Le ateniesi

Democrazia, tirannide e sciopero del sesso di 25 secoli fa

E’ uscito nel mese di settembre, edito da Mondadori, il romanzo di Alessandro Barbero “Le ateniesi”.

L’autore, nato a Torino il 30 aprile 1959, è Professore Ordinario di storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale.

Collaboratore di quotidiani e riviste, fa parte del comitato scientifico della trasmissione di Rai Storia su Rai Tre “Il tempo e la storia”.

E’ un apprezzato scrittore di romanzi storici e nel 1996 ha vinto il premio Strega con il romanzo “Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo”.

La sua ultima fatica  ripercorre la linea storica, di cui lo scrittore è autorevole interprete, risalendo all’anno 411 a.C. in una Atene squassata dai tentativi di demagoghi e aspiranti tiranni di eliminare lo stato democratico e instaurare l’oligarchia.

La trama del romanzo prende lo spunto dalla prima rappresentazione dell’opera teatrale di Aristofane, la “Lisistrata”, avvenuta proprio in quell’anno, in parallelo con una torbida vicenda di cui sono protagonisti efferati i figli di alcuni oligarchi e due ragazze del popolo che subiscono da costoro violenze di ogni genere.

Barbero descrive magistralmente lo spettacolo, gli interventi del coro e le reazioni degli spettatori dalle quali si comprende quanto il teatro fosse ritenuto dai greci uno strumento indispensabile per la partecipazione alla vita democratica e al confronto politico.

Guidate da Lisistrata, popolana ateniese, le donne della Grecia si radunano ad Atene per combattere su due versanti una fiera battaglia nei confronti dei loro uomini: il primo quello della emancipazione femminile mortificata da una società maschilista rozza e prevaricatrice; il secondo quello di convincere i loro uomini a condurre finalmente in porto una pace duratura che sancisca una volta per tutte la fine delle guerre in ogni parte del paese e in particolare quella con Sparta, l’eterna nemica.

L’originalità dello strumento al quale ricorrono le donne ateniesi, dopo non poche incertezze, è quello di astenersi da qualsiasi prestazione sessuale non soltanto mediante un altezzoso e netto rifiuto ma anche, se del caso, con un comportamento subdolo di apparente disponibilità all’amplesso, negato seccamente all’ultimo momento per renderlo più frustrante.

Il coro che, come in tutte le tragedie greche, accompagna e commenta la recitazione è motivo di polemica fra gli spettatori che seguono le vicende con aspri commenti a seconda che  appartengano alla classe di coloro che si propongono di impossessarsi del potere per distruggere la democrazia o a quella del popolo che vede in costoro i futuri tiranni.

L’abilità dell’autore sta nel ritrarre, fra gli spettatori, i personaggi appartenenti all’una o all’altra parte politica dai quali emergono le figure dei padri delle due fanciulle coinvolte nella tragedia che si sviluppa contemporaneamente nella casa di uno dei presunti, futuri oligarchi, vittime di stupro e angherie perpetrate dai ricchi rampolli di costoro.

In sostanza, la storia parallela raccontata da Barbero riassume nella sua crudeltà lo scontro sociale e politico che pervade l’opera di Aristofane e assume i toni cupi propri della tragedia greca il cui finale a sorpresa lasciamo al lettore di scoprire.


La lettura del romanzo mette alcune volte a disagio perché pone in rilievo con durezza e scabroso realismo l’eterno tentativo di prevaricazione, singolarmente attuale, del male sul bene ma il finale libera a quest’ultimo, seppure a caro prezzo, la strada del successo con grande giubilo degli uomini di Atene ritornati finalmente all’amplesso con le rispettive donne non più recalcitranti.

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Articolo pubblicato il 23/12/2015