L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Sara Garino: Crisi

Alcune riflessioni

Viviamo, checché se ne dica, in un'epoca di profonda incertezza, laddove le criticità non riguardano solo quelle questioni geo-politiche ed economiche di cui sono saturi giornali e programmi televisivi.

Esiste, infatti, un filone più profondo d’inquietudine, risultato anche della progressiva disgregazione valoriale della società, sempre più dimentica – a tutti i livelli – di quei sani e corroboranti principi che dovrebbero indistintamente improntare la vita di ciascuno a criteri di disciplina e onore.

E questo, come ovvio, acquisisce maggior peso e obbligatorietà nel caso della Politica, e di quanti a vario titolo ricoprono cariche di responsabilità negli ambiti che più influenzano le nostre vite: Amministrazioni e Servizi, Economia e Finanza, Cultura.

A tali livelli, il noto aforisma latino “verba docent sed exempla trahunt” (le parole possono anche insegnare, ma gli esempi spronano) echeggia/dovrebbe echeggiare come imperativo categorico, bandendo la retorica qualunquista e – come amerebbe dire da noi Luigi Einaudi – quegli “scatoloni vuoti” della propaganda raffazzonata e senza argomentazioni solide.

Deficiando di ciò, è inevitabile che all’interno del tessuto sociale dilaghi un sentimento di precaria instabilità, giustappunto amplificato dall'assenza di punti fermi. In breve, dopo anni di negativo accumulamento oppure a causa di un evento subitaneo e improvviso, capita che gli argini si rompano, dando luogo a una più o meno grave e frustrante crisi.

L’etimo greco del termine tuttavia, racchiude già mirabilmente in sé la risoluzione del problema. “Crisi” significa infatti “decisione”: e proprio di decisioni tempestive, risolute e razionali si abbisogna durante quelle situazioni caratterizzate da maggior dubbio e instabilità.

Risolutezza e capacità decisionali sono infatti necessarie per risolvere la “stasi”, ovvero quella condizione “critica” (perché bisognosa di polso e mano ferme) passibile in nuce di evolvere tanto in senso favorevole quanto con esito negativo.

Il discrimine è per l'appunto segnato dagli “strateghi” – singoli o Istituzioni – preposti ad attendervi. Ed è a dir poco scontato che, in un frangente per cui “del doman non v’è certezza”, preparazione e lungimiranza giochino un ruolo chiave nel determinare l'evoluzione futura degli scenari in atto.

Giusto per additare un esempio, legato all’Attualità del capoluogo sabaudo, occorre riflettere su quanto sia destinata a pesare, per Torino, la scelta di non ospitare una nuova edizione dei Giochi Olimpici invernali. La decisione, suggerita da imbelli propositi di “decrescita felice”, non ha inteso tenere in debita considerazione il vantaggio – in termini sia occupazionali sia di sviluppo – che il bis a cinque cerchi avrebbe potuto apportare alla Città. Anche, beninteso, facendo tesoro degli errori del passato, di cui sono ancora ben evidenti le ferite.

In generale, la crisi di cui oggi, in Italia, si risentono maggiormente gli effetti è ancora quella economica, onda lunga del terremoto finanziario che sferzò l’Occidente dieci anni or sono. Chiaramente, non potendo disgiungere la mens della Politica dall’Economia, sua longa manus operativa, è naturale che detta crisi intrecci argomenti squisitamente pecuniari con decisioni o indecisioni politiche.

La recessione, comportando un abbassamento dei livelli di occupazione e di produttività, con conseguente flessione dei consumi e minor facilità di accesso al credito, ha sortito conseguenze pesanti sul tessuto sociale, modificando obtorto collo gli stili di vita delle famiglie e innescando di concerto sensibili effetti sul bilancio dello Stato.

Per appianare i quali, evidentemente, in Italia non sono state date le risposte corrette, specie in quell’ottica liberale e proattiva di sviluppo dell’imprenditorialità dei singoli che tanto fu cara al compianto Presidente Einaudi. Nondimeno – fatta salva la morsa di uno Stato capace, oggi, di fagocitare le energie migliori, precipitandole nelle lente e insaziabili fauci della Burocrazia – per liberare in modo fruttuoso queste potenzialità occorre dapprincipio conoscerle, e sapere come trattarle.

In questo senso andrebbe riconosciuta e sottolineata l’importanza dell’Educazione finanziaria, quale strumento e filtro per canalizzare al meglio i propri propositi di crescita, vincolandoli a una solida padronanza delle regole fondamentali in Economia. Questo, inoltre, anche come incentivo alla consapevolezza: poiché se è vero che “cuius faber suae quisque fortunae est” (ognuno è artefice del proprio destino), a maggior ragione ci si dovrebbe premurare di essere ben consci di quanto siglato in banca. Invece, stante le ultime statistiche presentate dall’ACRI, oggi solo il 4% degli Italiani conosce il significato di termini quali “diversificazione finanziaria”, “obbligazione subordinata” o “spread”. Pur – e questo costituisce argomento di critica feroce – menzionandoli quotidianamente (ed evidentemente a sproposito).

In questo modo si sprecano colpevolmente talenti, sia umani sia pecuniari, assumendo biasimevoli atteggiamenti da Gatto e Volpe. Che, merita ricordarlo, nel celeberrimo romanzo di Collodi si rivolgono subdolamente a Pinocchio, dicendogli “chinati giù per terra, scava una piccola buca nel campo e mettici dentro le monete d’oro. Poi ritorna qui tra una ventina di minuti e troverai l’arboscello già spuntato dal suolo e coi rami tutti carichi di monete”. Al di là della riuscita semplificazione letteraria, il significato dirimente risiede qui nel fatto che il burattino – non educato ai basilari della pratica economica – vi creda, divenendo in questo senso ancor più “burattino” nelle mani dei due loschi figuri.

La conoscenza consapevole e responsabile concorre poi a dare un volto buono e umano alla Finanza, non più finalizzata solo al raggiungimento di meri obiettivi utilitaristici ma dedita anche all’uomo, che ne è il manovratore. Infatti, laddove l’umanità sposa la Scienza e il suo rigorismo empirico, i risultati – su grande scala – ci sono e si vedono. Negli ambiti più svariati, non solo quello economico, con benefiche ricadute a cascata che non sono linearmente prevedibili.

Per certi aspetti, la cosa potrebbe sembrare pura utopia, e suscitare l’ilarità degli scettici.

Tuttavia, sempre per rimanere in ambito letterario, nel suo romanzo “Canto di Natale” lo scrittore Charles Dickens opera una metamorfosi del genere sul personaggio principale, l’avido affarista Ebenezer Scrooge, per il ravvedimento del quale non lesina parole di encomio in clausola d’opera. Scrive infatti come “risero alcuni di quel mutamento, ma egli li lasciava ridere e non vi badava; perché sapeva bene che molte cose buone, su questo mondo, cominciano sempre col muovere il riso in certa gente”.

Nella speranza che il nostro Paese possa, con una ricetta valida, superare le difficoltà, lasciandosi finalmente alle spalle lo spettro della… crisi passata!

 

SARA GARINO

Vicedirettore Vicario

CIVICO20NEWS

 

 

 

(Immagine in copertina tratta da Marketing Immobiliare)

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Articolo pubblicato il 23/09/2018