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Politica Internazionale
La guerra d'Ucraina e il punto della situazione
La situazione bellica vede, almeno in questa prima fase, un ridimensionamento della Russia. Ma nuovi scenari ci attendono.
Articolo di Luca Fiore Veneziano
Pubblicato in data 18/05/2022

Mosca non ha problemi con Svezia e Finlandia, quindi l’allargamento della Nato a questi due paesi «non creerebbe un pericolo immediato per la Russia». Così ha detto il presidente russo Vladimir Putin dopo che i governi di Helsinki e Stoccolma hanno annunciato di voler aderire all’Alleanza Atlantica. Ma anche aggiunto che: «L’espansione delle infrastrutture militari della Nato scatenerebbe senza dubbio una contromisura russa».

La linea rossa per il Cremlino non è quindi l’ingresso nell’organizzazione militare, ma lo stanziamento di basi, truppe e armamenti alleati nei due paesi nordici. Sin qui dai funzionari russi erano giunte valutazioni contrastanti: c’era chi parlava «risposte tecnico-militari» (la stessa formula adottata nel pre-guerra con l’Ucraina) e chi di schierare armamenti nucleari tattici sui 1300 chilometri di frontiera con la Finlandia e a Kaliningrad.

Ora invece Putin fa chiarezza: tutto dipenderà da quanto e come la Nato si stanzierà in Svezia e Finlandia. È un avvertimento a non farlo. Il balletto delle dichiarazioni va preso con le molle, ma si può stabilire che Mosca sta prendendo tempo.

Finlandia e Svezia hanno Forze armate capaci e numerose, dunque, con il supporto aggiuntivo del Regno Unito, non dovrebbe servire un ulteriore invio di mezzi e truppe dall’esterno, come invece richiedono le repubbliche baltiche, dove peraltro sono presenti corpose minoranze russofone, viste come potenziali quinte colonne.

Anche la Svizzera sta discutendo per un suo possibile avvicinamento alla Nato. Questo modificherebbe gli equilibri della nazione alpina per sempre. Alimentando ancora più dissapori con Mosca. 

Nel frattempo, le forze russe in questi giorni hanno subito importanti rovesci sul fronte nord-orientale della guerra d’Ucraina. Secondo fonti governative di Kiev, l’esercito ha respinto l’invasore da Kharkiv ed è arrivato nei pressi del confine con la Federazione Russa. Inoltre, ha decimato un battaglione nemico che tentava di attraversare con alcune decine di carri armati il fiume di Severodoneck. Emergono infine segnali che i russi stanno alleggerendo il fronte di Izium per i falliti tentativi di sfondare verso Sloviansk. 

Dall'inizio del conflitto, la componente paramilitare costituisce il "braccio armato" di Mosca che, di fatto, ha consentito alla Russia di negare costantemente il proprio coinvolgimento militare diretto nel Donbas, fino all’invasione diretta del 24 febbraio 2022. A partire dal 2015, tuttavia, in concomitanza con la graduale riduzione dei combattimenti sul terreno tra le milizie filorusse e le forze regolari ucraine, è iniziata la trasformazione delle unità delle cosiddette milizie della Novorossija in vere e proprie forze militari sul modello dell’esercito russo.

Tuttavia, nonostante un simile inquadramento, la situazione non sembra migliorare a favore dei russi. Ora il servizio di leva e la chiamata alle armi scarseggia. Mosca ha subito ingenti perdite. Ora punterà su alcuni veterani o ex militari in congedo. 

Questi rovesci potrebbero aver incoraggiato il ministro della Difesa Sergej Shoigu alla prima telefonata da inizio guerra con il suo omologo americano Lloyd Austin. Potrebbero anche aver fatto balenare in Francia, Italia e Germania la speranza di un’opportunità per intavolare un negoziato. È comunque presto per parlare di tregua: gli ucraini, con l’iniziativa dalla loro, dicono di voler riconquistare l’intero Donbass, mentre Mosca si adopera a rafforzare la sua presenza a sud, russificando i territori occupati, e organizzando un’offensiva aereo-navale verso Odessa.

In questo frangente la Federazione russa appare debole, un cane che abbaia ma non morde. E questo è un problema per Mosca. Il Cremlino non può permettersi di arretrare di un millimetro. Putin punta tutto sulla ridiscussione dell’unilateralismo americano, in favore di un rinnovato multilateralismo a guida russo-cinese. Purtroppo, questo, almeno per il momento non sta avvenendo. La Cina rimane in una posizione ambigua, dove gli interessi convergenti su entrambi i fronti la tengono bloccata. Idem dicasi per le nazioni filorusse dell’Asia centrale. I neokhananati risultano riluttanti ad intervenire, così come la Russia Bianca. Guardinghi e spaventati per una possibile risposta dei Paesi Nato tutto rimane fermo. Almeno all’apparenza. Una cosa è certa. Giunti fino a questo punto, non si può più tornare indietro. Molte relazioni diplomatiche si sono rotte. Nuove alleanze sono nate, e gli interessi nazionali trasversali, dietro la comune retorica filo-ucraina, sono emersi con forza. Lo scenario che si prospetta risulta essere sempre più teso. Gli interessi geostrategici frenano le ambizioni di ambo le parti in causa, Russia e Stati Uniti. La Cina afflitta dalla pandemia e dalle misure restrittive non può beneficiare a pieno del conflitto ucraino in corso ed elle divisioni emerse in questi mesi. Molti fattori frenano un possibile allargamento del conflitto. Almeno per oggi la guerra nucleare è rimandata. 

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