Il Commissario Montesano che ispirò il libro "La donna della domenica".

Il libro di Andrea Biscàro, Milo Julini e Adriana Di Lullo, con la collaborazione dell’Ispettore Superiore della Polizia di Stato, Rossana Morra.

 

Nell’inimitabile cornice del Circolo dei lettori di Torino, in via Bogino 9, il 22 nov. scorso, è stato presentato il libro di Andrea Biscàro, Milo Julini e Adriana Di Lullo, con la collaborazione dell’Ispettore Superiore della Polizia di Stato, Rossana Morra: ‘Strada facendo .. ricordando il Commissario Montesano’, il cui incasso sarà devoluto in beneficenza. Si tratta del diario della vita professionale del Commissario Montesano che ispirò la figura del Commissario Santamaria, personaggio uscito dalla penna di Fruttero e Lucentini, nel popolare libro ‘La donna della domenica’.

 

Durante un vecchio programma televisivo, condotto da Enzo Biagi e a cui partecipò Montesano, che potrete ritrovare su youtube, gli fu chiesto perché, registi e scrittori, si erano ispirati, per films e romanzi a lui e, in modo molto schietto e naturale, rispose che, coloro che scrivevano, erano spesso giornalisti di cronaca nera con cui aveva avuto rapporti quotidiani e, da quei contatti allo scrivere un romanzo, il passo era breve.

 

In effetti, rivedendo quell’intervista e osservando la figura cinematografica del Commissario Santamaria, nel film di Comencini, non possono sfuggire similitudini espressive, difetti, debolezze, pregi di Montesano e poi ancora la sua lucidità, la velocità intuita, il fascino esotico del meridionale che vive al nord. Montesano inizia il suo percorso professionale interagendo in una Torino anni 70 che usciva dall'ottimismo del miracolo economico, per proiettarsi verso le prime spregiudicatezze che, dal 68 permearono tutti anni 70, accostate al flusso migratorio dell’italiano del sud.

 

Chi ha conosciuto Montesano, non potrà dimenticare i suoi vivaci occhi azzurri, nascosti, spesso, dietro imperscrutabili lenti scure e l’apparente distacco, freddezza professionale che emanava e che, invece, si concretava in esperte strategie investigative e capacità di prendere decisioni incisive e rapide. Trattava tutti con rispetto, dal più basso al più alto nella scala sociale. Chi lo conosceva, lo ricorda con un sorriso enigmatico e una mente brillante e vivace.

 

L’amore per l’arte, che lo portò ad avere oggetti di pregio, quadri importanti, tenuti anche nel suo ufficio e le conoscenze influenti, ne fecero un personaggio raffinato e un po’ mondano.

 

Il romanzo a lui ispirato, per la letteratura italiana, è una straordinaria pietra miliare del giallo all’italiana in cui, con simpatico cinismo, si descrivono i vizi e le virtù sabaude e non solo. Un momento, sembra voler sfottere l’immigrato, il meridionale con la valigia di cartone, un po’ primitivo ma con la necessità e il coraggio di integrarsi e invece, in un altro, sotto sotto, scherza, si burla, macchiettizza il piemontese DOC: quel piemontese un po’ italiano, un po’ francese dell’alta borghesia, che vive in un mondo di cocktails e vernissage dell’ultimo artista emergente e che ammazza il tempo in chiacchiere puerili e banali pettegolezzi. Comencini, in omaggio alla torinesità francais, scelse proprio due attori francesi, per i due protagonisti principali piemontesi: Anna Carla Dosio, interpretata magistralmente da Jacqueline Bisset e Massimo Campi, altra impareggiabile interpretazione di Jean Louis Trintignant.

 

Tornando al libro, è la storia di un poliziotto, servitore dello Stato, in cui vengono descritti i momenti più salienti della sua carriera, non solo a Torino ma anche in altre città, inclusa Palermo, dove collaborò, come Capo della Squadra Mobile, con i Giudici, Falcone e Borsellino.

 

La sua Torino, era quella del racket siculo-calabrese, che imperversò tra gli anni 60 e 90, culminando con l’agguato al Procuratore Capo Bruno Caccia, ucciso dall’ndrangheta, nel luglio dell’83.

 

Amava sfidare le convenzioni, stupire, apparire protagonista ma senza eccessi, con molta semplicità e naturalezza. Competeva scherzosamente con i giornalisti, mentre saliva sull’auto di servizio per raggiungere il luogo segnalato, dicendo loro: ‘ Se volete la notizia, provate a raggiungermi!’. Altri interessanti episodi della sua avventurosa vita professionale, potrete conoscerli meglio leggendo il libro che, oltre ad essere interessante e piacevole, fornisce alcuni spunti di riflessione.

 

Alla domanda di Biagi sulla professione del poliziotto, Montesano rispose:’ E’ una delle poche professioni che, per me, resta ancora affascinante, nonostante la conosca molto bene e che consente un minimo di avventura o meglio, di fantasia in questo mondo cosi grigio ‘- Che qualità occorrono per essere un buon poliziotto, secondo lei? - Chiese curioso Biagi – ‘ Forse non occorrono delle grandi qualità, forse occorre tenacia, caparbietà, molta caparbietà, della fantasia e un po’ di cattiveria’. – ‘Qual’ è il pericolo maggiore che ha corso?’ – Chiese ancora Biagi – ‘ Quello di perdere la cattiveria e diventare buono e ci sono riuscito ad evitarlo. Per cattivo, intendo avere grinta per affrontare le cose, cioè avere carattere, diciamo avere un caratteraccio! ‘– Ha concluso sorridendo.

 

Alla presentazione del libro è intervenuta anche la moglie di Montesano che ha ricordato, citandolo nel libro, come si sono conosciuti, ovvero a seguito di una rapina da lei subita presso la ditta nella quale lavorava; ha ricordato anche il suo tenace corteggiamento, gli anni vissuti insieme in cui, con molta pazienza, da brava moglie di poliziotto, gli è stata a fianco, anche attendendolo per giorni, senza avere sue notizie, mentre lui svolgeva importanti operazioni.

 

Lo ha ricordato anche il Questore di Torino, il dr. Longo, che  ha considerato Montesano un importante  punto di riferimento professionale, agli  inizi della sua  carriera, mentre un gruppo di poliziotti in pensione, appartenenti alla sua squadra, hanno seguito l’evento di presentazione del libro, zitti, attenti  e orgogliosi di aver partecipato, in prima linea  e al suo fianco, alle gesta di un onorevole personaggio della Torino noir, una Torino ormai compiuta, superata dalla modernità digitale della rete, dei social networks,  ma mai dimenticata, mentre idealmente erano presenti, Aldo Faraoni e Piero Sassi, scomparsi dopo di lui  che, con grande impegno e professionalità, sono stati suoi successori alla Squadra Mobile di Torino. Un bel libro da leggere e da consigliare.

sc

 

 

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Articolo pubblicato il 11/12/2016