gli infermieri “in deroga” - quelli cioè che non hanno conseguito il titolo in Italia o che hanno un titolo non abilitante, che lavorano soprattutto nelle Rsa e nel privato accreditato – che spesso hanno difficoltà legate alla lingua; i limiti posti dal vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti nel pubblico; l’assenza di assegni per favorire i percorsi di studio, in particolare per i tirocini della laurea triennale. Non ultimo il tema dei salari bloccati. 

Tutte osservazioni valide, ma se l’assessorato alla Sanità volesse guardare avanti, dovrebbe uscire dal rigido burocratismo dell’organizzazione vigente e rivalutare, nei fatti la figura dell’Infermiera/e formata/o dal corso di Laurea con l’assegnazione di mansioni e ruoli di collaborazione con i medici ben più coinvolgenti.

L’obiettivo e la conseguente gratificazione per chi svolge mansioni infermieristiche, contempla l’essere protagonisti del processo di cura ed assistenza e non come a volte succede, destinati a svolgere mansioni inferiori e di supplenza alle Oss, tanto per non turbare la pax sindacale.

Ovviamente le responsabilità conferite, oltre all’adeguamento normativo e retributivo, potrebbero conquistare il maggior favore tra le nuove generazioni verso l’accesso ai corsi ed alla professione infermieristica.

Occorre voltare pagina ed iniziare!

 

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Articolo pubblicato il 06/11/2023