L’Ardito che d’estate fa soldi a palate

Roberto Vannacci Generale dei paracadutisti

François-Marie Arouet è stato un enciclopedista nato a Parigi nel 1694, autore di molti testi dai toni vivaci di graffiante ironia e fortemente polemici. Per alcuni di questi fu costretto all’esilio in Inghilterra, dove assunse lo pseudonimo di Voltaire, nom de plume col quale è passato alla storia soprattutto per il Trattato della tolleranza. Da questa opera la sua biografa Evelyn Beatrice Hall ha tratto la frase che Voltaire non ha mai scritto e forse mai detto, ma che ne sintetizza il pensiero: "Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo". Fatto suo questo diritto, Voltaire pagò di persona con l’esilio e anche col carcere nella Bastiglia, per tutto quel che disse senza freni inibitori.

Con la libertà di parole anche indecorose e di contenuti scabrosi con cui ha trattato temi quali l’omosessualità, la immigrazione, la identità di genere e di etnie, le emergenze climatiche, uno scrittore sconosciuto ha surriscaldato questa estate già calda col suo libro Il mondo al contrario: 373 pagine date alle stampe il 10 agosto appena trascorso; più di 22 mila copie già vendute ad euro 19,76 tramite Amazon, unico canale che distribuisce il testo non pubblicato da alcuna casa editrice, ma direttamente dall’autore, Roberto Vannacci.

Con questo pamphlet, stuzzicante e foriero di polemiche sin dal titolo, Vannacci dice che “vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come lui, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità… Questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo”.

Vannacci? Ma chi è costui? Se lo sono immediatamente chiesti in tanti per la fiumana di notizie esondata improvvisa dai media pubblici e dagli smartphone privati, che pongono in circolazione tra virgolette i passi, condivisi da chi li approva o criticati da chi li contesta, del libro di questo scrittore, con la sua foto a mezzo busto in divisa militare, col basco color amaranto che rimanda il ricordo collettivo al corpo dei nostri paracadutisti, dall’intrigante alone.

Chi più sa, tiene subito le distanze citando la Costituzione, che all’art. 21 recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Chi gli tiene bordone ricorda l’aforisma di Voltaire e aggiunge che, nella libertà, c’è la libertà di dire e anche la libertà di dissentire.

Ma chi è l’agitatore di queste vacanze nostrane?

Roberto Vannacci è un Generale di divisione del corpo paracadutisti. In seguito alle polemiche scaturite dal suo libro, che in Wikipedia gli ha dato la possibilità d’essere qualificato “scrittore”, il comando dell'Esercito ha rimosso il suo curriculum vitae su Internet, da cui comunque apprendiamo: nato a La Spezia nel 1968; parla inglese, spagnolo, rumeno e portoghese; ha conseguito lauree magistrali in Scienze Strategiche presso l’Università di Torino, in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’università di Trieste e in Scienze Militari presso l’università di Bucarest; ha prestato servizio in Afghanistan, Somalia, Rwanda, Yemen, Balcani, Costa d’Avorio, Iraq e Libia; è stato Comandante del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, Capo di Stato Maggiore della Divisione Vittorio Veneto e Addetto per la difesa presso la  Federazione Russa; da giugno 2023 ha assunto il comando dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, da cui è stato appena rimosso per le diatribe in corso.

Vannacci, dunque, non è una persona comune, e sui suoi giudizi a volte dissacratori, sulle sue idee a volte sovvertitrici, sul suo linguaggio che a volte nulla concede al permissivismo, ognuno, comunque, può pensarla come vuole; ma dice cose che nascono dalle sue conoscenze e dalle sue esperienze non comuni, che spesso brutalmente riferiscono ciò che anche tanti altri pensano e che, quando ne parlano, lo fanno con qualche ritegno nei termini decisamente più volgari. Però, Vannacci è un Generale di divisione di un corpo militare di eccellenza, i cui appartenenti possono effigiarsi dell’appellativo di “Ardito”, e questo è il motivo dei molti dibattiti che hanno animato i talk show delle televisioni, le pagine dei giornali, i discorsi al mare sotto l’ombrellone e in montagna al fresco delle baite, con chiacchiere che hanno preso il posto di quelle sulle urgenze della vita d’ogni giorno e delle prospettive economiche e sociali dopo la vacanza contratta nel tempo per i prezzi dilatatisi in breve tempo.

Certe verità fanno male e talvolta non sono desiderabili. Quelle di Vannacci, anche per il suo ruolo apicale nelle istituzioni dello Stato, non potevano non suscitare reazioni politiche, contrastanti non solo nella sinistra, ma anche nella destra al potere. Il mondo al contrario diventa il caso politico dell'estate; qualcuno azzarda che il libro è “politicamente scorretto” e c’è chi pronostica prossime incursioni alla conquista di ruoli politici di rilievo per il suo autore, che ha appreso sui campi militari “Della Folgore l’impeto”: questo è infatti il motto del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, già da lui comandato.

Sulla verità e sul modo di palesarla, quindi sulla libertà di espressione, c’è chi sostiene che non debbano esserci limiti; c’è invece chi propende per certe limitazioni.

Vannacci ha detto le sue verità da uomo, ma la gente vede in lui un Generale dell’esercito italiano. Come tale, avrebbe dovuto usare quella prudenza richiesta dal ruolo, dovuta e che ci si aspetta, che solo se maca in battaglia può talvolta meritare un attestato al valore per atti estremi i quali, necessitati, si connotano di eroismo.

François-Marie Arouet non si ritenne abbastanza coperto con lo pseudonimo Voltaire e tanti suoi scritti caustici li pubblicò infatti con l’anonimato.

Il libro di Vannacci ha invece quella trasparenza che può esaltare gli invasati, ma che, purtroppo, ne enfatizza i difetti: la mancanza di una attenta revisione redazionale e, soprattutto, la mancanza di un editore; cosa, quest’ultima, per cui taluni pensano che il Generale possa aver cercato proprio quel che è successo per pianificare la sua incursione nel mondo della politica.

Gli eventi dicono comunque che sarà ormai difficile per Vannacci continuare a fregiarsi delle stellette. Nella sua catena di comando ha avuto molto, meritatamente; può essere considerato imprudente come militare in servizio, ma, come uomo, bisogna riconoscergli che l’intelligenza certo non gli manca e che, dismessa la divisa, continuerà a metterla a frutto per sé… e per quale altro Partito politico?

Si vales, vàleo

 

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Articolo pubblicato il 29/08/2023