L’Europa alle prese con lo spreco alimentare.

Le azioni per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030 sono a rischio.

Entro la fine di novembre si concluderanno i negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione Europea per decidere i prossimi 13 anni di politica sullo spreco alimentare dell’Unione Europea. Il nodo dei negoziati, che rischia di bloccare gli obiettivi presentati dal Parlamento, è la richiesta del Consiglio Europeo di stabilire una definizione di spreco alimentare e una metodologia per misurarlo

Ogni anno si stima che almeno 88 milioni di tonnellate di cibo vengano sprecate nell’Unione Europea mentre una persona su 9 nel mondo ha difficoltà a sfamarsi degnamente.

Questo è lo scandalo alimentare più grande che affligge i nostri tempi. Lo scorso anno, oltre 100 mila persone si sono mobilitate per chiedere all’Ue di raggiungere l’ambizioso obiettivo di dimezzare lo spreco alimentare, dal campo alla forchetta, entro il 2030, previsto nell’Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile 12.3. E i risultati sono arrivati perché lo scorso marzo il Parlamento Europeo ha votato nettamente a favore di questa posizione.

Per aiutare la Commissione nella definizione della metodologia è stata istituita una Piattaforma – di cui fa parte anche Slow Food – che dovrebbe presentare i risultati del proprio lavoro entro il 2018.

Slow Food, insieme ad altri tre membri della Piattaforma (Feedback, FoodWIN e Health Care Without Harm Europe), ritiene che per raggiungere quanto prefissato per il 2030, sia necessario includere nella Direttiva gli obiettivi di riduzione degli sprechi di cibo e che questo può essere fatto anche se non è ancora stata elaborata una metodologia di misura comune.

Infatti, una volta adottata dall’Ue ci vorranno almeno due anni affinché la legge europea sia recepita dalle legislazioni nazionali, un tempo più che sufficiente per far si che venga integrata la metodologia definita dalla Piattaforma all’interno degli obiettivi stessi.

Inoltre, stando ad alcuni rumors, Consiglio e Commissione mirerebbero a limitare gli obiettivi di dimezzamento dello spreco alimentare solo al livello dei rivenditori e dei consumatori. Ma le stime ci dicono che fino al 59% dell’intero spreco alimentare Ue si verifica invece nelle fasi di produzione e distribuzione, prima cioè della vendita al dettaglio. Una quantità notevole che, se le indiscrezioni saranno confermate, resterebbe fuori da qualsiasi azione.

Secondo Ursula Hudson, membro del Comitato Esecutivo di Slow Food, perdere anche l’opportunità di definire gli obiettivi di riduzione dello spreco alimentare è inaccettabile. La Commissione ha già perso l’occasione di formulare una proposta ambiziosa: piuttosto che aggiustare un sistema che non funziona, sarebbe stato il caso di combattere lo spreco alimentare fin dalle sue radici, con il pieno riconoscimento del fatto che l’origine dello spreco risiede nella totale perdita di valore delle produzioni alimentari e nel cibo ridotto a commodity, in tutte le fasi della filiera.

Se lo spreco e la perdita di cibo rappresentano un dispendio inaccettabile, non etico e immorale di risorse scarse e contribuiscono ad aumentare l’insicurezza alimentare, come ha dichiarato il Commissario Andriukaitis, allora l’Ue deve impegnarsi, ora. Quando si tratta di persone e del nostro pianeta, non sono ammessi ulteriori ritardi.

Poiché ad oggi solo Italia e Francia hanno già adottato iniziative per la riduzione dello spreco – questi due Paesi dovrebbero mettere in campo azioni diplomatiche in sede UE per raggiungere gli obiettivi fissati dal Parlamento.

 

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Articolo pubblicato il 12/11/2017