Il varo della Zattera Qboat n°1.

A Moncalieri (To) nel laghetto per la pratica dello sci acquatico adiacente alla tangenziale.

Il giorno 5 agosto, alle ore 16 circa, presso il laghetto citato, ho assistito al varo del primo esemplare omologato dell’originale zattera Qboat, ideata e realizzata vicino a Torino.

Su invito del suo fresco proprietario, mi sono recato sul luogo per verificare personalmente quanto egli mi aveva anticipato circa le caratteristiche di quel particolare ed inedito “carrello galleggiante” o “zattera con le ruote” a seconda dell’ambiente in cui ci si trova ad osservarlo.

 

Nato da un’idea semplice, “mettere insieme due cose esistenti per farne una terza nuova”, racchiude in sé alcune soluzioni a problemi che chi non ha il piacere di utilizzare “cose che vanno per acqua” neppure immagina.

 

Ben lo sa invece il mio interlocutore, pratico dell’andar per mare con una imbarcazione a motore fin dai tempi in cui lo faceva suo padre che lo portava con sé, ancora piccolo, quando ancora non aveva smesso i calzoncini corti, il quale, per evitare gli effetti collaterali di tale piacere, si è preso la briga di seguire la gestazione del mezzo in officina fin dai primi istanti in cui “la creatura ha preso forma” come se fosse uscita effettivamente dalle sue elucubrazioni di addetto ai lavori giunto alla maturità di anni ed esperienza al riguardo.

 

Eccoci dunque di fianco alla rampa di alaggio ed in pochi secondi, con una rapida retromarcia, l’auto accompagna il carrello lungo la discesa al termine della quale, entrando in acqua ed iniziando a galleggiare, avviene l’immediata metamorfosi del carrello in zattera, senza alcuna soluzione di continuità e con la sola operazione di sgancio dell’occhione del timone dal gancio di traino e suo successivo ribaltamento verso l’alto.

 

Voilà, il gioco è fatto!

 

Nessuna parte da gonfiare, nessun carrello a cui trovare il parcheggio (sempre e solo a pagamento dove possibile e quasi mai consentito dentro un porto); solo l’auto ovviamente deve essere parcheggiata come richiesto dai regolamenti del luogo.

 

Ora basta salire sul piano calpestio del mezzo, mediante l’apposita scaletta, abbassare la piastra porta motore (elettrico, con batteria incorporata e smontabile per poterla comodamente ricaricare, dotato di misuratore di carica residua e gps incorporato) in modo che l’elica si immerga alla giusta profondità, dare energia e direzione … per andare dove si vuole … con calma.

Infatti chi va piano va sano e va lontano (3-4 nodi/h circa) … senza fare troppi danni, all’ambiente, all’udito, ai bagnanti e … alle tasche.

 

Certo fa una certa impressione vedere questa specie di piattaforma avanzare, quasi scivolando sull’acqua, con la parte anteriore pressoché tutta fuori e la barra porta fanali del carrello stradale sollevata, per non bagnarsi, quasi come se fosse il paraurti di un normale rimorchio stradale.

 

Ma tant’è!

 

Eccola lì andare avanti e indietro nella direzione voluta oppure girando su se stessa quando lo si desidera senza alcun problema, anche quando il passaggio di un potente motoscafo, trainante uno sciatore, produce onde che la investono prima di “prua” (uno qualsiasi dei lati più stretti) e poi di lato facendola dolcemente dondolare (pesa 520 kg a vuoto; ha una portata utile massina su strada di 230 kg e in acqua di oltre 500 kg, ovvero 4 persone più lettini, ombrelloni, asciugamani, frigo portatile con bibite e dotazioni di sicurezza obbligatorie).

 

A dare sufficiente direzionalità bastano ed avanzano le due generose ruote del carrello che, completamente immerse, funzionano perfettamente da derive, peraltro meno aggressive di queste verso eventuali bagnanti e con funzione di paracolpi di sicurezza verso ostacoli immersi.

 

Si fuga così, con la prova pratica, il dubbio sollevato da alcuni addetti ai lavori, circa la capacità direzionale di un impianto non strettamente nautico, anche se certamente, in altri “frangenti”, per esempio mare formato, occorrerà un motore di potenza maggiore.

 

Come se il mio pensiero fosse stato udito, ecco che il proprietario decide di provare un altro motore, due tempi, 6 cv di potenza, ed in effetti le prestazioni subiscono un certo incremento, ma a prezzo di rumore e fumo che subito fanno capire quanto il gioco non valga la candela.

 

Infatti veder scivolare la zattera senza alcun rumore e quasi senza increspare l’acqua trasmette una sensazione impareggiabile di moto placido in contrapposizione alla chiassosa volgarità di “sempre tutto a manetta, spronando il cavallo per arrivare in tempo nella piazzetta di Samarcanda all’appuntamento con il destino”.

 

Mentre questo mezzo è stato chiaramente concepito con un altro tipo di filosofia come si può chiaramente evincere dai ben 18 serbatoi cubici indipendenti in materiale plastico che ne costituiscono il pianale galleggiante e i 6 parabordi laterali fissi che hanno anche la funzione di sedili a panchina. Un modo efficace ed intelligente di integrare funzionalità, sicurezza attiva e passiva, maneggevolezza e stabilità, come obiettivi principali a cui subordinare le prestazioni velocistiche.

 

Sto ancora riflettendo sui diversi usi che se ne possono fare, pesca, diporto, trasporto, relax, prendisole, soccorso, chiosco bar, isola personale per distanziamento dalla spiaggia in tempi di coronavirus, e altre più comuni disgrazie come la maleducazione ed invadenza imperanti, che il mio interlocutore mi avverte che la prova è finita.

 

Ed ecco che, riportata la zattera a riva, in pochi istanti la ritrasforma nel carrello con cui era arrivato, e, riagganciatolo all’auto, lo trascina su per la rampa e poi lungo la riva, ancora sgocciolante, facendolo asciugare all’aria durante il ritorno a casa (il carrello non ha freni che possano essere guastati dalla salsedine e i cuscinetti delle ruote sono sufficientemente protetti).

 

Nel salutarmi manifesta soddisfazione per l’acquisto come un bambino con un bel giocattolo e afferma di avere già l’intenzione di prenderne un altro con una configurazione molto molto particolare.

 

Per ora non ha voluto rivelarmi alcun indizio, ma si dice certo che non mancherà di stupirmi.

 

E allora, poiché sono curioso, arrivederci alla prossima occasione.

 

foto e testo

pietro cartella

 

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Articolo pubblicato il 24/08/2020