Se la Notte degli Oscar diventa una questione razziale

Il regista americano Spike Lee alimenta la polemica secondo la quale,per il secondo anno consecutivo,tra i venti attori candidati non ci sono afroamericani

L'ottantottesima edizione della cerimonia degli Oscar rischia di essere ricordata più per le polemiche che per i premi assegnati alle interpretazioni dei vari divi dell'industria del cinema.

In questi giorni il regista americano Spike Lee sta alimentando una polemica che sta avendo seguito tra i suoi colleghi attori e registi afroamericani.

Il cineasta di Atlanta afferma che è il secondo anno consecutivo dove nella rosa dei venti attori candidati al massimo riconoscimento cinematografico figurano tutti attori bianchi.

E questo malumore sta avendo delle condivisioni illustri, tra le quali la stessa presidente dell'Academy Of Motion Picture, Cheryl Boone Isaac, la quale si è detta delusa per questa esclusione.

Anche la moglie di Will Smith, Jada-Pinkett Smith, in questi giorni è stata autrice di twit al vetriolo sul social network asserendo che "agli Oscar la gente di colore è sempre benvenuta per consegnare premi e far divertire, ma raramente riconosciuti per i nostri risultati artistici. Dovremmo forse evitare di partecipare?"

A cascata sono arrivati poi i commenti di altre figure anche al di fuori dell'ambiente cinematografico, come il revedendo Al Sharpton entrato in piena polemica per la candidatura di attori bianchi in film "neri", come Sylvester Stallone per Creed.

Ma in un periodo in cui i film degni di attenzione si possono contare a stento sulle dita di una mano il vero problema è quello razziale? All'Academy l'ardua sentenza.

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Articolo pubblicato il 20/01/2016