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Voci e cose dal Piemonte
Il Colle del Colombardo – Tra storia e leggende
Di Alessandro Mella
Articolo di Milo Julini
Pubblicato in data 29/11/2023

Risalendo la Val di Viù, passato il celeberrimo ponte di Forno e poco prima della frazione Villa di Lemie, si trova una strada che, svoltando sulla sinistra, conduce in Valle Orsera. Celebre poiché anticamente, intorno al XVII secolo, i duchi di Savoia vi si recevano per la caccia all’orso.

Proseguendo a lungo, ad un tratto, nei pressi di borgata Sant’Antonio, la parte asfaltata si interrompe per lasciar spazio ad uno sterrato, irto di buche e sassi, percorribile solo con un adeguato automezzo fuoristrada. Per quanto disagevole, la strada conduce ad un luogo veramente magnifico quale il Colle del Colombardo, spartiacque tra le valli di Lanzo e di Susa.

Un tempo tale carreggiabile, per quanto dissestata, non esisteva ed ovviamente per recarsi lassù occorreva salire a piedi sia che ci si recasse per festa, per alpeggio, per il santuario o per semplice diletto:

Per salire al Colombardo è forza inoltrarsi ancora sui sentieri in mezzo ai pascoli, lasciando a destra il Vallone e costeggiando il torrente, verso un boschetto di basse betulle, alternate coi cespugli di rododendri; vicino a questi, innumerevoli fiori della carlina, igrometri degli alpigiani sono aperti per farci sicuro che la giornata durerà bella ancora. (1)

Il santuario fu edificato nei primi anni del XVIII secolo per volontà di Giovanni Battista Giorgis che proprio da Lemie, dalla frazione Forno, era salito per lo scopo. Tuttavia, la struttura oggi compare assai diversa dall’originale essendo stata oggetto di ampliamento tra il 1869 ed il 1870 e di numerosi interventi conservativi successivi poiché, a lato della stessa, si trova anche un’aerea coperta che all’occorrenza può fungere da rifugio qualora qualche sventurato venisse colto, lassù, dal maltempo. E quest’opera faceva certo bella mostra, un tempo ma anche oggi, sbucando sul pianoro al termine dell’ascesa:

La chiesa del Colombardo, dedicata alla vergine, è lunga alquanto; le sta unito un porticato che si estende anche innanzi alla facciata, ed in alto vedesi un finestrone sorretto da snelle colonnine di ferro, e sopra un'iscrizione che ricorda il nome del fondatore Giovanni Battista Giorgis. L'interno della chiesa, che si può vedere da un finestrino, è semplicissimo. La festa si celebra quassù il due di agosto, con immenso concorso di gente venuta dalle Valli di Lanzo e anche da Condove e da altri borghi della valle di Susa. (2)

Questo santuario sorge proprio al centro del pianoro, ai piedi della vetta del Civrari, ed a pochi passi da un magnifico belvedere che, nelle giornate limpide e ripulite dal soffiare del vento, permette di gettare lo sguardo sulla Valle di Susa e parte delle sue bellezze:

Al finire dell'ultima salita, erta e malagevole, sulla terra che frana, un largo piano coperto d'erba, si estende fino alla chiesa che sorge sul Colombardo, ma questo piano è lungi dall'essere grande al pari di quello d'Usseglio, o del Pian della Mussa in Val d'Ala, eppure ha la sua bellezza speciale, a questa altezza, circa 2000 m, dominando da un lato valle Orsera ed un lungo tratto della catena delle Alpi, mentre chi si volge dalla parte opposta, a destra della chiesa, vede innanzi allo sguardo affascinato un paesaggio tale che la penna non riuscirà mai a descriverne l'imponente bellezza. Sonovi colline e montagne che discendono in molli curve sul l'ampia Valle di Susa. Lontano ove la nebbia mette una sfumatura azzurrina che toglie la vista della catena verso il Monviso si adagiano i laghi leggendari da Avigliana, e sull'alto, ma sol da sembrare a questa distanza una cappelletta sopra un poggio, la vetusta e storica Sacra di S. Michele, appare vicino ai monti di una tinta cupa turchina. (3)   

Alla magnificenza della natura si associano le leggende sorte attorno al nome del luogo ed alla sua particolare posizione così che, da secoli, si rincorrono voci sulla presenza di insediamenti longobardi. Al punto da immaginare, nel colletto posto a poca distanza e detto “Tomba di Matolda”, un leggendario sepolcro d’una principessa medievale e perfino un magnifico tesoro che i Longobardi vi avrebbero nascosto:

Dicesi che sul Colombardo si trovano avanzi di antiche trincee fatte dai Longobardi, ma chi li discerne fra l'erba folta che ricopre oggi ogni poggio? Eppur la tradizione ricorda che le famose chiuse erano estese dal Monte Pirchiriano in Val di Susa, fino al Capraro o Civrari che abbiamo allato, e che avvenne quassù un feroce combattimento, che lasciò al colle il nome di Colombardo a memoria dei Longobardi; Ma contro la quale gente essi lottarono? I Longobardi furono padroni delle Valli, e non solo il nome del Colombardo rimane per loro memoria nella Valle di Viù perché oltre il passo dell'Autaret, verso Usseglio, trovasi una ripida discesa che mena da Averolle in Savoia e vien detta Comba Lombarda, ma nessuna tradizione rimasta nelle Valli può ricordare l'epoca della battaglia avvenuta quassù. Il piano del colle si presta a mirabilmente alla difesa, dominando da un lato la Valle di Susa, e chiudendo il varco da questa parte alle Valli di lanzo, ma non par probabile che i Longobardi venendo da conquistatori, trovassero grande resistenza negli antichi abitanti delle Valli che erano in piccolo numero. È più credibile che dopo la temeraria impresa, quando avendo valicato di nuovo le Alpi e portato guerra nelle Gallie, furono vinti da Gontranno re di Borgogna ed Orleans, e costretti alla fuga, dovettero cedere ai vincitori le Valli di Susa, d’Aosta e di Mathi, ossia di Lanzo, essi tentarono un'estrema difesa sul Colombardo, o più tardi nella disperata lotta contro Carlo Magno, una schiera dei soldati di Desiderio, riparati a questa altezza , combatté contro i nuovi assalitori un'ultima battaglia. (4) 

La bravissima madame Lopez ne diede cenno nella sua opera ma quanto c’è di vero in queste dicerie?

Difficile rispondere e non risulta a chi scrive, ma ben sarebbe lieto d’essere smentito, che siano mai state condotte indagini e ricerche archeologiche in loco tali da poter dare consistenza a queste teorie. È pur vero che un passaggio di Longobardi dalla Valle di Susa a quel di Viù al tempo della discesa di Carlo Magno è opinione da molti condivisa al punto da attribuire alle volte, per via della curiosa fonetica, a questi la fondazione delle frazioni Selvagnengo e Tuberghengo di Viù.

Non leggenda, ma storia, fu invece la celeberrima “Battaglia del Colombardo” tenutasi nel 1837 il 2 d’agosto.

Capitava spesso che le popolazioni di Lemie e di Mocchie, incontrandosi per far festa al colle, finissero per litigare. Complice qualche bicchierata di vino in più, il campanilismo legato ai confini e magari il sorriso civettuolo di qualche donzella, si finiva facilmente a scambiarsi ceffoni financo qualche coltellata.

Tuttavia, fu clamoroso il citato episodio quando un gruppo di lemiesi, animati da un sergente in congedo, trascinò al Colombardo una vecchia bombarda che il padre di questi aveva conservato a ricordo della sua militanza sarda contro le milizie del caduto Napoleone. Il gruppo, armato anche di schioppi, attese che dopo la processione e la funzione tutti si distribuissero nel pianoro per bivaccare e rilassarsi. Si iniziò a sparare con feriti, gente terrorizzata, caos generale e panico a non finire finché un ferito particolarmente grave procurò tale terrore che tutti si diedero alla fuga.

La faccenda indignò re Carlo Alberto che impose solleni e pesanti sanzioni mentre i Reali Carabinieri condussero non facili indagini per individuare i colpevoli di tale infausta follia che ebbe lungo seguito. Il principale responsabile ebbe clemenza solo nel 1843!

Dopo questo episodio, comunque, Mocchie e Lemie si sforzarono di andare di buon accordo onde evitare altri guai.

Quando la prima, nel 1936, fu accorpata a Condove questo comune seguitò a tenere buoni rapporti di vicinato ed anzi di recente le due amministrazioni si sono incontrare in quota:

L’inaugurazione di questo monumento rappresenta a pieno titolo un ulteriore passo avanti nei buoni rapporti fra lemiesi e condovesi, le cui antiche diatribe riguardanti i pascoli sul colle portarono, proprio in occasione della festa della Madonna degli Angeli del 1837, alla “Battaglia del Colombardo”, con il famoso episodio del cannone - conclude l’assessore Beltrame – Nonostante i confini siano ormai al sicuro e accatastati, la volontà delle due comunità di ribadire nuovamente l’’amicizia a distanza di 183 anni rimane un fatto importante, e lo è stato forse ancor di più quest’anno, in cui il valore della solidarietà si è dimostrato imprescindibile per tenere insieme la nostra società. Anche questo, in fondo, ha significato la festa del Colombardo 2020: guardare al domani con la speranza di poter tornare alla normalità e con la rinnovata consapevolezza che solo uniti saremo in grado di affrontare il futuro. (5)

Oggi il Colle del Colombardo è soprattutto meta di turisti avventurosi, amanti della montagna e della natura, di motociclisti e montanari. La sua strada, seppur disagevole, è un aiuto prezioso in specie per quei disabili cui spesso viene negato, dal cinismo di certi estremismi ambientalisti, il diritto a beneficiare della bellezza delle nostre montagne. Da proteggere, certo, sempre e comunque ma con buon senso e maggiore equità di spirito e d’azione.

Alessandro Mella

NOTE

1) Le Valli di Lanzo – Bozzetti e Leggende, Maria Savi Lopez, Libreria Editrice Brero, Torino, 1886, p. 163.

2) Ibid., p. 165-166.

3) Ibid., p. 165.

4) Ibid., p. 166-167.

5) Luna Nuova, 68, Anno XLI, 2 ottobre 2020, p. 9.

 

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