Le possibili conseguenze economiche della crisi del Mar Rosso

L'Opinione: a cura di Luigi Cabrino

Con i ribelli Houthi che, sponsorizzati dall'Iran, stanno impedendo il passaggio nel Mar Rosso alle imbarcazioni dirette in Israele molte compagnie marittime stanno decidendo di sospendere i passaggi nella zona per motivi di sicurezza anche se non direttamente interessate a carichi/scarichi in Israele.

Gli attacchi contro navi commerciali e militari nel Mar Rosso da parte dei ribelli Houthi hanno ancora conseguenze economiche limitate, dicono gli esperti, a condizione che la crisi non duri. Ma se dovesse protrarsi, cosa succederebbe? Circa il 12% del commercio marittimo globale passa normalmente attraverso lo stretto di Bab al-Mandeb, che controlla l’accesso al Mar Rosso meridionale, ma da meta’ novembre il numero di container e’ diminuito del 70%, dicono gli esperti marittimi. Molti armatori hanno preferito interrompere il traffico in questa zona per una rotta alternativa attorno al Capo di Buona Speranza, piu’ lunga e costosa.

Ad aumentare le difficolta’ c’e’ la siccita’ che ha colpito il Canale di Panama rallentando notevolmente il transito delle navi tra l’Asia e gli Stati Uniti. Mentre normalmente vi passano ogni giorno una quarantena di navi portacontainer, a meta’ gennaio questa cifra si e’ ridotta a 24 passaggi giornalieri. Diverse aziende hanno già annunciato ritardi, come il colosso svedese dei mobili Ikea. Anche la produzione automobilistica viene interrotta: Tesla ha fatto sapere che la sua produzione sara’ sospesa per due settimane negli impianti europei, tra il 29 gennaio e l’11 febbraio. Anche lo stabilimento Volvo di Gand (Belgio) avrebbe dovuto chiudere per tre giorni a meta’ gennaio per mancanza di pezzi, la cui consegna e’ stata ritardata a causa di “aggiustamenti nelle rotte marittime”.

“Le aziende di beni d’investimento o di elettronica potrebbero subire ritardi. Per coloro che lavorano con scorte molto limitate, cio’ potrebbe rivelarsi problematico”, conferma Ano Kuhanathan, esperto economista presso di Allianz Trade. In Spagna, l’Associazione delle imprese manifatturiere e di distribuzione (Aecoc) ha annunciato che diversi settori hanno lanciato ordini anticipati per alcune materie prime e beni, come mobili o tessili, per i quali incontrano difficoltà di approvvigionamento.

Infine, il trasporto del gas naturale liquefatto (GNL) “sara’ colpito” dall’escalation nel Mar Rosso, ha detto martedi’ il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahmane Al-Thani, durante il Forum economico mondiale di Davos. Le compagnie di navigazione hanno apportato un aumento significativo dei prezzi per coprire i costi legati alla crisi.

Uno degli indicatori di riferimento per misurare il costo del trasporto delle merci trasportate dalla Cina, lo Shanghai Containment Freight Index (SCFI), e’ piu’ che raddoppiato in un mese. Il costo aggiuntivo in termini di carburante si aggira intorno al 20%, secondo la piattaforma logistica Container xChange, che stima che la crisi nel Mar Rosso potrebbe aumentare i costi del trasporto marittimo del 60%, con un premio aggiuntivo di circa il 20% per l’assicurazione. E questo agita lo spettro di una rinnovata inflazione. Timori valutati dalla societa’ internazionale Oxford Economics in un ulteriore 0,7 punti di lancio globale alla fine del 2024, “nel caso in cui” il Mar Rosso fosse chiuso alle navi per diversi mesi ei costi di spedizione dei trasporti rimanessero il doppio del prezzo di dicembre. Tutto dipendera’ quindi dalla durata della crisi.

“Aggirare l’Africa e non passare per il Canale di Suez e’ piu’ costoso e richiede piu’ tempo. Ma per il momento e’ piu’ un problema di sicurezza che logistico”, ha detto martedi’ Siegfried Russwurm, presidente della BDI , l’organizzazione tedesca industriali. Il giorno prima il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni aveva messo in guardia: “Quello che sta accadendo nel Mar Rosso non sembra, per il momento, avere conseguenze sui prezzi dell’energia e sull’ inflazione. Ma noi consideriamo che “Dobbiamo monitorare la situazione molto da vicino perche’ queste conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane.” “Dobbiamo ricordare che il traffico non e’ completamente interrotto”, commenta Ano Kuhanathan di Allianz Trade. Ma “il rischio inflazionistico puo’ essere significativo”.

La comunità internazionale deve intervenire prontamente e seriamente nell'area; come sempre, purtroppo, i venti di guerra portano pesanti conseguenze economiche.

E i venti di guerra in Medio Oriente si tramutano in tempeste con una notevole velocità

 

Luigi Cabrino 

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Articolo pubblicato il 18/01/2024