Fomo e nomofobia

Stati patologici da uso compulsivo del telefonino

Croce, delizia e simbolo della nostra epoca, un tempo serviva solo per parlare con chi stava anche dall’altra parte del mondo. Ora serve innanzitutto per chattare anche con tutto il mondo. Chattare, cioè conversare scrivendo sulle tastiere di un computer, di un tablet e di telefonini, sui quali sempre più spesso si usano solo i pollici, che stanno perdendo parte della loro capacità primaria di essere diti di opposizione per una presa forte o anche di precisione.

Accortosi del nesso tra le funzioni intellettive dell’uomo e le tante cose create dalla sua mano realizzatrice Anassagora aveva detto, cinque secoli prima di Cristo, che l’uomo pensa perché ha la mano. Chissà se lo direbbe ancora oggi, preso atto delle tante insulsaggini che saturano l’etere in chat, sui social media in continuo sviluppo numerico e di qualità, talvolta solo pretese. 

Sempre più supertecnologico, il telefonino di oggi ha molte funzioni e altre forse ne avrà in avvenire. Strumento all in one, tutto in uno, sempre più indispensabile, ci tiene connessi con tutto e con tutti e, non averlo accidentalmente con sé, per tanti è motivo di stress e di ansia, come ha rilevato nel 2008 una indagine dell’ente britannico YouGov: è nomofobia, no-mo(bile phon)-phobia, il neologismo che identifica la paura di essere senza cellulare.

Senza cellulare, tanti si sentono tagliati fuori dal mondo e la paura di restare senza cellulare è uno stato d’ansia, che si cumula e si sviluppa spesso col timore di perdersi le cose piacevoli per la interruzione dei rapporti sui social media: è fomo, fear of missing out, il neologismo che identifica la paura di essere esclusi.

Fomo e nomofobia sono stati patologici legati all’uso compulsivo dei telefonini, dei quali ormai pare non si possa più fare a meno. Ci consentono di seguire tutto, ci seguono con tutto e dappertutto e quando squillano, interferiscono con la nostra vita privata e spesso anche con quella degli altri, se siamo con altri.

In certi ambienti se ne vieta l’uso perché potrebbe compromettere il corretto funzionamento delle apparecchiature ivi esistenti. A difesa della salute di chi lo adopera si danno suggerimento sulla sua portabilità giacché le radiofrequenze generano campi elettromagnetici potenzialmente dannosi per l’organismo. Si suggerisce, ad esempio, di non parlare a lungo nel chiuso di un’auto, se il telefonino non è collegato a una antenna esterna; di non schiacciarlo contro l’orecchio e ricordarsi che, avendo due orecchi per sentire, è opportuno alternarli ogni tanto nel corso di lunghe telefonate, se non si usano cuffiette, prendendo atto del fatto che, se non sentiamo bene da un orecchio, potremmo aver bisogno di una visita dall’otorino. Si raccomanda anche di non tenerlo a sinistra sul cuore e neanche nella tasca anteriore dei pantaloni, dove l’antennina potrebbe risultare puntata verso i genitali, troppo vicini. In vita sulla milza, a sinistra, è meglio che metterlo a destra sul fegato.

Il posto consigliabile per il telefonico è comunque la tasca posteriore dei pantaloni perché non ci sono organi vitali nel sedere. Ancor più consigliabile, però, è spegnerlo in certe circostanze, prima che qualcuno ci comandi di mettercelo lì comunque, il nostro dannato telefonino, se continua a rompere fastidiosamente col suo trillo di musichette, se siamo continuamente chiamati da altri come noi utilizzatori altrettanto compulsivi.

Si vales, vàleo.

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Articolo pubblicato il 29/04/2023