Prevedere la previdenza

Con l’esternazione di Tito Boeri, si prende atto del difficile futuro della previdenza

Tito Boeri, grande economista che da qualche mese è passato da editorialista a Presidente dell’INPS, ha evidenziato come il futuro previdenziale per i trentenni sia più che mai triste.

Allo stato attuale, con il precariato e la pensione calcolata su base contributiva e non più retributiva, Boeri ha stimato che i giovani sotto i trentacinque anni molto probabilmente andranno in pensione all’età di circa settantacinque e con un assegno previdenziale che ammonterebbe a circa il 25% in meno del loro stipendio.

Ogni tanto il tema della previdenza, e di quella complementare, viene a galla, ma senza vere e proprie soluzioni, anche perché con il nuovo sistema contributivo c’è ben poco da trovare soluzioni, dal momento che gli attuali pensionati ricevono talvolta anche più di quanto hanno versato, dal momento che il peso retributivo dei loro ultimi anni di lavoro è stato maggiore, mentre per gli anziani di domani il calcolo verrà effettuato sulla base di quanto versato che, vista la precarietà da un lato e le basse retribuzioni dall’altro è piuttosto basso.

L’OCSE ha calcolato che i pensionati attuali hanno un tasso di sostituzione netto rispetto al salario medio pari all’80%, con una media dei Paesi sviluppati del 63%.

C’è di più. Secondo Boeri, con il sistema contributivo, le persone che non raggiungeranno un certo ammontare prima dell’età pensionistica rischieranno addirittura di non percepire nulla.
Da diversi anni si parla dell’importanza della previdenza complementare, per cercare di integrare l’esigua pensione di domani.

Al di là del fatto che molti sostengono che attualmente la rivalutazione del tfr renda anche se di poco di più di un fondo integrativo, rimangono aperti altri aspetti sull’eventuale povertà futura dei pensionati di domani.

Innanzi tutto, ci sarebbe da chiedersi, in un mondo in cui la formazione e l’aggiornamento continuo la fanno da padroni rispetto al passato in cui spesso si faceva lo stesso lavoro nello stesso modo per quasi tutta la vita, a quale azienda potranno “servire” degli ultrasettantenni a meno che questi non abbiano avuto una carriera lavorativa tale da averli fatti diventare dirigenti o super esperti, cosa che ovviamente non potrà accadere per tutti.

Da qui la domanda spontanea: se già oggi di lavoro ce n’è poco e i giovani di ogni epoca sono ovviamente più flessibili e determinati rispetto a un ultracinquantenne, cosa ci fa pensare che i trentenni di oggi riusciranno ancora ad essere “risorse” utili al sistema lavorativo quando di anni ne avranno settantacinque?

C’è poi da tenere conto di come la società di oggi sia una società con molti single, il che porta a dire, come risaputo, che mediamente il costo della vita per una persona che vive da sola è più alto di quello di una coppia, e ciò diminuisce, quindi, la possibilità di mettere da parte liquidità o effettuare investimenti per integrare la propria pensione per il futuro.

Le persone che vivono quindi da sole possono ritrovarsi con maggiori difficoltà in futuro a dover badare a se stesse non potendo contare su il reciproco aiuto di consorti o conviventi, il che pone più di una riflessione su quanto essi dovranno in futuro contare sullo stato sociale, se ancora sarà come quello odierno, piuttosto che a ritrovarsi nelle condizioni di dover pagare qualcuno che pensi a loro.

Ecco, quindi, che il discorso sulle pensioni basse per il futuro dei trentenni di oggi è solo una parte del grande problema che riguarda gli anziani di domani, e il tutto all’interno di una società spesso individualista nella quale la forbice sociale, ossia la differenza tra chi guadagna di più e di chi ha bassi redditi, si fa sempre più marcata.

Sicuramente, una maggiore e migliore distribuzione della ricchezza, unita a un alleggerimento del carico fiscale sul lavoro, può aiutare, anche se il problema maggiore rimane la precarietà del lavoro che dà poche prospettive da ormai troppi anni.

Per il momento l'ipotesi più accreditata è che chi è nato dopo il 1980 sgobberà tutta la vita per sostenere la pensione di chi è cresciuto in un’epoca di diritti sociali, ma anche di privilegi, e ne verrà ricompensato con un epilogo a base di fatica e di stenti.

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Articolo pubblicato il 09/12/2015