Da stasera, alla nuova sede torinese del Centro PHOS, le "sporche" immagini in bianco-e-nero dell'israeliano Michael Ackerman
Dal buiopesto della nottefonda alla penombra in controluce, tramite le infinitesimali sfumature di tonalità grigiastre, al fitto bagliore d'una bianchezza accecante. Affiora dalla radice del nero. Mai monocromo. No, anzi, quasi caravaggesco. Nelle immagini deliberatamente blurried, ossia sgranate, nebulose, sfasate, mosse, rese in magistrali stampe ricavate dallo sviluppo degli intensi scatti di Michael Ackerman, cui il Centro Phos dedica un'importante mostra personale, a cura di Claudio Composti (MC2 Gallery) e Laura Ferrero, presso la nuova splendida sede torinese (*), in via Giambattista Vico, appare o traspare una visione-del-mondo che riflette giusto l'ossimoro d'una limpida messa-a-fuoco sfocata nell'ottica dell'obbiettivo fotografico, il quale volge l'acutezza dolorosa dello sguardo dell'inquadratura, impietosa ed empatica, oltre la superficie, al cuore di un'umanità contemporanea talora dubbiosa e sofferente, imprimendone le stimmate come un tatuaggio o un marchio indelebile sulla pellicola sensibile - o magari addirittura sul virtuale supporto digitale -, raffigurando insieme l'altra faccia dell'esperienza vissuta, dell'intelligente testimonianza sociale e denuncia civile: l'interiorità dell'autore. E l'Io. Che solare sorge. Rinasce.
Che i protagonisti siano individui ritratti in gesti quotidiani - banali o creativi, se concepiti con pregnante rigenerante significato emozionale -, in momenti di conforto e solidarietà reciproca, in coppia, a gruppi, o singoli abbandonati a sé stessi, soggetti od oggetti buttati, scartati e dimenticati, nella solitudine dell'indifferenza, della miseria metropolitana, ovvero allusivi scorci urbani, oppure paesaggi nordici invernali, innevati e desolati, in panoramiche, interi, primi-piani o det/ta/gli, l'interpretazione iconica oscilla tra realismo e sceneggiatura, nonché frat/tu/re, fram-men-ti di half-life, forse sequenze di fiction. Sogni o incubi?...
Il quarantottenne israeliano, originario di Tel Aviv ma emigrato a New York già negli Anni Settanta, membro dell'agenzia Vu di Parigi e affermato professionista pluripremiato (tra i più prestigiosi riconoscimenti, l'International Award for Young Photographer ICP, conferitogli nel 1998, il Prix Nadar, ottenuto nell'anno successivo, lo SCAM Roger Pic, nel 2009, ecc.), influenzato dalla cultura indiana, durante i ripetuti viaggi nel Subcontinente (riassunti ed illustrati nel libro End Time City, edito da Delpire nel 1999), in occasione della vernice dell'esposizione - dalle 18 e 30 di stasera, lunedì 22 febbraio -, presenta e spiega, per quanto possibile (anche grazie a un filmato approntato ad hoc per l'evento), la sua ispirazione poetica e filosofia esistenziale, il particolare approccio che lo guida nel pensare e nell'operare: "Non seguo le regole", confessa, "devo fare sempre le cose a modo mio e questo lavoro mi consente di ricercare ciò che è passato, quello che mi manca". Erklärung. Chiarire l'oscurità attraverso i riverberi dell'Essere.
Mostra fotografica personale
a cura di Claudio Composti (MC2 Gallery)
in collaborazione con Laura Ferrero
Dal 22 febbraio al 31 marzo 2016
Inaugurazione
lunedì 22 febbraio - ore 18,30
PHOS
Centro Polifunzionale per la Fotografia
e le Arti Visive
diretto da Enzo Obiso
Via Vico, 1 – Torino
Info: 011-7604867
www.phosfotografia.com/inaugurazione-sede
www.phosfotografia.com/michael-ackerman
www.agencevu.com/michael-ackerman
www.all-about-photo.com/michael-ackerman
Orario: dal martedì al venerdì
dalle 15,00 alle 19,30
Le immagini inserite a corredo del testo sono tratte da stampe di scatti realizzati da Michael Ackerman
in Italia nel 2000 e in Polonia nel 2003, mentre il suo fotoritratto è di Kristine Lerner
© aut. / Agence VU / MC2Gallery / PHOS - Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive
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Articolo pubblicato il 22/02/2016