Natale coi tuoi e Pasqua con chi vuoi?

Sarà così anche per questo Natale ormai alle porte? Trovarsi a Pasqua con gli amici va bene, ma il Natale è veramente festa quando c‘è tutta la famiglia intorno al tavolo della sala da pranzo accostato a quello della cucina, con sedie pieghevoli aggiunte alla bisogna, stando tutti “vicini vicini” anche fisicamente, come il cuore comanda, come da tradizione. Non pare che il Governo ce la metta tutta perché si possa obbedire a quest’imperativo proverbiale; continua infatti per certi aspetti a scontentare il popolo, barando, come pensano alcuni, al gioco dei colori con le Regioni e concedendo con una mano per togliere con l’altra sottobanco. Per esempio, non ci sarà la messa di mezzanotte per i tanti, che ci sono sempre andati, ed anche per quei pochi che ci andrebbero forse quest’anno, toccati da eventi che hanno aperto una breccia nel loro cuore di cristiani non praticanti da lunga data. Per alcuni, poi, sarà sentito quasi come un sacrilegio la nascita del bambin Gesù alla messa delle 20, con la benedizione finale in tempo, prima del coprifuoco evocativo di guerre diverse da quella attuale, combattuta col più subdolo dei nemici, che porta morte senza il crepitar delle mitraglie, ma con l’ulular delle ambulanze.

Le tradizioni hanno una straordinaria capacità di dare fondamento a certi eventi: nessun atto di nascita, infatti, attesta che Gesù è venuto al mondo a mezzanotte del 25 dicembre di 2020 anni fa, ma questo evento è ormai storicizzato così.

Un tempo, i Romani celebravano in questa data il “dies natalis solis invicti”. Lo aveva decretato l’Imperatore Aureliano, 274 anni dopo la nascita di Cristo. Era una festa religiosa pagana, che veniva qualche giorno dopo il solstizio d’inverno, cui anche altri popoli attribuivano grande valenza simbolica.

Il giorno più corto dell’anno, seguito dalla notte più lunga, si colloca tra il 20 ed il 23 di dicembre: quando sembra diventato inarrestabile il progredire delle tenebre, in quel periodo il Sole ritrova l’orgoglio dei forti, esce dal decadimento nel quale stava lentamente scivolando e, dopo un breve momento di stasi, torna sovrano a dispensare il dono della vita con la sua calda luce, sentita dagli antichi popoli come necessaria per la loro sopravvivenza, legata allora eminentemente alla agricoltura, che ha ritmi stagionali.

In ogni luogo della Terra i popoli hanno sempre celebrato il giorno natale del Sole invincibile. Non stupisce, quindi, che al solstizio d’inverno le tradizioni abbiano legato anche la nascita di alcune divinità emblematiche. (*)

Il fenomeno fascinoso del Sole, che riprende il suo fulgido cammino nell’arco celeste, e quindi trionfa sulle tenebre, quando sembrava che queste stessero per prevalere, ha influenzato anche il mondo cristiano, che ha ricondotto pertanto al tempo del solstizio d’inverno la nascita di Gesù di Nazareth, “luce del mondo”, figlio di Dio e Dio egli stesso, la cui resurrezione dopo tre giorni supera però di slancio le resurrezioni dei riti pagani, e proietta i credenti in lui nel misticismo di una deità, capace di sedurre anche i non credenti. Coi cristiani, pertanto, mezzo mondo celebra il 25 dicembre un evento della loro fede, avvenuto in un momento storico preciso, ma non determinabile cronologicamente.

Consolidatosi così, per semplice tradizione, come Natale del Nazareno, adorato dai suoi credenti come il Sole vero che sorge dalla notte del paganesimo, ha sempre visto festeggiamenti fastosi ondeggiare tra il sacro e il profano. Ma, per la pandemia imperante, sono assolutamente da evitare quest’anno le occasioni di contagio. Come la mettiamo allora con gli assembramenti famigliari nei pranzi e nelle cene natalizie e con quelli religiosi nelle messe di mezzanotte? Sono tradizioni molto amate, ma è l’amore per la vita che dovrà prevalere perché, come scrive il gesuita Antonino Spadaro, direttore di Civiltà cattolica, “ciò che importa del Natale non è la data: è il fatto che il Figlio di Dio abbia preso carne umana in una notte e sia venuto come luce del mondo”. Si vales, vàleo.

armeno.nardini@bno.eu

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Apollo ed Ercole, il frigio Attis e il siriano Adone; Freyr, figlio di Odino, nel nord dell’Europa ed Horus in Egitto; Mitra, detto Il Salvatore, in Persia; Krishna in India e Zarathustra nell’Azerbaigian; Scing-Shin in Cina e Tammuz a Babilonia; l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan e ancora, ultimi ma non ultimi, perché l’elenco non ha la pretesa d’essere completo: Dioniso e Samhein che, secondo la tradizione celtico-irlandese, risuscitò dalla morte dopo tre giorni. Dioniso, invece, “subito dopo la sua sepoltura risuscitò dalla morte e salì al cielo”, come dice Macrobio nei suoi “Saturnalia”, in cui ci parla delle grandi feste, che si celebravano a Roma intorno alla seconda metà di dicembre. In questo stesso periodo, nel mondo anglosassone d’un tempo ricorreva “Alban Artuan”, la “festa della luce”, intesa dai più come “luce di Artù”, poiché si riteneva che anche questo re leggendario fosse nato nel giorno del solstizio d’inverno.

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Articolo pubblicato il 15/12/2020